skip to Main Content

Energia

Perché i titoloni da boom economico sono abbastanza esagerati sul Pil

Pil in Italia: dati e confronti oltre gli entusiasmi encomiastici. Il commento di Giuseppe Liturri

 

Venerdì è stata una giornata che ha portato buone notizie per l’economia italiana. Infatti l’Istat ha reso noto che il Pil del terzo trimestre ha fatto segnare una crescita del 2,6% rispetto al trimestre precedente e del 3,8% rispetto allo stesso trimestre del 2020.

“Il Pil oltre le stime, ora punta al 7%”, ha trionfalisticamente titolato sabato il Sole 24 Ore.

In effetti si tratta di incrementi di cui non si ha memoria nell’ultimo decennio, quando abbiamo spesso visto il segno negativo o il segno positivo davanti a numeri da prefisso telefonico.

Però dobbiamo subito raffreddare gli entusiasmi di chi viene portato a credere che il nostro Paese stia vivendo un nuovo boom economico.

Gli incrementi sono così elevati solo perché stiamo risalendo dal burrone in cui il Pil era caduto durante il primo e secondo trimestre 2020. È doveroso sottolineare che la risalita stia avvenendo con una velocità superiore alle attese (il 2,6% ha superato il 2,2% atteso), ma non bisogna perdere di vista il livello del Pil del 2019 per capire a che punto siamo. E purtroppo siamo ancora sotto quel livello.

La macchina della propaganda che legge solo i titoli che rimbalzano dalle agenzie e non risale alle fonti originali ha subito ripreso il comunicato Istat nella parte in cui fa notare che, se il quarto trimestre finisse con crescita zero rispetto al terzo, la crescita del 2021 rispetto al 2020 sarebbe del 6,1%, la cosiddetta “crescita acquisita”. Tutto vero. Peccato che manchi un altro pezzo della storia, di cui l’Istat fornisce i dati ma che nessuno si degna di commentare: in caso di crescita zero nel quarto trimestre, saremmo ancora a -3,4% rispetto al 2019 che è l’anno di andamento “normale” dell’economia che deve essere preso come base di confronto per non avere numeri fuorvianti.

Ma vi è di più. Anche nell’ipotesi favorevole in cui il Pil del quarto trimestre 2021 fosse uguale a quello dello stesso trimestre del 2019, il confronto tra i due anni restituirebbe ancora un dato negativo (-3,1%), mentre la crescita rispetto al 2020 salirebbe al 6,5%. Va evidenziato che si tratta di un’ipotesi già molto ottimistica, infatti significherebbe conseguire un +1,4% nel quarto trimestre rispetto al terzo. Che resta una crescita molto ambiziosa, considerato le difficoltà in cui si sta dibattendo il settore manifatturiero, stretto tra crisi dei prezzi dell’energia e strozzature nelle catene di fornitura.

Inoltre è il caso di sottolineare che anche il Pil del 2019, che sembra un “eldorado” da cui siamo ancora distanti, era il risultato di tassi di crescita asfittici che si ripetevano dall’ultima recessione del 2012-2013, causata dalla crisi del debito pubblico e dalle misure recessive, tragicamente procicliche, adottate dai governi Monti e Letta.

Considerato l’affollamento nella corte adulante che si è radunata intorno al governo Draghi, è perfino comprensibile l’utilizzo di certi toni da propaganda che non si ascoltavano più dai tempi dei cinegiornali dell’Istituto Luce nel ventennio del secolo scorso, ma un minimo di sobrietà appare consigliabile. La strada per portare il nostro Paese sul sentiero di crescita abbandonato con la doppia crisi del 2008/2009 e 2011/2013, è ancora molto lunga e non si intravede nemmeno il punto di arrivo.

Dopo esserci sorbiti mesi e anni di minacce quotidiane ad opera dell’inconsistente spauracchio dello spread, non vorremmo passare all’eccesso opposto. Entrambi lontani dalla realtà.

Back To Top