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Prodi Berlusconi

Perché concordo con la mossa di Mattarella sulla commissione banche

L’obiettivo che la maggioranza si pone con questa legge è chiaro: portare nella "gabbia degli imputati" la Banca d’Italia. L'opinione di Giuliano Cazzola

 

Sono convinto che la difesa dell’onore dell’Italia, della legalità repubblicana, dei trattati internazionali e la custodia delle regole del vivere civile siano racchiuse – dopo le recenti invasioni barbariche – all’interno di un triangolo scaleno ai cui vertici stanno il Quirinale, la Consulta e la Banca d’Italia. Altri fortilizi istituzionali sono già caduti in mani “nemiche” (la Consob, l’Inps, l’Anpal, ecc.); altri (Inapp, Upb, Ivass, Covip) cadranno tra poco quando verranno a scadenza i mandati.

Il presidente della Repubblica è la pietra d’angolo di questo schieramento difensivo ed esercita i suoi poteri con equilibrio e fermezza. Lo fa senza esitazioni nelle esternazioni e nei discorsi, in occasione dei quali, con correttezza istituzionale, non nasconde il suo pensiero nei confronti della linea di condotta del governo giallo-verde. E’ più prudente, talvolta, quando si tratta di avvalersi del potere di firmare i decreti o di promulgare le leggi (uno degli atti necessari per la loro entrata in vigore), anche perché è controversa la natura della promulgazione (se sia o meno un atto dovuto).

In questi giorni Mattarella ha promulgato la legge istitutiva di una Commissione d’inchiesta sull’attività delle banche. Ha atteso un mese prima di firmare il testo, dopo aver svolto incontri separati con i presidenti delle Camere e con il Governatore Ignazio Visco. Contestualmente ha indirizzato una lettera a Casellati e a Fico raccomandando loro di vigilare affinché la Commissione non debordi dai suoi poteri fino a mettere in crisi il sistema del credito e di conseguenza l’economia italiana.

Scrive il Capo dello Stato: “Non è in alcun modo in discussione, ovviamente, il potere del Parlamento di istituire commissioni di inchiesta ma non può, tuttavia, passare inosservato che, rispetto a tutte le banche, e anche agli operatori finanziari, questa volta viene, tra l’altro, previsto che la Commissione possa “analizzare la gestione degli enti creditizi e delle imprese di investimento”.

Queste indicazioni, così ampie e generali, non devono poter sfociare in un controllo dell’attività creditizia». Ancora: «L’eventualità che soggetti, partecipi dell’alta funzione parlamentare, ma pur sempre portatori di interessi politici, possano, anche involontariamente, condizionare, direttamente o indirettamente, le banche nell’esercizio del credito, nell’erogazione di finanziamenti, si colloca decisamente al di fuori dei criteri che ispirano le norme della Costituzione». E aggiunge: «Occorre evitare, il rischio che il ruolo della Commissione finisca con il sovrapporsi – quasi che si trattasse di un organismo ad esse sopra ordinato – all’esercizio dei compiti propri di Banca d’Italia, Consob, Ivass, Covip, Banca Centrale Europea. Ciò urterebbe con il loro carattere di Autorità indipendenti, sancito, da norme dell’ordinamento italiano e da disposizioni dell’Unione Europea. Ricordo che né le banche centrali né, tantomeno, la Bce possono sollecitare o accettare istruzioni dai governi o da qualsiasi altro organismo degli Stati membri». Come ulteriore raccomandazione: «l’inchiesta parlamentare non deve influire sul normale corso della giustizia ed è precluso all’organo parlamentare l’accertamento delle modalità di esercizio della funzione giurisdizionale e le relative responsabilità».

In sostanza, Mattarella teme le ‘’indicazioni ampie e generali’’ dei poteri conferiti alla Commissione possano sfociare in un ‘’controllo dell’attività creditizia’’. E, mi permetto di aggiungere, a dar corso ad una sorta di tribunali irrituali che intervengono sull’opinione pubblica anche nei casi in cui la magistratura non ha trovato elementi particolari di responsabilità. Bene.

Ma perché il presidente ha scelto la via della moral suasion, anziché l’esercizio del potere conferitogli dall’articolo 74 della Costituzione? Leggiamolo insieme. Poi cercheremo una spiegazione. “Articolo 74. Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata’’.

Nella storia della Repubblica solo due presidenti si sono avvalsi di questa possibilità: Francesco Cossiga e da ultimo Giorgio Napolitano su alcuni aspetti del c.d. Collegato Lavoro (legge n.183/2010). In quest’ultimo caso – io ero relatore di quel progetto di legge – le indicazioni motivate nel messaggio del presidente furono accolte e portarono ad una rivisitazione della legge che era già stata approvata dal Parlamento, il quale, dunque, (c’era allora una maggioranza di centro destra e un governo Berlusconi) espresse una correttezza istituzionale e si adeguò.

La procedura seguita da Mattarella è diversa ed ha escluso la possibilità di ‘’chiedere una nuova deliberazione’’ che, se accolta ed effettuata, avrebbe eliminato quei passaggi che il capo dello Stato ha giudicato equivoci nella sua lettera. Viene da chiedersi se Sergio Mattarella non temesse la seconda parte della norma: ‘’Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata’’. In altre parole, il governo avrebbe potuto – non tenendo conto del messaggio motivato di cui all’articolo 74 – fare uno sgarbo al presidente ed ottenere da lui, ugualmente, la promulgazione del solito testo. Mettendola invece sul piano politico (con la lettera ai presidenti della Camere delegando loro una funzione di vigilanza lungo i confini dell’indagine) Mattarella spera di avere campo di manovra e di poter intervenire se la Commissione debordasse. Vedremo.

L’obiettivo che la maggioranza si pone con questa legge è chiaro: portare nella “gabbia degli imputati” la Banca d’Italia e, a seguire, tutto il sistema, allo scopo di trasformare gli speculatori in vittime con diritto al risarcimento per la loro dabbenaggine. A parte il caso del Monte dei Paschi (a cui però tutti girano alla larga) gli istituti di credito falliti negli anni scorsi raccoglievano meno dell’1% dei depositi. Ma sarà conveniente sul piano politico seminare zizzania, anche a costo di provocare danni gravissimi.

Salvini lo ha già affermato con la solita brutale franchezza: “Un conto è l’indipendenza, e ci sono questi organismi di controllo che sono indipendenti. Però indipendenza non può essere irresponsabilità: se non fai il mestiere per cui sei pagato, paghi civilmente e penalmente fino in fondo”. In sostanza, la sentenza è già scritta. Al resto penseranno quei ‘’tagliagola’’ che la maggioranza indicherà come componenti della Commissione di indagine.

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