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transizione energetica

Perché la Cina nasconde dati sull’economia?

Che cosa sta succedendo di strano su alcuni dati economici della Cina

Perché Pechino nasconde o manipola i dati economici come il tasso di disoccupazione giovanile, i volumi di export o la produzione di cemento e vetro? Un approfondimento della testata economica Business Insider entra nel merito dei comportamenti opachi e ingannevoli con cui la Repubblica Popolare occulta la realtà agli investitori nel nome della sua attuale priorità che non è certo quella di promuovere la trasparenza ma, al contrario, di esercitare il massimo controllo sulla società.

Dove sono finiti?

Non è passato inosservato l’annuncio da parte della Cina di non voler pubblicare più dati mensili sulla disoccupazione giovanile. L’ultima volta che lo ha fatto, lo scorso luglio, era emerso infatti un tasso preoccupante del 20,5%, presto elevato dagli analisti a simbolo dell’incapacità del Presidente Xi Jinping di far ripartire l’economia dopo la stagione dei lockdown.

Prima l’ideologia.

Secondo Business insider non c’è niente di cui stupirsi. Quello sulla disoccupazione giovanile non è l’unico dato che il Partito sta occultando alla lista degli investitori. Questo non sta succedendo solo perché l’economia sta rallentando: il vero motivo è che nell’era di Xi la Cina sta mettendo l’ideologia davanti alla crescita economica.

Nonostante la retorica sulla necessità di raggiungere un adeguato livello di ricchezza, la Repubblica popolare non ha mai osato introdurre riforme che rendessero effettivamente i consumatori protagonisti dello sviluppo. Ciò infatti confliggerebbe con la vera priorità di Xi che è quella di esercitare un controllo assoluto sulla società oltre che sull’economia.

L’incapacità di optare per un modello bottom-up che prendesse il posto del tradizionale approccio top-down è uno dei fattori che, insieme al rallentamento dell’economia, alla fuga degli investitori e alla demografia acciaccata, sanno lasciando l’economia al palo, senza che la dirigenza sia in grado o voglia fare i passi necessari per invertire la china.

Qual è il contrario di trasparenza?

In simili circostanze, ad esempio, sarebbe normale invocare più trasparenza, ma in Cina sta accadendo esattamente il contrario.

A mancare all’appello non ci sono solo i dati sulla disoccupazione giovanile. Il National Bureau of Statistics ha cessato di pubblicare due dati chiave per il settore immobiliare come le vendite di terreni per area, non più disponibili da dicembre scorso, e quelli sulla fiducia dei consumatori. Il risultato lo si può riscontrare nel profondo gap tra i numeri ufficiali e le stime basate sull’aggregato di indicatori secondari.

Quando non sono nascoste, le informazioni vengono manipolate al punto da diventare inutili. Il dato sull’export diffuso dal Bureau delle dogane è oggi divergente da quello sulle importazioni effettuate dai principali partner commerciali della Cina. Facendo riferimento a queste ultime, Charlene Chu, analista di Autonomous Research, ha calcolato che quest’anno le esportazioni cinesi diminuiranno dell’8% rispetto al 2022.

Ma, timoroso di svelare la propria fragilità e instabilità, Pechino censura i dati, quando non ne diffonde una versione edulcorata come sta accadendo per i dati sugli asset delle società immobiliari che oggi “sono praticamente inutili” secondo il giudizio di China Beige Book.

Con una nota, J Capital Research, una società di investimento, ha informato i propri clienti che non sono più disponibili i dati su proxy chiave come il totale del cemento o del vetro prodotti, indicatori usati dagli investitori per misurare la crescita del settore delle costruzioni.

Il risultato è che gli investitori stranieri hanno mangiato la foglia e stanno vendendo a raffica azioni e bond cinesi, vanificando gli sforzi del Partito di far partire l’economia.

Prima il consumatore?

In una simile circostanza un’economia di mercato ricorrerebbe al più classico dei pacchetti di stimolo, mettendo soldi nelle tasche dei consumatori. Ma questo è proprio quello che Xi non intende fare nel timore di conferire troppo potere ai cittadini e dunque di perdere il controllo del Paese.

Sintomatico è quanto stato scritto sulle pagine di Study Times, un giornale che illustra la politica del Partito comunista, dove l’idea di fornire aiuti diretti alle famiglie non solo è considerata eccessivamente costosa ma viene bollata come esempio di cattiva allocazione degli investimenti.

Le economie di mercato, invece, ragionano nel modo diametralmente opposto. La strada del cosiddetto “helicopter money” rappresenta la scelta logica e corrispondente al principio per cui sono gli individui, le famiglie e le imprese private a controllare il capitale: l’equivalente occidentale del principio comunista del potere al popolo.

Ma questa filosofia non solo è incompatibile col cosiddetto “socialismo con caratteristiche cinesi”; è incompatibile soprattutto con l’attuale priorità del partito di mantenere il più stretto controllo.

Fuggi fuggi.

Ecco perché gli investitori, spaventati dall’arbitrio del potere cinese, ora fuggono a gambe levate verso destinazioni più sicure. Una Cina opaca, che nasconde i propri mali al mondo e penalizza anziché premiare consumatori e investitori, è un Paese profondamente malato che potrebbe non sollevarsi più senza una cura drastica.

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