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Oro

Perché le banche centrali fanno incetta di oro?

Le banche centrali riempiono i loro forzieri d’oro. L'articolo di Francesco Bertolino, giornalista di MF/Milano Finanza

Le banche centrali riempiono i loro forzieri d’oro. Nel 2018 le autorità monetarie mondiali hanno comprato 651,5 tonnellate di metallo prezioso per un investimento di oltre 27 miliardi, in aumento del 74% rispetto al 2017. Secondo il World Gold Council, si tratta del livello più alto dal 1971, da quando cioè i membri del G10 posero fine agli accordi di Bretton Woods e al sistema monetario fondato sulla convertibilità del dollaro. Allora fu l’incertezza sui cambi valutari e la necessità di sostenere le valute nazionali a guidare gli acquisti.

Oggi è l’incertezza geopolitica a scatenare la corsa all’oro delle banche centrali. A sostenere la domanda sono stati «i timori per un rallentamento della crescita globale, per le accresciute tensioni geopolitiche e per la volatilità dei mercati finanziari», ha spiegato Alistair Hewitt, analista del World Gold Council, che si aspetta che la febbre dell’oro possa rimanere alta anche nel 2019. Intanto nel riflesso del lingotto si può scorgere la trama delle relazioni internazionali. Con l’acuirsi delle tensioni con gli Stati Uniti, per esempio, la Russia ha incrementato le riserve auree di 274,3 tonnellate, pari al 42% del totale degli acquisti 2018. Nel contempo l’autorità monetaria di Mosca ha ridotto in 5 anni la scorta di T-Bond del 90%, da 153 a 14 miliardi.

L’oro rappresenta tuttora solo il 18% delle riserve totali della banca centrale russa, una percentuale di gran lunga inferiore a quella, per esempio, della Federal Reserve americana (73,9%), della Bundesbank tedesca (69,2%) e di Bankitalia (65,5%). La seconda più grande acquirente del 2018 è stata la Turchia (58,5 tonnellate) che è tornata ad accumulare oro dopo 25 anni nel 2017, a pochi mesi dal fallito colpo di Stato contro il presidente Recep Tayyip Erdogan. Anche il Kazakhstan ha incrementato le riserve auree per il quinto anno consecutivo, comprando lingotti per 50,6 tonnellate nel solo 2018. L’anno scorso ha segnato anche il ritorno sul mercato delle banche centrali europee (con l’eccezione della Germania che però continua a detenere la seconda riserva al mondo dopo gli Usa e prima dell’Italia).

Fra i maggiori acquirenti figurano così l’Ungheria, che ha decuplicato in un anno la scorta aurea, e la Polonia, che ha messo in cassaforte 25,7 tonnellate (+25%). Si tratta, forse non per caso, di due Paesi che negli ultimi tempi appaiono politicamente isolati all’interno della costruzione europea e che perciò potrebbero aver interesse ad aumentare la loro sovranità aurea. In Iran, infine, la domanda privata di lingotti e monete d’oro è triplicata nel 2018, passando da 19,2 a 61,8 tonnellate. Il governo di Teheran ostentato sicurezza di fronte alle sanzioni Usa; gli iraniani sembrano pensarla altrimenti.

 

Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza

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