skip to Main Content

Euro

Pnrr: perché nel 2022 sarà possibile un taglio dei fondi assegnati all’Italia

Che cosa può succedere nel 2022 ai fondi Ue del Pnrr. L'analisi d Giuseppe Capuano

 

I 36 articoli del Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento Europeo e del Consiglio approvato il 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza o meglio conosciuto come Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dovrebbero essere letti con maggiore attenzione in quanto la loro attuazione potrebbe riservare nel prossimo futuro delle spiacevoli sorprese per il nostro Paese.

Iniziamo con ciò che è scritto all’articolo 11 del Regolamento (UE), di cui poco si parla e che rappresenta uno di quei casi che dovrebbero allertare e preoccupare i nostri policy makers. Esso prevede, in sintesi, che solo il 70% del totale dei fondi assegnati agli Stati membri da parte del New GenerationEU è considerato definitivo. Al contrario, il restante 30% dei fondi assegnati dovrà essere verificato in base ad alcuni parametri che successivamente analizzeremo, e che saranno verificati dalla Commissione Ue entro il 30 giugno 2022.

Per l’Italia ciò significa che dei 191,5 miliardi di euro assegnati ben 57,45 miliardi di euro (il 30% del totale), potrebbero in toto (ipotesi peggiore e comunque da escludere) o in piccola parte (ipotesi  più probabile) essere ridotti, con la conseguenza, in ogni caso, di dover rivedere il PNRR e fare eventualmente dei tagli agli investimenti o interventi già programmati. I fondi residui potrebbero essere assegnati ad altri Paesi membri che, avendo avuto delle performance economiche peggiori rispetto ad altri Stati nel 2021 ne avrebbero diritto (come ad esempio la Spagna il cui Pil è cresciuto “solo” del 5%), secondo quanto disposto all’art.11.

Entrando maggiormente nel merito tecnico, l’articolo 11 prevede che per ciascuno Stato membro il contributo finanziario massimo è calcolato:

a) per il 70 % dell’importo, convertito in prezzi correnti, sulla base della popolazione, dell’inverso del PIL pro capite e del relativo tasso di disoccupazione di ciascuno Stato membro;

b) per il 30 % dell’importo, convertito in prezzi correnti, sulla base della popolazione, dell’inverso del PIL pro capite e, in pari proporzioni, della variazione del PIL reale nel 2020 e della variazione aggregata del PIL reale per il periodo 2020-2021.

La variazione del PIL reale per il 2020 e la variazione aggregata del PIL reale per il periodo 2020-2021 si basano sulle previsioni di autunno 2020 della Commissione. Inoltre, il calcolo del contributo finanziario massimo, è aggiornato entro il 30 giugno 2022 per ciascuno Stato membro sostituendo i dati delle previsioni economiche di autunno 2020 della Commissione con i risultati effettivi relativi alla variazione del PIL reale per il 2020 e alla variazione aggregata del PIL reale per il periodo 2020-2021.

In particolare, secondo la metodologia presente nell’allegato al Regolamento (UE) per il calcolo del contributo finanziario massimo disponibile per ogni Stato membro in conformità dell’articolo 11 si tiene conto dei seguenti elementi, con riguardo a ogni Stato membro: — popolazione; — inverso del PIL pro capite; — tasso medio di disoccupazione negli ultimi cinque anni rispetto alla media dell’Unione (2015-2019); — la diminuzione del PIL reale nel 2020 e la diminuzione del PIL reale negli anni 2020 e 2021 complessivamente.

Per evitare un’eccessiva concentrazione di risorse: — l’inverso del PIL pro capite è limitato a un massimo del 150% della media dell’Unione; — la deviazione dalla media dell’Unione del tasso di disoccupazione di un singolo Stato membro è limitata a un massimo del 150% della media dell’Unione. Per tenere conto della maggiore stabilità dei mercati del lavoro degli Stati membri più benestanti (il cui RNL pro capite supera la media dell’Unione), la deviazione dalla media dell’Unione del loro tasso di disoccupazione è limitata a un massimo del 75 %.

Traducendo questi indicatori in dati economici, i milioni di euro che potrebbero mancare all’Italia, primo paese percettore dei 750 miliardi di euro previsti dal NewGenerationUE, potrebbero essere anche di non poco conto (da alcune decine di milioni a qualche centinaia di milioni di euro secondo nostre stime prudenziali).

Il nostro ragionamento è stato il seguente. L’Italia è cresciuta in termini di Pil nel 2021, secondo l’ultima revisione, del 6,5-6,6% con una variazione la più alta tra i principali Paesi membri contro la stima della Commissione Ue (autunno 2020) basata su di una previsione di crescita dell’Italia per il 2021 pari a circa il 6%. Ciò significa che il nostro Paese è cresciuto a consuntivo 2021, in valori assoluti, di circa 8-9 miliardi in più rispetto alle stime.

Ciò significa che, il differenziale che ne potrebbe scaturire tra quanto assegnato all’Italia nel giugno 2020 e quanto spetterebbe secondo i nuovi calcoli che saranno effettuati entro il 30 giugno 2022, senza alcuna lettura politica, potrebbe impattare non poco sui programmi di investimento previsti nel PNRR.

Altro aspetto è rappresentato dal fatto che, per ottenere i fondi, l’Italia, come gli altri Paesi membri, in base agli artt. 29-32 del Regolamento 2021/241, è sottoposta ad una semestrale attività di monitoraggio sia degli investimenti programmati e realizzati (SAL – Stato Avanzamento Lavori) che del conseguimento dei traguardi-obiettivi indicati nel PNRR. Al dicembre 2021 il nostro Paese ha conseguito i 51 obiettivi previsti e quindi non ci dovrebbero essere problemi a ricevere nei prossimi mesi i 24,1 miliardi di euro assegnati (a giugno 2021 l’Italia ha già ricevuto un anticipo di circa 24,1 miliardi di euro).

Una fase, quest’ultima, relativamente più agevole rispetto a quelle che attendono l’Italia nel 2022 (1° e 2° semestre). Infatti, gli obiettivi previsti il 2021 erano quasi tutti attinenti ad adempimenti burocratici o normativi (organizzazione della governance del PNRR, decreti ministeriali, etc.).

Nel 2022, al contrario, i circa 100 obiettivi il cui conseguimento sarà necessario per ottenere i circa 40 miliardi di euro previsti, riguarderanno quasi esclusivamente riforme complesse o l’attuazione degli investimenti (progetti di fattibilità, apertura dei cantieri, etc.). Di questi 100 obiettivi, ben 45 dovranno essere realizzati nei primi sei mesi del 2022 al fine di ottenere i 24,1 miliardi di euro che saranno suddivisi in 12,6 miliardi di euro di sussidi e 11,5 miliardi di euro di prestiti.

In conclusione, in questa nostra breve riflessione abbiamo cercato di evidenziare come il 2022 sarà centrale per l’ottenimento delle risorse assegnate all’Italia secondo un percorso complesso e impegnativo che coinvolgerà il Governo, la Pubblica Amministrazione e le nostre imprese e che richiederà il massimo impegno di tutti.

L’alternativa peggiore a questo scenario molto impegnativo sarà quella di incominciare a perdere risorse con un grave impatto sull’economia o iniziare a ragionare concretamente, con una inevitabile perdita di credibilità politica, sulla necessità di negoziare con la Commissione Ue una proroga alla tempistica prevista dal PNRR che ricordiamo prevede l’impegno di tutte le risorse entro il 2023 e la loro totale spesa entro e non oltre il 2026.

Giuseppe Capuano (economista)

Back To Top