skip to Main Content

Restrizioni Germania

Perché pure la Germania sbuffa contro Bruxelles sul Recovery

L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

Il Parlamento europeo ha approvato mercoledì il regolamento del Recovery Fund, fissando una volta per tutte le condizionalità che i 27 paesi Ue dovranno rispettare per ottenere i 750 miliardi tra prestiti e grants. Alla maggioranza dei voti favorevoli, a sorpresa, si è unita anche la Lega di Matteo Salvini, che da mesi era schierata per il no. Una inversione di linea clamorosa, che il leader leghista ha giustificato con l’opportunità di sedere nel governo di Mario Draghi, dove si deciderà come spendere i 209 miliardi del Recovery Fund in Italia, guadagnandosi per giunta qualche punteggio come forza di governo credibile in Europa. La capriola è ancora più spettacolare se si considera che Mario Draghi, negli incontri con i partiti, ha anticipato quali saranno i capisaldi del suo programma di governo, compresi l’europeismo e una maggiore cessione sovranità. Con tanti saluti al sovranismo di cui Matteo Salvini è stato fino a pochi giorni fa un portabandiera.

Per una curiosa ironia della politica europea, mentre l’Italia assicura la cessione di sovranità alle condizionalità del Recovery Fund, in Germania c’è chi comincia a chiedersi se queste nuove regole non stiano diventando vere e proprie «armi di tipo anti-democratico» della Commissione Ue, con invasioni nel campo legislativo nazionale del tutto arbitrarie, perfino «insensate». Ovviamente stiamo parlando di un dibattito tra intellettuali, non certo dei rapporti più che buoni tra Angela Merkel e la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, che è una sua protetta. Ma al di sotto del vertice politico, a Bruxelles c’è un’euroburocrazia sempre più autoreferenziale e potente, che da qualche tempo sta facendo le pulci anche alla Germania. Ed è su questa burocrazia che piovono gli strali.

Lo conferma un’inchiesta di German Foreign Policy, da cui si apprende che l’anno scorso Bruxelles ha aperto ben 81 procedure d’infrazione contro la Germania, cinque in più rispetto al 2019. Insieme a Italia e Spagna, rivela l’inchiesta, la Germania è tra i paesi maggiormente in difetto nell’attuazione delle direttive europee, soprattutto nei settori dell’economia green e della tutela ambientale, auto e trasporti in testa, comprese ferrovie e navi. Ma il governo Merkel si è dato ben poco da fare per recepire le raccomandazioni Ue, anzi avrebbe fatto di tutto per aggirarle o dilazionarne l’attuazione. Sovranismo alla chetichella?

Non è tutto. La scorsa settimana l’euroburocrazia ha bocciato, respingendola al mittente, la prima stesura del Recovery Plan tedesco, inviato a Bruxelles per ottenere i circa 24 miliardi di prestiti assegnati alla Germania. Un rabbuffo clamoroso, che Bruxelles ha motivato con queste richieste: riformare il sistema fiscale troppo progressivo, rafforzare la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, liberalizzare le professioni regolamentate, abolire la separazione dei coniugi in ambito fiscale.

«Tutto ciò sembra un po’ strano», ha commentato l’economista keynesiano Martin Hoepner sulla rivista online Makroskop.de. «Il sistema tedesco di separazione fiscale tra i coniugi fa parte forse delle competenze dell’Ue? Oppure, senza che ce ne fossimo accorti, contribuisce per caso al quegli squilibri interni all’Europa, che hanno effettivamente bisogno di essere corretti? Anche se questo fosse il caso (ma non è così, ovviamente), cosa ha a che fare tutto ciò con il Fondo di ricostruzione?».

Nel suo intervento, Hoepner ricostruisce la storia delle raccomandazioni Ue ai singoli paesi, volte all’inizio a far rispettare gli equilibri dei budget statali, e ne sottolinea la graduale evoluzione verso norme sempre più estese e cogenti. Risultato: «Una procedura che doveva servire a un coordinamento morbido, sempre più spesso viene dotata del morso che trasforma le raccomandazioni non vincolanti in istruzioni obbligatorie, sostenute da sanzioni». In questo modo, la Commissione Ue sta operando con norme che vanno «al di là della legislazione europea», con l’obiettivo di assumere sempre più potere rispetto agli Stati membri. E il Recovery Fund ne costituisce la versione più aggiornata e incisiva. Una direzione di marcia che Hoepner boccia come «autoritaria, antidemocratica e insensata».

Per respingere il Recovery Plan tedesco, osserva l’economista, Bruxelles poteva scegliere «raccomandazioni meno controverse, come il basso livello delle tasse ambientali in Germania, il rafforzamento del personale docente nelle scuole nel contesto della pandemia, oppure come aumentare l’attrattività delle professioni infermieristiche». Invece ha scelto raccomandazioni, come quella sulla separazione fiscale dei coniugi, che «segnano l’arroganza da parte di Bruxelles di voler sapere meglio dei singoli paesi cosa deve fare la politica degli stati membri, svelando l’incubo di un’Europa tecnocratica e autoritaria, invece di un’Europa democratica. Certo, le risorse dormienti nell’Europa sono allettanti, a chi non piacerebbe avere qualche briciola? Ma il bilancio di questa arroganza è disastroso».

Che fare? Per Hoepner, «la provocazione di Bruxelles non farà certo passare notti insonni ai funzionari della cancelleria e dei ministeri interessati, e alla fine la Commissione Ue non potrà esimersi dal concedere alla Germania i fondi richiesti». Conclusione: «L’unico modo sensato di affrontare queste aberrazioni dell’integrazione europea è di minimizzarle e abolirle. Per il Recovery Fund ciò significa che tutte le condizionalità che non hanno nulla a che fare con l’uso effettivo dei fondi dovranno essere fondamentalmente respinte». Sovranismo tedesco al cubo? Certo, as usual. Ma non ditelo a Salvini.

 

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

Back To Top