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Iliad Sindacati

Perché i sindacati sculacciano Iliad

Iliad promette assunzioni, ma i sindacati replicano duramente: "È inconcepibile che una multinazionale non abbia alcuna intenzione di investire nel bene più prezioso che ha in azienda: le lavoratrici e i lavoratori". Le ragioni dello scazzo

 

Per i sindacati si apre un ulteriore fronte nel campo delle tlc: questa volta la controparte è Iliad. Le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil hanno infatti “ribadito con forza la propria indisponibilità a proseguire con un sistema di relazioni sindacali”, definito contemporaneamente “cordiale” come pure “alquanto sterile”.

ILIAD IN NUMERI

Iliad in Italia dichiara un incremento dei ricavi che hanno portato l’azienda ad un fatturato complessivo per il 2022 di 927 milioni, grazie ad una costante crescita di clienti non solo sul mercato mobile, ma anche sul fisso residenziale. A meno di due settimane dal suo quinto compleanno, iliad ha reso noti i risultati finanziari del primo trimestre 2023: per il ventesimo trimestre consecutivo iliad si attesta come primo operatore nel segmento mobile per saldo netto di utenti. Al 31 marzo 2023 gli utenti attivi sono 9 milioni e 849 mila, con un incremento netto di 282 mila utenti rispetto al 31 dicembre 2022.

Secondo i dati presentati alle sigle sindacali coinvolte, Iliad conta di crescere ulteriormente anche nel corso di questo anno, consolidando la clientela residenziale e puntando sul mercato business mobile, proseguendo con ingenti investimenti (1,3 miliardi quest’anno). L’azienda dichiara, inoltre, una crescita dell’occupazione passando, nel corso del 2022, da 740 a 880 dipendenti, di cui il 90% assunti con contratto a tempo indeterminato.

COSA DICONO I SINDACATI

Una situazione solo all’apparenza positiva e pure in forte discordanza rispetto alla situazione in cui versano le tlc più blasonate (Vodafone prevede 11mila licenziamenti). “La fase di startup – lamentano i sindacati – è ampiamente superata, l’azienda è in costante crescita, non è pensabile che un importante operatore delle telecomunicazioni in Italia possa proseguire senza un integrativo aziendale”.

“Le lavoratrici ed i lavoratori di Iliad Italia – si legge nella nota unitaria – con serietà, professionalità ed abnegazione hanno contribuito a raggiungere gli importanti risultati economici descritti dall’azienda. Non è più rinviabile un confronto serio sul tema degli inquadramenti che gratifichi la professionalità, per la costituzione di un premio di risultato che redistribuisca salario contrattato e sull’organizzazione del lavoro, introducendo regolamentazioni certe, che permettano di conciliare i tempi di vita e di lavoro delle persone.”

“Iliad Italia, ancora una volta, non ha inteso accogliere alcuna delle rivendicazioni sindacali proposte, non avviando nessun confronto nel merito delle questioni poste, sottolineando come le lavoratrici ed i lavoratori di Iliad abbiano in un recente sondaggio esterno espresso tutta la loro soddisfazione per le condizioni in cui operano”, lamentano le sigle sindacali.

Per questo  Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil ritengono “non più rinviabile l’avvio di un confronto vero sui temi posti, e tenuto conto della completa indisponibilità aziendale, nelle prossime ore, calendarizzeranno una serie di assemblee per avviare un percorso di mobilitazione che, a partire dal prossimo sciopero del 6 giugno, prosegua con una vertenzialità diffusa a livello aziendale, al fine di traguardare il giusto riconoscimento economico, professionale e normativo alle lavoratrici ed ai lavoratori di Iliad.”

I NODI DA AFFRONTARE

Quindi l’affondo: “Non ci sono sondaggi che possano negare l’evidenza!!! Non è accettabile che negli Stores le lavoratrici ed i lavoratori siano inquadrati per lo più al secondo livello e in parte al terzo. Non è pensabile che la stragrande maggioranza dei tecnici on field siano inquadrati ancora con il quarto. È inconcepibile che una multinazionale, che in Italia ha un così importante programma di investimenti nella realizzazione delle proprie infrastrutture, non abbia alcuna intenzione di investire nel bene più prezioso che ha in azienda: le lavoratrici e i lavoratori, coloro che concretamente rendono possibili i positivi risultati illustrati. Non è pensabile non voler redistribuire ai lavoratori parte di quella crescita e di quei risultati economici che, con professionalità, hanno contribuito a raggiungere.”

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