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Perché la produzione industriale fiacca indica un rischio stagnazione per tutto il 2019

Il commento di Paolo Mameli, senior economist Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, sul dato della produzione industriale in calo per il quarto mese consecutivo a dicembre

LA SINTESI

La produzione industriale è calata molto più del previsto anche a dicembre. La debole chiusura d’anno lascia un’eredità negativa alla prima parte del 2019, nella quale è probabile che il Pil resti in territorio negativo. È possibile una riaccelerazione nella seconda metà dell’anno, di cui però al momento ancora non si vedono segnali dagli indici anticipatori.

IL CONFRONTO

La produzione industriale è calata a sorpresa anche a dicembre, per il quarto mese consecutivo, di -0,8% m/m, dopo la vistosa flessione di novembre (-1,7% m/m, rivisto al ribasso di un decimo rispetto alla prima stima).

LA PREVISIONE

La previsione sia nostra che di consenso era per un rimbalzo, sia pure parziale dopo l’ampia contrazione del mese precedente.

LA TENDENZA

La tendenza annua della produzione è scesa in territorio ancor più negativo, a -5,5% da -2,6% di novembre: si tratta di un nuovo minimo degli ultimi sei anni.

I SETTORI CHE CALANO DI PIÙ

La flessione congiunturale è dovuta principalmente ai beni di consumo (-2,9% m/m), soprattutto non durevoli. In calo anche l’energia (-1,5% m/m), mentre i beni sia strumentali che intermedi sono risultati poco variati.

IL GIUDIZIO COMPLESSIVO

L’andamento per settore non è incoraggiante. Tutti i principali comparti (sia manifatturieri che non) risultano in diminuzione su base annua: non accadeva da dicembre del 2012. Particolarmente colpiti risultano il tessile (-11,1% a/a) e il legno, carta e stampa (-13%).

LA FLESSIONE MAGGIORE

Nel trimestre, la produzione è calata di -1,1% t/t: è la flessione maggiore dal 3° trimestre 2014, e si tratta di una netta accelerazione al ribasso dopo il -0,5% t/t medio dei primi tre trimestri dell’anno.

IL DATO ANNUALE

Nell’intero 2018, l’output nell’industria è cresciuto di appena 0,8%, in netto rallentamento rispetto al 3,6% del 2017. Anche in questo caso, si tratta della peggior performance annua dal 2014.

LE UNA TANTUM

In sintesi, l’ulteriore contrazione della produzione a dicembre suggerisce che l’importanza dei fattori una tantum che avevano pesato sulla performance del mese precedente (ponte festivo e condizioni meteo) fosse inferiore alle nostre stime.

EREDITÀ NEGATIVA

Il punto è che la debole chiusura di 2018 lascia un’eredità negativa alla parte iniziale del nuovo anno: in caso di stagnazione in ciascuno dei primi 3 mesi del 2019, la produzione industriale calerebbe anche nel 1° trimestre di -1,1% t/t, come nel 4° trimestre 2018.

EFFETTO SUL PIL

Ciò significa che la probabilità che il PIL resti in territorio negativo anche a inizio 2019 appare elevata. Per evitare che la recessione, sinora solo “tecnica”, si estenda a inizio 2019, occorrerebbe un’espansione significativa nei servizi, che al momento non appare coerente con le indagini di fiducia (che segnalano un apporto sostanzialmente nullo al valore aggiunto nel settore, a fronte di un contributo di circa -0,2% dell’industria in senso stretto).

RISCHIO STAGNAZIONE ALTO

Ciò significa che il rischio di una stagnazione dell’attività economica nell’intero 2019 per l’economia italiana è alto. È possibile un ritorno alla crescita nella seconda metà dell’anno, sulla scia del rientro di alcuni freni di carattere esogeno nonché degli effetti dell’implementazione di alcune misure previste nella manovra di bilancio, che difficilmente sarà sufficiente ad alzare la media annua 2019 significativamente sopra lo zero ma che può consentire una riaccelerazione nel 2020. Peraltro, di tale inversione di tendenza ancora non si vedono segnali dagli indici anticipatori.

TREND COMUNE NEI PAESI DELL’EUROZONA

È vero che il trend di rallentamento è comune agli altri Paesi dell’eurozona, tuttavia l’Italia, partendo da tassi di crescita inferiori di quasi un punto percentuale rispetto alla media area euro, si sta avvicinando ben più rapidamente alla zona recessiva. Inoltre, mentre il rallentamento della prima parte del 2018 era dovuto soprattutto a fattori di carattere internazionale, la debolezza recente appare guidata dalla domanda interna, soprattutto per investimenti, visti gli effetti della restrizione delle condizioni finanziarie e dell’incertezza sullo scenario economico e fiscale.

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