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Società Usa

Vi spiego perché le borse andranno sull’altalena

Il 2022 è partito come un anno accidentato, con tratti di strada pieni di buche che si alterneranno con tratti scorrevoli. L'analisi di Alessandro Fugnoli, capo strategist dei fondi Kairos

 

Durante la prima fase di un ciclo di ripresa economica dopo una recessione, i mercati azionari volano nel cielo della fantasia. È come se si muovessero in uno spazio privo di ostacoli, nel quale le leggi della fisica sono sospese. Dopo una recessione tutti sono sottopesati, o perché hanno venduto o perché il valore di quello che hanno tenuto è sceso come percentuale del portafoglio. Il posizionamento leggero diventa il combustibile del rialzo, perché tutti devono normalizzare i loro pesi e non hanno il tempo di pesare con il bilancino i pro e i contro di ogni singola scelta di acquisto. Il mercato sale come panna montata.

Quando i pesi sono ritornati alla normalità (e in certi casi sono andati anche oltre) le leggi generali della fisica vengono ripristinate e il bilancino torna a essere il principale strumento per le scelte d’investimento, che si fanno più razionali.

Accanto alla maggiore razionalità delle scelte, la normalizzazione dei portafogli ripristina la paura come componente permanente delle decisioni. Come conseguenza, ogni ciclo di rialzo azionario, dopo la prima fase spensierata, dovrà invariabilmente affrontare, nel corso del suo dispiegarsi, quattro prove impegnative. Sono quattro riti di passaggio che nei quattro cicli decennali che si sono susseguiti dall’inizio degli anni Ottanta hanno scandito lo scorrere del tempo della ripresa dell’economia e del rialzo azionario.

Queste prove, regolarmente accompagnate da ondate di paura, sono la paura per il rialzo dei tassi, la paura per la crescita, la paura per l’inflazione e la paura per gli utili. Nei cicli normali queste ondate di paura si susseguono nell’ordine che abbiamo detto. La paura per il rialzo dei tassi si manifesta tra il secondo e il terzo anno di ripresa. Tra il quarto e il quinto anno si diffonde la paura che il rialzo dei tassi sia stato eccessivo e possa portare alla fine prematura della crescita. In questa fase le banche centrali interrompono i rialzi dei tassi e l’economia ha il tempo di adeguarsi ai rialzi precedenti e di riprendere a crescere. Quando la riaccelerazione si fa evidente, arriva la paura dell’inflazione che, rimasta fino a quel momento sotto il radar dei mercati, prende velocità e costringe le banche centrali, ora in ritardo sugli eventi, a tornare ad alzare i tassi. L’ultima paura, nella fase matura del ciclo, è quella di una profit recession. L’economia continua a crescere, ma i margini delle imprese vengono compressi dall’eccesso di investimenti degli anni precedenti, dall’esaurirsi della domanda arretrata dei consumatori e dall’aumento del costo del lavoro e dei componenti.

Il ciclo espansivo in corso, partito nella seconda metà del 2020, presenta delle anomalie significative rispetto ai quattro grandi cicli precedenti. La principale è che sarà probabilmente più breve, più concentrato e più intenso. La seconda è che l’inflazione, che nei cicli classici si manifesta nella seconda metà del ciclo, si è manifestata questa volta già nel secondo anno. La terza è che l’inflazione, inizialmente, non ha portato a un’ondata di paura sui tassi, perché è stata a lungo vissuta come transitoria.

Finora, in questo ciclo, abbiamo avuto due ondate di paura per i tassi. Una è stata all’inizio del 2021, prima dell’esplosione dei prezzi, e non è stata dovuta all’inflazione ma alla grande forza della ripresa dell’economia. L’altra è stata nelle ultime settimane e ha portato a un appiattimento della curva e a un drastico ridimensionamento dei settori azionari di crescita senza profitti.

L’anno prossimo, in anticipo, rispetto ai cicli precedenti, potremo avere un’ondata di paura legata alla crescita. Avremo infatti tassi più alti, minore liquidità ed economia in rallentamento. La paura di un errore di policy sarà maggiore se l’inflazione, nel frattempo, non sarà scesa in misura convincente. Avremo forse, l’anno prossimo, anche un’ondata di paura per gli utili se il rallentamento della domanda finale, favorito anche dalla normalizzazione monetaria e fiscale, toglierà spazio alle imprese per scaricare a valle gli aumenti dei costi a monte e del costo del lavoro.

Tutto questo può suonare preoccupante ma è, come abbiamo visto, in larga misura fisiologico. I grandi rialzi azionari dei cicli precedenti sono stati costellati di paure piccole e grandi e hanno avuto correzioni di metà ciclo a volte violente (1987, 2018) e altre volte comunque significative (1997, 2015-16), riuscendo poi a riprendersi bene e a far segnare nuovi massimi nella fase finale del ciclo. L’importante, anche in questo nuovo ciclo, sarà evitare di farsi troppo male e uscire dal mercato durante le ondate di paura, cercando di guardare le cose dall’alto. Se il 2021 è stato un anno di rialzi senza sforzo, il 2022 è partito come un anno accidentato, con tratti di strada pieni di buche che si alterneranno con tratti scorrevoli. Il risultato sarà un trading range ampio ma ben delimitato (tra 4000 e 5000 per l’indice SP 500) e non particolarmente rischioso. Sarà in altre parole un ambiente con ampio spazio per lavorare in modo costruttivo, aiutati da una diffusa maggiore razionalità e selettività (si veda in questi giorni il comportamento della grande tecnologia). Il 2023, dal canto suo, si profila come un anno più rischioso che sarà da affrontare con maggiore cautela.

Venendo al breve termine, il buon recupero che si andava delineando dopo l’ondata di paura di gennaio si sta un po’ raffreddando per effetto di alcune delusioni sugli utili, del rallentamento generale (ma temporaneo) di questo primo trimestre e di banche centrali più reattive rispetto all’inflazione. Questo raffreddamento avrà un lato positivo se riuscirà a spezzare il ciclo nevrotico di correzioni e veloci rialzi in contropiede.

Quanto alla sostanza delle preoccupazioni, è incoraggiante che ben cinque rialzi dei tassi per quest’anno siano già incorporati nei governativi in dollari, che la Bce, al di là dei toni meno rilassati, manterrà un passo lentissimo nella normalizzazione monetaria e che il secondo trimestre vedrà di nuovo una forte crescita di tutte le economie.

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