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Pensioni

Tutte le magagne delle pensioni gialloverdi

L'analisi dell'editorialista Giuliano Cazzola

Ho sempre ritenuto più onesta la linea di condotta di un tribunale rivoluzionario che fa eseguire le sentenze dai plotoni di esecuzione su persone responsabili soltanto di appartenere ad un’altra classe sociale, a una diversa etnia, a un’altra religione o ideologia politica. Almeno i condannati sanno perché dovranno morire.

CHE COSA SUCCEDERA’ ALLE PENSIONI

Ancorché spietate, sono quelle le regole del gioco. Considero molto più ingiusto restare vittima di una sanzione ingiusta, nel contesto di un sedicente Stato di diritto, derivante da un’applicazione settaria e strumentale di una norma apparentemente legittima. Certo, tra i due casi c’è una differenza non da poco: il plotone di esecuzione ti fa la pelle; l’abuso della giurisdizione o di un processo decisionale deviato al massimo ti ospita nelle patrie galere o ti mette alla gogna o si limita a colpirti nel portafoglio.

LA QUESTIONE DEI VITALIZI

Fra la Parigi della Notte di San Bartolomeo e la Milano di Tangentopoli, tutti sceglierebbero la seconda. Anche se la caccia all’uomo esercitata in quelle due circostanze presentava tratti simili. Pure la telenovela dei vitalizi degli ex parlamentari mette in mostra progetti di risentimento e di vendetta nei confronti di una ex classe dirigente a cui si attribuiscono – a torto come a ragione – gravissime responsabilità, ma che, tutto sommato, condivide la colpa delle generazioni a cui appartiene: le stesse che sono riuscite, anche in altri campi, ad approfittare di un periodo della storia recente in cui tutto sembrava essere possibile e nulla negato, nell’ambito di una crescita che si riteneva continua e progressiva.

LE PAROLE DI BOERI DELL’INPS

Ma se questo è il problema, se ”deve scorrere il sangue” (per fortuna in dose compatibile con la sopravvivenza in buona salute), lo si faccia e basta. Perché scomodare l’equità o inventarsi marchingegni contabili infondati oppure algoritmi fasulli? A un’operazione siffatta – dispiace dirlo – ha fornito un assist formidabile il presidente dell’Inps Tito Boeri nella recente audizione presso la Presidenza del Senato.

DOSSIER INPS

Per quanto grandi e importanti siano il prestigio e la competenza di Boeri e l’autorevolezza dell’Istituto che rappresenta, alcune delle affermazioni contenute nella relazione svolta o sono reticenti o, più semplicemente, non sono vere. Cominciamo dalle prime.

LA QUESTIONE DEL RICALCOLO

Secondo Boeri è consentito all’Ufficio di Presidenza di una Camera di deliberare, in regime di autodichia, sulla situazione patrimoniale di privati cittadini (questo – non altro – sono oggi gli ex parlamentari e soprattutto i loro eventuali superstiti)? Oppure vogliamo applicare i principi del diritto canonico (sacerdos in aeternum) anche a chi ha fatto parte soltanto per un periodo della propria vita del Parlamento? Beh! Altro che casta, allora.

Passiamo agli aspetti che non rispondono a verità. Per quanto riguarda i criteri seguiti per il ricalcolo, Boeri ha dichiarato:

”In conclusione ci sembra che la metodologia adottata rappresenti la migliore applicazione possibile, alla luce delle informazioni disponibili, delle regole contributive introdotte nel nostro ordinamento pensionistico a metà degli anni ’90 e destinate ad essere applicate a tutti gli altri contribuenti italiani’.

Bene. Facciamo un passo indietro e spieghiamo come viene calcolato, nella fatwa di Fico, il montante contributivo derivante dalla trasformazione degli elementi costitutivi del vitalizio (ricordiamolo: abolito pro rata dal 2012). Si prende l’indennità vigente alla cessazione del mandato e, alla maturazione degli altri requisiti, si calcola su di essa il 33% (con attribuzione delle dovute ripartizioni) e si procede alle rivalutazioni previste: l’ammontare ricavato viene moltiplicato per i coefficienti di trasformazione (creati in vitro) e per gli anni di esercizio del mandato.

IL MONTANTE CONTRIBUTIVO

Come è evidente si tratta di un montante contributivo solo virtuale, non è affatto la somma dei contributi versati. Tale metodologia – che richiama in un certo senso la disciplina dell’indennità di anzianità prima della riforma del tfr – è certamente dettata dalla impossibilità di reperire dati reali, ma non corrisponde affatto alle ‘‘regole contributive introdotte nel nostro ordinamento pensionistico a metà degli anni ’90”.

IL PROCEDIMENTO

Si tratta pertanto di un procedimento limitato ad alcune migliaia di cittadini italiani e applicato soltanto a loro, in nome di un principio insussistente di eguaglianza, dal momento che, almeno per ora, nessun cittadino italiano è stato sottoposto, obbligatoriamente, a un’operazione siffatta. Tale argomentazione critica si collega a un’altra, altrettanto non corrispondente alla realtà.

‘Seppure il sistema contributivo sia stato introdotto nel sistema previdenziale italiano a partire dal 1996, la sua metodologia di applicazione – ha aggiunto il presidente dell’Istituto – ha carattere di generalità e la limitazione della disponibilità dei coefficienti di trasformazione per i periodi e per le età ad oggi non disponibili, può essere ovviata attraverso l’utilizzo di basi tecniche riferite alle diverse epoche”.

Dove sta il carattere di generalità dei trattamenti liquidati col sistema contributivo? Il 96% dei trattamenti vigenti è stato erogato sulla base del metodo retributivo e in piccola parte del misto. Le prime pensioni di conio unicamente contributivo ci saranno intorno al 2035 e solo trent’anni dopo i trattamenti saranno interamente regolati da quanto introdotto dalla riforma Dini. Per ora interamente calcolate con il metodo contributivo, anche per i periodi pregressi, sono state solo le prestazioni riferite alla c.d. opzione donna e, per un certo periodo, quelle derivanti da misure di totalizzazione.

LE SCELTE

Ma si è trattato, sempre e comunque, di scelte volontarie compiute dagli interessati, non modifiche forzate, apportate ora per allora. Questa è la verità. Ma si proceda pure come si è deciso. George Danton affermava che gli esseri umani dispongono soltanto dei diritti che sono capaci di difendere. E la politica si è arresa da tempo alla demagogia. Se mai siano esistiti, non vi sono più diritti acquisiti. Anzi gli ex parlamentari devono ringraziare di non essere prelevati a casa e portati in giro dalle guardie giallo-verdi, come ai tempi della famigerata Rivoluzione culturale cinese.

Ma non si venga a raccontare che è pressante l’esigenza di trattarli alla stregua di tutti i cittadini, quando, in sostanza, si crea un regime pensionistico speciale (e punitivo) solo per loro.

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