Efficienza. Dunque anche riduzione dei costi. Non solo del personale (fino a 10 mila posti di lavoro), ma anche della raccolta. Nasce da qui l’idea che si va consolidando in casa Unicredit – con i consigli di Jp Morgan e Morgan Stanley – di uno spacchettamento del gruppo.
Come? Con una sub-holding con sede a Germania in cui far confluire tutte le partecipate estere del gruppo Unicredit.
Perché in Germania? Perché è un paese a Tripla A come la Germania, dove il gruppo è attivo con la controllata Hvb.
Ma il sistema di sicurezza italiano già scruta uno scenario – non entusiasmante – in cui Unicredit possa finire inglobata in un’operazione francese orchestrata da Societé Générale. Sarà così?
Ecco che cosa raccontano le cronache finanziarie odierne.
D’altronde, scrive Mf, Mustier vuole proseguire nel solco di quanto già deciso: “Transform 2019 è stato un piano di ristrutturazione nell’ambito del quale Unicredit si è concentrata sulla pulizia dell’attivo, sul controllo dei costi e sul rafforzamento dei ratio di capitale. Le tappe principali sono stati l’aumento di capitale da 13 miliardi, la maxi-cessione di crediti deteriorati da 17 miliardi (Progetto Fino) e la dismissione degli asset non più strategici come Pioneer, Fineco e la partecipazione in Bank Pekao”
Ora, lo spacchettamento. Direzione: Germania. Infatti, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, la banca guidata da Mustier è oramai pronta a partire con il filing relativo alla creazione di una sub-holding in Germania dove conferire tutte le partecipate estere, esclusa l’Italia: “Il processo di interlocuzione con le diverse authority istituzionali (Banca centrale europea e Single resolution board) è oramai avviato a livello informale e il kick-off del progetto, a cui sono stati chiamati a lavorare gli advisor, dovrebbe avvenire in occasione della presentazione del piano industriale, fissato per il 3 dicembre”.
Lo schema di intervento – anticipato lo scorso 9 luglio da Il Sole – prevede di fatto il raggruppamento di tutte le attività extra-Italia sotto una sola holding che verrebbe basata in un paese a Tripla A come la Germania, dove il gruppo è attivo con la controllata Hvb.
Secondo alcuni rumors di mercato, la scatola potrebbe a sua volta essere quotata, anche se l’ipotesi al momento appare improbabile e comunque non di stretta attualità: “Di certo, invece, c’è che la holding intermedia estera sarebbe controllata al 100% dalla holding “madre” italiana, che verrebbe confermata in Italia, a Milano, dove il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier manterrebbe il quartier generale e la quotazione del titolo, e sotto cui ricadrebbero tutte le attività domestiche”, aggiunge il Sole.
Un’operazione che, se da un lato consentirebbe di valorizzare gli asset coinvolgendo investitori internazionali, dall’altro lato manterrebbe il controllo saldamente nelle mani della banca di piazza Gae Aulenti, ha scritto Mf-Milano Finanza: “Va peraltro da sé che un progetto di questo genere sarebbe avviato solo in un contesto di mercato favorevole che consenta di creare valore per gli azionisti. Il deal peraltro potrebbe rientrare in una più ampia rivisitazione degli assetti proprietari che coinvolga anche le attività italiane del gruppo”:
L’impatto positivo più immediato della creazione della holding intermedia si rifletterebbe infatti sul minor costo della raccolta, perché consentirebbe a UniCredit di emettere debito beneficiando del rating del paese della sub-holding, che è di fatto una tripla A: “Per UniCredit ci sarebbe un risparmio notevole rispetto al costo delle emissioni che soprattutto, nei mesi scorsi, hanno scontato il rischio Italia, il cui rating sovrano oggi è uno-due gradini dalla soglia junk”, chiosa il Sole.
Ma alcuni osservatori di mercato scorgono nella mossa in cantiere in casa Unicredit – con la creazione di una sub-holding in Germania – che così possa essere più agevolare una fusione di Unicredit su scala europea.