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Crisi Mercati

Perché i mercati sono in crisi

Che cosa sta succedendo sui mercati. L'analisi di Mark Dowding, CIO di BlueBay

 

Durante la scorsa settimana, i rendimenti dei titoli di Stato a livello globale hanno continuato a salire, con i mercati che si sono concentrati sul prolungato superamento dell’inflazione in Europa, sulla scia dell’aumento dei prezzi di cibo ed energia. I prezzi del gas all’ingrosso nella regione sono ora 10 volte superiori a quelli registrati lo scorso anno, e ciò continua a rappresentare una delle principali fonti di preoccupazione, in un contesto di disruption delle forniture.

Nonostante i governi abbiano cercato di proteggere i consumatori e le imprese dalle conseguenze di questo shock energetico attraverso sussidi e sovvenzioni, gli impatti inflazionistici secondari stanno iniziando a manifestarsi in modo più ampio nei prezzi di beni e servizi. Nel frattempo, la recente siccità in Europa sta esacerbando l’inflazione alimentare e la carenza di fertilizzanti evidenzia il rischio di un ulteriore calo dell’offerta alimentare nel prossimo periodo.

A causa di questi effetti, sembra probabile che l’inflazione dell’Eurozona raggiunga il suo picco solo all’inizio del 2023, mentre nel Regno Unito l’Indice dei Prezzi al Consumo è destinato a rimanere in doppia cifra per i mesi a venire, con un possibile picco intorno al 15% nel primo trimestre del prossimo anno.

La compressione dei redditi reali in Europa aggrava i rischi di recessione. Tuttavia, con i commenti di Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della BCE, che ha affermato che l’aumento dei tassi d’interesse ha un impatto limitato sulla riduzione dei prezzi, sembra che le banche centrali continueranno ad avere bisogno di rialzi, anche se la crescita continua a crollare. Questo contesto di stagflazione è impegnativo ed è comprensibile che i governi vogliano attutire il colpo allentando la politica fiscale.

Tuttavia, l’aumento della spesa, in un momento in cui le entrate pubbliche sono in calo, minaccia di far lievitare i deficit fiscali in tutta la regione nei prossimi trimestri. Probabilmente, una politica fiscale più favorevole può significare che le banche centrali avranno più spazio per aumentare ulteriormente i tassi a tempo debito, ed è possibile ipotizzare che i rendimenti possano continuare a salire nel corso dell’anno a venire, a meno che non arrivino notizie migliori sul fronte dell’inflazione.

Da questo punto di vista, negli ultimi tempi siamo diventati più ribassisti sulle prospettive della duration europea. Vediamo anche una crescente minaccia di arresto del recente rally del rischio, che ha portato a un restringimento degli spread del credito sovrano e societario nella regione. In Europa, riteniamo che il dilemma della stagflazione continui a essere più evidente nel Regno Unito, dove manteniamo una visione strutturalmente ribassista sui Gilt, sugli asset di rischio britannici e sulla sterlina.

Riteniamo inoltre che qualsiasi dibattito politico volto a indebolire il mandato della Banca d’Inghilterra (in modo da evitare che i tassi d’interesse debbano aumentare troppo nel breve periodo) possa solo significare che i tassi d’interesse dovranno aumentare di più nel lungo periodo. Di conseguenza, riteniamo che la curva del Regno Unito dovrebbe riprendersi, in contrasto con la recente azione dei prezzi che ha portato a un appiattimento della curva.

Nel frattempo, è interessante confrontare la dinamica prevalente in Europa con quella che si osserva al di là dell’Atlantico. Qui sembra che i policymaker siano molto più fiduciosi che l’inflazione abbia raggiunto il suo picco e sia su un percorso discendente. La moderazione dei prezzi del petrolio, il dollaro forte e il raffreddamento del mercato immobiliare sono tutti fattori che possono contribuire a moderare i prezzi nei prossimi mesi. Inoltre, a differenza della politica fiscale europea, che può contribuire ad aumentare l’inflazione, è sorprendente come il deficit fiscale degli Stati Uniti si sia ridotto nell’ultimo anno, grazie alla conclusione dei programmi di spesa, all’aumento delle entrate fiscali e a un’economia robusta. Dopo aver visto deficit a due cifre (in percentuale del PIL) nel 2020 e nel 2021, il trimestre in corso vede il deficit fiscale statunitense vicino al 3%. In questo modo, negli ultimi due anni la politica fiscale e quella monetaria sono state ben coordinate negli Stati Uniti, stimolando l’economia durante la pandemia e, più recentemente, lavorando per moderare l’eccesso di domanda.

