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Banca Popolare Di Bari

Popolare Bari, ecco di cosa si discuterà anche in assemblea (caso Sapelli-De Bustis?)

Sarà un'assemblea burrascosa, quella della Banca Popolare di Bari, domenica 21 luglio. Ecco perché.

Sarà un’assemblea burrascosa, quella della Banca Popolare di Bari, domenica 21 luglio. Perché i soci azionisti hanno visto i loro titoli scendere da 9,5 euro (il valore a cui sono stati collocati all’ultimo aumento di capitale) a poco più di 2 euro. Perché i bilanci sono negativi e il rosso è di oltre 420 milioni. Perché la Procura di Bari ha in corso inchieste che stanno facendo emergere tutto il repertorio della cattiva gestione già visto nelle banche venete e nelle altre “saltate” negli ultimi anni: fidi milionari assegnati senza garanzie, prestiti concessi purché una parte fosse usata per comprare azioni della banca, valore delle azioni gonfiato, titoli a rischio venduti a ignari pensionati, bilanci aggiustati, crediti deteriorati nascosti, comunicazioni alle autorità di vigilanza “abbellite”.

Non è ancora emersa l’ultima operazione fatta nel tentativo di salvare la banca, con un oscuro fondo maltese e una sponda in Lussemburgo.

Protagonista: Vincenzo De Bustis, banchiere che un tempo aveva la patente di dalemiano, regista in passato di operazioni discusse come quella di Banca 121, poi a Montepaschi e infine a Deutsche Bank. Arriva alla guida della Popolare di Bari come direttore generale, chiamato dal padre-padrone dell’istituto, Marco Jacobini. Ne esce nel 2016, per essere poi richiamato, a fine 2018, come “consigliere con deleghe”.

È l’unico che potrebbe spiegare ai soci la grande operazione maltese. Parte nel dicembre 2018, quando De Bustis, appena tornato in banca, avvia le trattative per emettere un titolo (uno strumento di rafforzamento del capitale chiamato Additional Tier 1, At1) per portare a casa almeno 30 milioni di euro. A sottoscriverlo si candida una società maltese, la Muse Ventures Ltd. Dai registri delle società dell’isola risulta diretta e rappresentata da un finanziere italiano residente a Londra, Gianluigi Torzi

La Muse è nata nell’ottobre 2017 e ha un capitale di soli 1.200 euro. A fine 2018, De Bustis informa dell’operazione il consiglio d’amministrazione della banca, dandola per fatta. Ma l’istituto di credito coinvolto nell’emissione dei titoli, Bnp Paribas, rileva problemi di compliance, cioè di trasparenza e rispetto delle regole, e di Alm, ossia di gestione dei rischi finanziari.

Così blocca il regolamento dell’operazione. Comincia ad apparire evidente, anche dentro la Popolare di Bari, “la sproporzione tra i mezzi propri del sottoscrittore” (la Muse) “e l’importo della sottoscrizione dei titoli At1”.

A inizio gennaio 2019, De Bustis rassicura il cda: è tutto regolare. Intanto emerge un’altra operazione, sempre promossa da De Bustis: la Popolare di Bari s’impegna a sottoscrivere quote di un fondo lussemburghese, Naxos Sif Capital Plus, per 51 milioni di euro. Qualcuno dentro la banca comincia a sospettare, ma senza evidenze, che si tratti di un’operazione circolare, in cui la banca stessa finanzi in Lussemburgo, con 51 milioni, il fondo di Malta che prometteva di portarne 30 a Bari.

Il meccanismo s’inceppa. Muse non sgancia un euro, in compenso Naxos fa causa alla Popolare di Bari per 51 milioni. Si muove il Servizio antiriciclaggio interno alla banca. Rileva che “l’anagrafica e l’identificazione della società in discorso”, cioè la maltese Muse, “risultano incomplete, essendo carenti le informazioni relative al titolare effettivo e al codice fiscale”. Dopo qualche approfondimento, emerge che l’amministratore di Muse, Gianluigi Torzi, insieme al padre Enrico, è nelle liste nere.

(estratto di un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano; qui l’articolo integrale)

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