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Perché Calderone traccheggia sulla rete di inclusione?

Per comprendere la questione part time, che si intreccia ai grandi temi dell'occupazione e della povertà, è fondamentale avere a disposizione tutti i dati. Il caso della rete di inclusione. L'intervento di Alessandra Servidori

La sentenza della Cassazione  n. 4350 del 19.02.2024 afferma che la continuativa prestazione di un orario corrispondente a quello previsto per il lavoro a tempo pieno determina la trasformazione dell’originario part time in full time per fatti concludenti.

“La preponderante presenza di donne nella scelta per il lavoro a tempo parziale è da collegare al notorio dato sociale del tuttora prevalente loro impiego in ambito familiare e assistenziale, sicché la discriminazione nella progressione economica dei lavoratori part time andrebbe a penalizzare indirettamente proprio quelle donne che già subiscono un condizionamento nell’accesso al mondo del lavoro”, si arriva a forme di  discriminazione multipla.

Sul part time recenti dati Istat denunciano una situazione che va prima di tutto compresa (se pur in parte). È corretto  il fatto che il versamento dei contributi INPS  con un contratto part time sono inferiori e quindi la pensione sarà più bassa , se non fosse che in concreto molti part time a  20 o 24 ore  vengono “dilatati”  e le ore che effettivamente svolgono i dipendenti sono mediamente di più, e le ore in più sono tutte retribuite come orario supplementare? Basta guardarsi la busta paga per sapere la verità e per leggersi se come è la regola: i contributi vengono versati sulla retribuzione effettiva e quindi sull’orario effettivo o no.

Riguardo l’aliquota del computo e il montante contributivo, in quasi tutti i contratti si fa riferimento all’aliquota del 33% da applicare sul montante contributivo, senza specificare il contratto base, in altri si dice che per i lavoratori part time è del 30%, mentre per i full time è del 100%. Se poi analizziamo bene il Rapporto annuale dell’Ispettorato nazionale del lavoro 2023, su dati 2022, alla voce dimissioni (più che mai meno volontarie) con riferimento alla tipologia di orario di lavoro, circa il 65,8% dei provvedimenti di convalida, pari a 40.402, si riferisce a rapporti di lavoro a tempo pieno, a fronte di 20.983 part time che rappresentano il restante 34,2%.

Nello specifico, i provvedimenti riferiti alle donne oltre a rappresentare il 72,8% di tutte le convalide, sono anche il 61,8% dei 40.402 recessi da full time e il 93,9% dei 20.983 recessi da part time. Analizzando invece separatamente le convalide per genere, si evince che il 44,1% di tutte le convalide emesse con riferimento a lavoratrici madri riguardano donne con rapporto di lavoro part time, mentre nel caso dei lavoratori padri tale percentuale si riduce al 7,6%.

Questa sproporzione riflette la configurazione del mercato del lavoro in generale in cui le donne sono oltre il 70% di tutti i lavoratori part time e il 33% degli occupati. Tuttavia, guardando specificatamente al segmento femminile, la prossimità dei due valori (44,1% part time e 55,9% full time) sembra testimoniare una maggiore fragilità del part time femminile in relazione all’ipotesi di recesso dal rapporto di lavoro.

Si tratta, tuttavia, di una fragilità che si sta progressivamente estendendo al mercato del lavoro complessivamente inteso. Se osserviamo le statistiche sui salari per part time 20 ore settimanali in Italia a partire da 20 marzo 2024, il dipendente in questione guadagna 13.265 €; per essere più precisi, la retribuzione è di 1.105 € al mese, 255 € alla settimana o 6,53 € all’ora. Nel dettaglio il mercato del lavoro per questo orario ne ricava valori medi: le tariffe salariali possono variare a seconda del luogo di lavoro. Nel ricavare un salario medio, lo stipendio annuo più basso è 13.199 € e il tasso più alto è 13.265 € (jooble) e ovviamente dipende dal grado di istruzione dall’esperienza e soprattutto dalle competenze specifiche. Competenze, appunto, e non solo genere: ecco perché è corretto convincersi dell’utilità della certificazione delle competenze e non della certificazione di genere di cui ad oggi non abbiamo dati sull’introduzione di questa norma che ha prodotto sicuramente benefici per le aziende e per gli enti e organismi di certificazione ma non un impatto sull’occupazione femminile che continua ad essere un dramma molto italiano.

È sui dati che ci formiamo delle opinioni e avanziamo proposte, e alcuni sono fondamentali ma non vengono né rilasciati (a richiesta) né pubblicati. È il caso dei dati sull’assegno di inclusione che ha sostituito l’assegno di cittadinanza ma non vengono rilasciati da INPS e che servirebbero veramente molto per poter analizzare e concretamente operare sulla povertà relativa o assoluta o ancora non è stata dal ministro Calderone – pur essendoci la legge operante istituita nel 2017 – la rete per l’inclusione, una assemblea istituzionale composta da:

  • 1 componente per ciascuna Regione e Provincia autonoma;
  • 20 componenti designati dall’ANCI in rappresentanza dei Comuni e degli Ambiti metropolitani,
  • 1 rappresentante ministero Economia e finanze
  • 1 rappresentante Ministero istruzione e merito
  • 1 rappresentante ministero Università e ricerca
  • 1 rappresentante ministero della Salute
  • 1 rappresentante ministero Infrastrutture e trasporti;
  • 1 rappresentante ministero Politiche famiglia e pari opportunità
  • 1 rappresentante Dpt per la famiglia Presidenza del Consiglio-Inps invitato permanente.

La Rete è responsabile dell’elaborazione di:

  • Piano sociale nazionale (FNPS);
  • Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà (“Quota Servizi” Fondo Povertà);
  • Piano per la non autosufficienza (FNA) + relative Linee di indirizzo;
  • Esprime il proprio parere sul Piano nazionale per la lotta alla povertà, prima dell’iscrizione all’ordine del giorno per la prevista intesa.

È lecito a questo punto chiedersi perché non è stata istituita? E ovviamente sui provvedimenti intrapresi anche recentemente (vedi ddl anziani) la Rete non ha potuto compiere il suo ruolo ed esprimere il suo giudizio.

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