Economia globale e mercati finanziari sono a un punto di svolta segnato dalla fine del ciclo restrittivo delle banche centrali, fonte di grande incertezza e inquietudine.
Dopo mesi di rally pressoché ininterrotto, a Wall Street sono arrivati i dubbi e la cautela, la fiducia dei consumatori è scesa per il secondo mese consecutivo, settembre è stato il peggior mese dell’anno per le azioni, lo S&P 500 è stato spinto all’ingiù di quasi il 5% dai venti contrari dello shutdown, del prezzo del petrolio e dell’incertezza sui tassi.
Nei primi giorni del nuovo trimestre lo shutdown è stato evitato o almeno rimandato, il prezzo del petrolio ha cominciato a scendere, resta l’incertezza sui tassi mentre la curva si sta de-invertendo. La differenza tra il rendimento a due e dieci anni è scesa a meno di trenta punti base, la curva ha attenuato, non eliminato, l’inversione.
La condizione straordinaria dei tassi a zero o negativa è durata talmente a lungo da sembrare la condizione normale, ora è come se il corpaccione del sistema economico stesse risvegliandosi da un lungo sonno e si stirasse i muscoli intorpiditi.
Uno “stiracchiamento” che nella realtà significa volatilità, incertezza e dolore vero per gli obbligazionisti, i 30 punti base di rendimento guadagnati in settembre dal trentennale americano corrispondono a una perdita sul prezzo del 3%. Nel movimento dei prezzi delle obbligazioni non ci sono solo le aspettative su tassi e inflazione: hanno influito anche le vendite cinesi, spiegabili con le condizioni finanziarie interne e con il confronto muscolare con gli Stati Uniti; secondo il Tesoro americano il debito detenuto dalla Cina è passato da 939 miliardi di dollari del 2022 a 821 miliardi.
Venerdì 6 ottobre, il dato sull’occupazione negli Stati Uniti ha superato le aspettative, in settembre sono stati creati 336.000 nuovi posti di lavoro. La reazione immediata è stata da manuale, la paura che un mercato del lavoro robusto possa mantenere una pressione al rialzo sull’inflazione, che a sua volta potrebbe spingere la Federal Reserve a mantenere i tassi di interesse alti per più tempo ha fatto impennare i rendimenti.
Nel corso della giornata è emersa però una sfumatura sul rapporto del lavoro sorprendentemente forte: la crescita dei salari medi è stata la più lenta dal giugno 2021, un fattore che potrebbe frenare le aziende nell’adeguamento dei listini e potrebbe frenare anche la Fed: l’aumento dei rendimenti è di per sé un fattore di inasprimento delle condizioni finanziarie, la banca centrale potrebbe decidere di saltare il turno anche nella riunione di novembre.
Wall Street ha annullato le perdite ed ha guadagnato oltre l’1%, il rendimento del titolo a due anni, più sensibile alle azioni della Fed, ha recuperato rapidamente le perdite.
I rendimenti sono alimentati anche dai deficit di bilancio delle maggiori economie occidentali, costrette a compensare minori entrate fiscali con l’aumento delle emissioni di titoli. Nel corso del 2023 il governo americano ha incrementato le aste dei Treasury, una tendenza che riguarda anche i governi europei. L’uscita dal denaro facile, con le banche centrali che alzano i tassi e non assorbono più le emissioni di debito pubblico, mette i governi di fronte al maggior costo di debiti a loro volta dilatati, li costringerà a una sorta di competizione per attirare sottoscrittori.
Il mese di settembre è stato un richiamo alla realtà, ha ricordato a tutti come la resistenza del mercato possa essere messa alla prova in qualsiasi momento.
L’uscita dal Quantitative Easing non sarà un pranzo di gala, le condizioni finanziarie rimarranno volatili, l’incertezza continuerà a essere la caratteristica distintiva del prossimo futuro.
La settimana in corso è impegnativa, verranno pubblicati i dati dell’inflazione negli Stati Uniti e in Cina, il sentiment dei consumatori americani, i verbali della Federal Reserve. Ma lo scenario si complica con la trepidazione per quanto sta accadendo in Medio Oriente, gli analisti si stanno interrogando sulle conseguenze di quanto sta succedendo in Medio Oriente, a cominciare dal prezzo del greggio.
La più ampia diversificazione dei portafogli e l’adozione di strategie di investimento attive, prudenti e flessibili restano i migliori antidoti all’incertezza.
Attive perché la concentrazione delle performance nel settore tecnologico esige un supplemento di valutazioni critiche, prudenti perché la gran parte degli strumenti finanziari sono sensibili al movimento dei tassi, flessibili perché scenari dominati dalle vicende geopolitiche esigono elevata capacità adattiva.