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Perché il Fondo monetario boccia Italia e Israele sulle web tax nazionali

Web tax nazionali? No grazie, vade retro. E’ quanto dice in sostanza il Fondo monetario internazionale nel suo Fiscal monitor che fa il punto sui dossier in corso negli Stati e negli organismi internazionali sulla tassazione delle compagnie che operano sul web. Ecco tutti i dettagli, con la reprimenda per i progetti già approvati da…

Web tax nazionali? No grazie, vade retro. E’ quanto dice in sostanza il Fondo monetario internazionale nel suo Fiscal monitor che fa il punto sui dossier in corso negli Stati e negli organismi internazionali sulla tassazione delle compagnie che operano sul web. Ecco tutti i dettagli, con la reprimenda per i progetti già approvati da Italia e Israele sul tema.

CHE COSA DICE IL FMI

Il Fondo monetario internazionale giudica “urgente” e non solo “controversa” la questione su come “i governi dovrebbero tassare gli utili di aziende globali come Amazon, Apple, Facebook e Google – così come aziende meno conosciute – che offrono servizi a così tanti cittadini nel mondo utilizzando tecnologie digitali”. E’ quanto spiega l’istituto di Washington nel capitolo analitico del suo Fiscal monitor, il rapporto redatto in vista degli Spring meetings che inizieranno la settimana prossima a Washington.

IL GIUDIZIO SULL’ITALIA

La “web tax” italiana non scalda il Fondo monetario internazionale, che nel capitolo analitico del suo ‘Fiscal Monitor’ dedicato al “governo digitale” segnala come si tratti di una soluzione “di breve termine”. A rincarare la dose, in un articolo per il blog dello stesso Fmi scritto con Geneviève Verdier, è poi il direttore del dipartimento affari Fiscali dell’organizzazione, Vitor Gaspar, per cui le misure introdotte in questo campo da Italia e Israele sono “soluzioni non coordinate” che “non possono fornire la risposta” quando si tratta di capire come tassare in modo equo società come Google, Apple, Facebook e Amazon.

IL GIUDIZIO DEGLI ESPERTI DEL FONDO

“Nel momento in cui l’intera economia diventa digitale, sono richieste soluzioni globali”, spiega lo stesso Gaspar, auspicando una “agenda di riforme proattiva e globale” sostenuta da “adeguate risorse a budget” e portata avanti nel segno della “cooperazione internazionale”. La posta in gioco, quando si parla di rapporto tra digitalizzazione e sistema fiscale, è d’altra parte molto alta. E non riguarda solo che tipo di imposte applicare sulle aziende del settore, ma in senso più ampio la trasformazione delle politiche e del modo in cui vengono implementate. Secondo le analisi compiute dagli esperti del Fondo, l’adozione di strumenti digitali potrebbe offrire grandi opportunità dal punto di vista della riscossione delle imposte.

L’ANALISI DEL FMI

“Nel futuro – si legge nel capitolo analitico diffuso ieri -, la digitalizzazione potrebbe anche aiutare i governi a rintracciare tasse sul patrimonio nascoste nei centri finanziari offshore, stimate al 10% del Pil mondiale”. Con un rovescio della medaglia, però. Lo stesso Fmi segnala infatti come, a fronte di molti benefici, la trasformazione digitale potrebbe anche creare opportunità per le frodi e rendere di fatto i governi più vulnerabili”.

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