La vittoria elettorale del Partito Laburista, che ha ottenuto un’ampia maggioranza, comporta la possibilità di governare con notevole libertà. Il risultato era ampiamente previsto e, di conseguenza, le implicazioni per i mercati sono limitate. Poiché il programma fiscale dei laburisti è modesto e si concentra sul raggiungimento della stabilità economica, anche le implicazioni per l’economia dovrebbero essere limitate.
Si tratta di una situazione analoga a quella del primo mandato dei laburisti dopo la vittoria elettorale del 1997, quando il nuovo governo di Tony Blair – con Gordon Brown cancelliere – ha inasprito la politica fiscale e si è concentrato sullo stabilire credibilità.
Ci aspettiamo che il nuovo governo guidato da Keir Starmer mantenga una politica fiscale rigorosa. Ciò dovrebbe favorire un graduale calo dell’inflazione e consentire alla Banca d’Inghilterra (BoE) di iniziare presto a tagliare i tassi d’interesse – e potenzialmente tagliare più di quanto i mercati si aspettino l’anno prossimo. Pertanto, riteniamo che i titoli di Stato britannici (gilt) siano interessanti ai livelli attuali.
Limitazioni politiche
Il risultato delle elezioni potrebbe influenzare l’economia in due aree chiave: influenzando la domanda economica attraverso le politiche fiscali e migliorando la crescita a lungo termine attraverso politiche sul fronte dell’offerta.
Dal punto di vista della domanda, le politiche fiscali previste dai laburisti sono modeste. Entro il 2028, il partito prevede un leggero aumento della spesa, pari a circa lo 0,3% del PIL attuale[1], che sarà bilanciato da un equivalente aumento delle tasse, mantenendo il deficit sostanzialmente invariato. Questo approccio fiscale dovrebbe avere un impatto minimo sulla crescita e sull’inflazione, soprattutto alla luce delle più ampie incertezze sulla crescita economica.
Sebbene le intenzioni politiche possano cambiare, qualsiasi nuova misura sarà limitata da uno spazio fiscale ristretto. I laburisti intendono mantenere sostanzialmente intatte le attuali norme fiscali e hanno un margine di manovra fiscale prossimo allo zero per quanto riguarda la norma più vincolante: la riduzione del debito in rapporto al PIL in cinque anni. Anche se queste norme potrebbero essere modificate per liberare più spazio fiscale, è improbabile che il governo apporti cambiamenti drastici alla luce della volatilità finanziaria e fiscale registrata dopo il bilancio 2022 di Liz Truss. Qualsiasi spesa aggiuntiva sarà probabilmente finanziata da un aumento delle tasse, ma anche questo è limitato da una pressione fiscale che è già ai massimi livelli dal secondo dopoguerra.
Nel complesso, ci aspettiamo che la politica fiscale rimanga rigida nei prossimi anni, con una graduale riduzione del deficit. Sebbene le nuove politiche laburiste siano neutrali per il deficit, esse seguono le misure di inasprimento già annunciate dal precedente governo, che implicano tagli alla spesa in termini reali e un aumento della tassazione in termini reali attraverso il congelamento delle soglie fiscali. Vediamo un limitato margine per i laburisti di deviare significativamente da questo percorso.
Il dilemma della produttività
Invece di stimolare la domanda, i laburisti si concentreranno probabilmente sul miglioramento dell’offerta e sulla crescita a lungo termine. La ripresa dopo la pandemia è stata lenta. Sebbene possa esserci una mean-reversion all’orizzonte – in effetti lo slancio è aumentato dall’inizio dell’anno – dubitiamo che le nuove politiche modificheranno in modo significativo la traiettoria a lungo termine. In ogni caso, le politiche per la crescita richiedono un certo tempo per tradursi in un aumento dell’attività.
La crescita della produttività nel Regno Unito è in calo da decenni, più che in molti altri paesi sviluppati. Migliorare la produttività è una sfida, anche perché le cause di questo declino secolare non sono del tutto chiare. Un atteggiamento più morbido nei confronti dell’Unione Europea (UE) potrebbe migliorare marginalmente le prospettive di crescita, ma non è certo quanto l’UE sia disposta a collaborare. Politiche industriali più incisive possono aiutare settori specifici, ma è improbabile che possano rilanciare l’attività economica complessiva.
Il Regno Unito è in ritardo anche nella spesa per investimenti, in parte a causa del basso tasso di risparmio e delle rigide restrizioni urbanistiche che limitano le costruzioni. Di recente, l’indebolimento dell’attività economica riflette anche un calo della crescita dell’offerta di lavoro, nonostante l’immigrazione record, poiché molte persone hanno lasciato la forza lavoro a causa di congedi di malattia di lunga durata. A differenza di quasi tutti i mercati sviluppati, il tasso di partecipazione alla forza lavoro è ora inferiore al livello pre-pandemico. Nuove politiche in questi settori potrebbero stimolare la crescita futura e il prossimo anno sarà un buon banco di prova per verificare la serietà del nuovo governo nell’affrontare le sfide a lungo termine.
Implicazioni per gli investimenti
I mercati finanziari non hanno reagito molto all’esito elettorale, il che non sorprende visto che era ampiamente previsto. Infatti, i mercati sono più concentrati su crescita, inflazione e politica monetaria.
Mentre l’inflazione complessiva del Regno Unito è tornata al suo obiettivo del 2% su base annua[2], l’inflazione di fondo rimane elevata al 3,5% anno su anno. Prevediamo che l’inflazione di fondo continuerà a scendere, poiché le aspettative di inflazione sono ancorate, il mercato del lavoro si è gradualmente allentato e la politica fiscale rimane rigida.
Prevediamo che la BoE inizierà presto a tagliare i tassi, probabilmente nella prossima riunione di agosto. In futuro, i mercati finanziari prevedono che la BoE taglierà i tassi di interesse in linea con la Federal Reserve. Tuttavia, vediamo il potenziale per tagli più rapidi nel Regno Unito a causa della bassa crescita e delle politiche fiscali restrittive.
Per questo motivo, riteniamo che i gilt trattino attualmente a livelli interessanti, soprattutto rispetto ai Treasury statunitensi. Lungo la curva, continuiamo a ritenere che i tassi intermedi siano il punto ideale per assumere esposizioni ai tassi d’interesse.