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Quota 100

Perché serve un contratto di lavoro unico per il settore energia

Analisi e auspici della Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali in materia di contratti di lavoro

Durante il lockdown e le successive misure di restrizione il comparto Gas Acqua, Energia e Petrolio ha continuato a svolgere la sua funzione di servizio essenziale, sottoposto alla disciplina prevista per l’esercizio del diritto di sciopero (legge n. 146 1990).

A leggere la recente Relazione della Commissione di garanzia per lo sciopero (CGS) nei servizi essenziali del 2021, relativa all’attività svolta nell’anno precedente, verrebbe da dire che anche l’andamento della conflittualità ha registrato – per quanto riguarda gli scioperi proclamati ed effettuati – un sostanziale equilibrio rispetto all’anno 2019, almeno sul piano quantitativo. Ciò premesso la Relazione passa all’esame della conflittualità registrata nei singoli settori.

Per quello della Elettricità le proclamazioni di sciopero, nel corso del 2020, sono state 50; per il settore Energia e Petrolio 4, mentre per il settore Gas Acqua 12, con 5 interventi preventivi e 4 revoche; iniziative quasi tutte proclamate a livello aziendale e/o locale.

Nell’ambito di tali settori – rammenta la CGS – sono convenzionalmente ricompresi diversi servizi pubblici essenziali quali il servizio elettrico, il servizio di approvvigionamento e fornitura del gas e dell’acqua, il servizio fornito dai Consorzi di bonifica e, in generale, i servizi di approvvigionamento e fornitura di prodotti energetici, oltre ad altri servizi considerati ad essi strumentali. La Relazione non rinuncia ad indicare le principali cause di insorgenza dei conflitti.

Nel comparto elettricità tali cause, analogamente agli anni precedenti, sono connesse alle problematiche riguardanti le politiche industriali e organizzative delle imprese coinvolte nel
più ampio processo di liberalizzazione dei mercati e dalla incertezza per il futuro del personale impiegato nelle centrali termoelettriche sparse nel territorio italiano.

Difatti mentre a livello locale – spiega la CGS – le cause del conflitto vanno essenzialmente ricercate nelle decisioni aziendali di operare riduzioni o spostamenti del personale utilizzando gli strumenti previsti dalla legge e dai contratti collettivi (mobilità, contratti di solidarietà e prepensionamenti), a livello nazionale le cause d’insorgenza riguardano essenzialmente gli effetti di alcune norme di legge, che secondo i sindacati influenzano negativamente la tenuta occupazionale nonché la qualità dei servizi erogati.

Nel Comparto Gas Acqua, invece, le cause di insorgenza del conflitto hanno riguardato quasi esclusivamente problematiche di carattere locale e/o aziendale, strettamente connesse a piani di ristrutturazioni aziendali, o al mancato pagamento del lavoro straordinario o della reperibilità.

Grazie ad un sistema di relazioni sindacali positivo e responsabile – è riconosciuto nella Relazione – per questi settori non si sono registrate, nel 2020, azioni di sciopero pregiudizievoli per i diritti degli utenti. La Commissione è dovuta intervenire 6 volte con indicazione immediate, nei confronti di scioperi proclamati in violazione delle norme (3 nel settore gas-acqua, 2 nel settore elettrico e 1 nel settore energia e petrolio). Il settore energetico – osserva la Relazione – è da tempo attraversato da una serie di profondi processi quali la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi, la progressiva integrazione tra i vari business ed i rilevanti riassetti societari.

Inoltre, le politiche ambientali nel settore energetico sono sempre più orientate verso interventi volti a ridurre le emissioni globali di gas a effetto serra a favore di combustibili meno inquinanti e fonti rinnovabili. In particolare, l’obiettivo è quello di raggiungere la totale de carbonizzazione dell’industria energetica, passando da impianti di grandi dimensioni, progettati per una produzione continuativa e ininterrotta di energia da immettere in rete, a sistemi più agili e flessibili, capaci di far fronte a picchi di richiesta di energia intervenendo in tempi rapidi e garantendo così il mantenimento degli standard di adeguatezza del sistema elettrico nazionale.

In una tale cornice, secondo la CGS, la gestione dei rapporti di lavoro diventa sempre più critica in presenza di una molteplicità di CCNL che rende problematica la transizione delle risorse da un business ad un altro all’interno della stessa azienda o tra aziende diverse (è il caso delle multiutility).

La costruzione di un contratto unico per il comparto energia – è la raccomandazione della CGS – appare una scelta strategica di ampio respiro che tende a risolvere le criticità gestionali e a semplificare il processo e i tempi di negoziazione.

Il ruolo strategico dell’energia nell’economia nazionale necessita, dunque, di un governo integrato dei processi che coinvolgono i diversi settori energetici.

Tuttavia, lamenta la relazione, la costruzione di un contratto unico dell’industria energetica, sta riscontrando oggettive difficoltà di attuazione, soprattutto in relazione ai tempi richiesti per la sua elaborazione e per la molteplicità dei soggetti coinvolti. Ovviamente la CGS non si avventura in giudizi riguardanti la politica industriale, anche se lascia trasparire l’esistenza di dispareri, in particolare da parte dei sindacali, verso forme di gestione più efficienti e produttive anche in materia di governance.

In tale contesto, l’obiettivo prioritario che la Commissione intende perseguire è quello dell’aggiornamento o del consolidamento delle discipline dettate in materia di sciopero nei comparti Energia e Petrolio, Gas – Acqua ed Elettricità, nell’ottica di favorire una graduale armonizzazione degli istituti regolamentati, in vista di un eventuale sottoscrizione di un contratto unico.

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