Il Presidente Trump e il Presidente Xi si sono incontrati giovedì in Corea e hanno raggiunto un accordo per allentare le tensioni rinviando di un anno le recenti misure di escalation. Tra queste figurano l’ampliamento della “Entity List” statunitense, dei controlli cinesi sulle terre rare e dell’aumento delle tasse portuali. Inoltre, i dazi statunitensi del 20% sul fentayl, applicati a tutte le importazioni cinesi, saranno ridotti al 10%, con un’aliquota tariffaria effettiva di circa il 35%. La Cina riprenderà l’importazione di prodotti agricoli come la soia dagli Stati Uniti.
COME VANNO LE RELAZIONI TRA USA E CINA
Da quando è stata raggiunta la tregua iniziale il 10 giugno (e prorogata ad agosto), abbiamo assistito ad alcuni progressi e alcune battute d’arresto. Sul fronte positivo, durante l’estate è stato revocato il divieto di esportazione statunitense sui principali software e tecnologie di progettazione di chip. Nvidia e AMD hanno ottenuto il permesso di esportare chip AI in Cina in cambio del pagamento al governo statunitense del 15% delle loro vendite. Inoltre, a settembre è stato proposto un potenziale accordo su TikTok, che consentirebbe all’azienda di social media di operare negli Stati Uniti con una partecipazione azionaria maggioritaria americana, prendendo in leasing (e poi riqualificando) l’algoritmo sviluppato dalla società madre cinese.
LA STOCCATA AMERICANA CON L’ESTENSIONE DELLA ENTITY LIST
Le battute d’arresto ruotano attorno alle misure politiche adottate da entrambi i paesi che hanno aggravato la tensione. La prima è stata l’estensione da parte degli Stati Uniti della propria “Entity List” (lista nera per motivi di sicurezza nazionale) alle controllate con una partecipazione superiore al 50%. La norma, emanata il 29 settembre, impone agli esportatori statunitensi di ottenere una licenza per spedire merci alle controllate delle società incluse nella lista. La nuova norma danneggerebbe in modo particolare le aziende cinesi, poiché molte di esse operano attraverso una fitta rete di filiali.
Uno studio accademico mostra che 264 gruppi aziendali statali cinesi hanno 55.929 filiali. Ad esempio, un’azienda cinese che è stata inserita nella lista nera a causa del suo legame con l’Esercito Popolare di Liberazione potrebbe avere 500 filiali, molte delle quali non hanno alcun legame con l’esercito. Alcune controllate potrebbero avere una partecipazione superiore al 50%, ma altre no. Poiché la norma riguarda tutti i beni, impedirebbe a molte aziende cinesi di importare qualsiasi prodotto dagli Stati Uniti. Allo stesso tempo, il rispetto delle norme sarebbe molto costoso per gli esportatori e le autorità di regolamentazione statunitensi.
LA REPLICA CINESE
La risposta della Cina il 9 ottobre è stata quella di inasprire le norme sul controllo delle esportazioni di terre rare. Oltre a richiedere agli esportatori licenze per esportare la maggior parte delle terre rare, le relative attrezzature e tecnologie, ha anche introdotto controlli extraterritoriali, simili al meccanismo utilizzato dal governo statunitense, per limitare le esportazioni di semiconduttori verso la Cina. Le aziende straniere sarebbero tenute a ottenere l’approvazione del governo cinese per esportare merci che contengono terre rare di origine cinese. Poiché le terre rare sono utilizzate in una vasta gamma di prodotti, la norma limiterebbe la capacità degli Stati Uniti di produrre molti beni, danneggiando le loro imprese. Allo stesso tempo, l’attuazione da parte cinese è piuttosto complessa.
A nostro avviso, entrambe le misure di escalation sarebbero quasi impossibili da attuare nel breve termine, quindi rappresentano solo un potenziale strumento di pressione che ciascun Paese vorrebbe comunicare all’altro. In altre parole, si tratta principalmente di “minacce”. Entrambe le misure danneggerebbero anche le loro aziende nazionali, poiché sarebbero molto difficili da applicare e da rispettare. Quindi, entrambi hanno “mostrato le loro carte” e hanno dimostrato quali mosse potrebbero mettere in atto per danneggiarsi a vicenda.
COSA SEGUIRÀ ALLA TREGUA TRA USA E CINA
Il rinvio delle misure di escalation offre a entrambi i Paesi la possibilità di avere relazioni più normali in superficie per ottenere benefici economici a breve termine, ma anche di mantenere vive le minacce “per ogni evenienza”. Non vediamo alcun cambiamento sotto la superficie: entrambi faranno in modo di poter raggiungere il progresso tecnologico con una dipendenza sempre minore l’uno dall’altro.
La Cina continua a portare avanti la sua priorità di uno sviluppo di alta qualità e dell’autosufficienza tecnologica. Nel comunicato della recente Quarta Sessione Plenaria, che ha esaminato il nuovo piano quinquennale (a partire dal 2026), questi due temi erano in cima alla lista degli obiettivi principali. Il primo pone l’accento sulla modernizzazione del complesso industriale, mentre il secondo promuove progressi nelle tecnologie fondamentali, facilitando la piena integrazione tra tecnologia (e IA) e innovazione industriale. È chiara anche l’intenzione della Cina di diventare autosufficiente nel settore dei chip avanzati.
La recente ondata di accordi sulle terre rare da parte degli Stati Uniti conferma inoltre la volontà di ridurre la propria dipendenza dalla produzione e dalla lavorazione cinesi delle terre rare. Tra questi figurano l’accordo tra Stati Uniti e Australia, in base al quale i due paesi investiranno congiuntamente in progetti relativi ai minerali critici in Australia, un accordo simile con il Giappone (anche se senza un chiaro impegno di investimento), il Memorandum d’intesa (MOU) con la Malesia per la cooperazione sui minerali critici e un Memorandum d’intesa simile con la Thailandia.