Da questo punto di vista, sembra che l’eccezionalità della crescita statunitense non sia destinata a finire tanto presto e, dal punto di vista fondamentale, l’economia americana sembra in una posizione molto più solida rispetto a quella d’oltreoceano.

In Asia, la crescita cinese continua a essere piatta, a causa della crisi del mercato immobiliare e delle politiche zero-Covid poco accorte. Nell’ultima settimana, le autorità di Pechino hanno aumentato l’allentamento fiscale e monetario, ma non siamo convinti che le misure adottate finora miglioreranno sostanzialmente le prospettive. In altri Paesi dei mercati emergenti, il quadro è più eterogeneo e riflette dinamiche diverse sulla scia della composizione economica e delle misure politiche adottate in passato.

In linea di massima, i Paesi esportatori di cibo ed energia continuano a sembrare solidi, mentre quelli importatori restano molto vulnerabili. Politiche ortodosse hanno favorito il picco dell’inflazione in diversi Paesi e questo potrebbe favorire alcune curve dei tassi locali. Tuttavia, continuano ad esserci esempi di chi cerca di nuotare controcorrente, come la Turchia che, questa settimana, ha deciso di tagliare i tassi di interesse come mezzo per combattere l’iperinflazione.

Dal punto di vista del credito, la nostra visione macro ci porta a privilegiare le prospettive delle società statunitensi rispetto a quelle dell’Eurozona, e riteniamo che l’aggiunta di coperture nella serie Itraxx, rispetto al CDX, offra la possibilità di incrementare i rendimenti in questo momento.

In generale, continuiamo a cercare opportunità per vendere con approccio contrarian e, nonostante i dati tecnici di mercato suggeriscano che un consenso ribassista possa agire da freno all’allargamento degli spread in Europa, osserviamo che il posizionamento settoriale e degli emittenti è particolarmente importante per proteggere il portafoglio in senso più ampio.

Per quanto riguarda le valute, siamo stati propensi a ridurre il rischio valutario in quanto non vediamo molte opportunità chiare in questo momento. Riteniamo che il mercato valutario dell’Europa centrale sia strutturalmente sopravvalutato e rimaniamo corti sullo zloty polacco e sulla corona ceca.  Nel frattempo, sebbene riteniamo che l’eccezionalismo degli Stati Uniti possa contribuire a sostenere il dollaro, pensiamo che il biglietto verde abbia ormai completato la maggior parte del suo movimento nei confronti dell’euro.

Guardando al futuro

Rimane difficile proiettare una visione prospettica con troppa certezza. Come la Fed e altre Banche Centrali, anche noi gestori di portafoglio dipendiamo dai dati. Ciò significa mantenere una mentalità aperta alle informazioni in arrivo e non volersi legare troppo alle singole operazioni. Detto questo, un bias negativo strutturale sui Gilt britannici rimane interessante per noi e, più in generale, siamo sempre più scettici su quanto le curve dei rendimenti possano appiattirsi/invertirsi. Ad esempio, i tassi di liquidità del Regno Unito sono ora visti 125 punti base al di sopra dei rendimenti dei Gilt decennali nel primo semestre del 2023, ciò può apparire irrealistico per un paio di motivi. In primo luogo, il prezzo dei rendimenti a lunga scadenza sembra incorporare una previsione di ritorno allo status quo che ha prevalso per gran parte del decennio successivo alla crisi finanziaria globale: a nostro avviso, ciò potrebbe essere irrealistico e altri decenni potrebbero rappresentare un modello più probabile rispetto al periodo più recente, dominato dalla narrativa della stagnazione secolare e del calo dei tassi di rendimento. In secondo luogo, ci chiediamo se la BoE sia in grado di realizzare i suoi obiettivi, visto che sono scontati molti rialzi dei tassi nei prossimi 6 mesi.

Ci chiediamo anche se possa diventare interessante per la BoE accelerare il Quantitative Tightening (QT), riducendo il proprio bilancio per inasprire le condizioni finanziarie, piuttosto che alzare i tassi e accumulare ulteriori sofferenze sui consumatori colpiti da un massiccio shock del costo della vita. Sostituire il QT con un rialzo dei tassi potrebbe avere senso quando le curve sono invertite, come lo sono attualmente.

Tuttavia, c’è da chiedersi quanto tempo ci vorrà prima che qualche mente brillante dica a Liz Truss che, se la BoE sta raccogliendo liquidità vendendo obbligazioni dal suo bilancio, allora forse il governo potrebbe prenderla per finanziare qualche altro taglio delle tasse. Detto questo, non si può biasimare il governo per essersi arrampicato sugli specchi, visto che le prospettive sembrano quasi altrettanto desolanti di quelle che stanno affrontando i tifosi del Manchester United, a sole due partite dall’inizio della nuova stagione.

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