Poche ore dopo la chiusura delle urne in Pakistan esultava già l’ex primo ministro oggi in cella Imran Khan per l’exploit dei candidati collegati al suo partito. Ma la battaglia per formare un nuovo esecutivo è appena cominciata, e qualunque compagine si imporrà dovrà fare i conti con un mare di guai di natura soprattutto economica e finanziaria. Gli stessi che hanno fatto rischiare a Islamabad il default la scorsa estate prima che intervenisse il soccorso dell’Fmi. Ecco i risultati ancora non certificati delle elezioni di giovedì e i vistosi problemi che attendono al varco il nuovo governo.
Esulta dal carcere Imran Khan.
Mentre procede lo spoglio dei voti delle elezioni di giovedì in Pakistan, i candidati collegati all’ex primo ministro oggi in cella, Imran Khan, risultano in vantaggio e potrebbero strappare la vittoria ai partiti favoriti dai militari.
E, come riporta Al Jazeera, è lo stesso Khan a esultare in un discorso della vittoria generato dall’IA e diffuso su X in cui parla di una “vittoria a valanga” del suo partito Tehrek-e-Insaf malgrado la brutale repressione subita e che è costata la libertà allo stesso Khan.
Un clima pesante che ha costretto quei candidati a presentarsi come indipendenti dopo che le autorità hanno messo fuori legge il loro simbolo, una mazza da cricket, pensato per aiutare gli elettori analfabeti a esprimere senza difficoltà una preferenza.
Risultati provvisori.
I risultati provvisori, riportati in un altro articolo di Al Jazeera, attribuiscono ai candidati appoggiati dal PT 99 dei 266 seggi totali dell’Assemblea Nazionale, seguiti dai 71 della Pakistan Muslim League (PLMN) dell’ex primo ministro Nawaz Sharif – che ha già annunziato l’intenzione di voler formare un governo di coalizione – e dai 53 del Pakistan People’s Party (PPP).
Sharif ha spiegato che intende approcciare quel PPP guidato da Bilawal Bhutto-Zardari che in campagna elettorale ha fatto valere tutto il peso dell’eredità di una madre come Benazir che fu primo ministro tempo fa prima di essere assassinata. Ma Sharif si è detto anche pronto a collaborare con altri partiti per “cambiare” il Pakistan.
Mille sfide all’orizzonte.
Chiunque avrà l’onore di guidare il Paese avrà anche l’onere di affrontare le numerose sfide di natura soprattutto economica elencate da Reuters in un servizio uscito alla vigilia delle elezioni.
L’agenzia di stampa ricorda anzitutto che Islamabad ha evitato il default la scorsa estate solo grazie a un prestito dell’ultimo minuto da tre miliardi di dollari dell’Fmi, il cui indispensabile sostegno finanziario terminerà però ad aprile senza che ci si sia accordati per una sua estensione.
Negoziare in gran fretta un nuovo programma di assistenza è dunque la prima missione cruciale che attende al varco il nuovo esecutivo, che dovrà anche fare i conti però con i costi derivanti dal duro programma di riforme concordato con Washington che sono state attuate in un conteso piagato da un’inflazione record e dalla bassa crescita.
Su i tassi di interesse.
Risale a dieci giorni fa la convocazione della quinta riunione di fila della Banca Centrale che ha deciso di innalzare il tasso di interesse al 22% a causa di un’inflazione che a dicembre, sottolineava Reuters, aveva raggiunto il 29,7%.
La nota di Citi.
“Ci aspettiamo che la più immediata iniziativa politica presa dal nuovo governo sia di negoziare un nuovo programma Fmi, che tipicamente dura tra 3 e 4 anni”, ha scritto in una nota ai clienti riportata da U.S. News & World Report Johanna Chua, global head di Economia dei mercati emergenti di Citi.
Ma il governo che verrà sarà tentato anche di rivolgersi a quella Cina che detiene già il 13% del debito pubblico pakistano e che, insieme ad Emirati Arabi Uniti ed Arabia Saudita, ha erogato vari prestiti negli ultimi tempi.
Pressione sui bond.
Ieri i bond pakistani hanno subito una flessione di 5 cent di dollaro prima di recuperare qualcosa alla fine della giornata. Anche questo, sottolinea lo stesso quotidiano Usa, denota la pressione sui bond e dunque sul Paese alla luce della diffusa preoccupazione che le trattative per la formazione del nuovo governo non vadano subito a buon fine minando ulteriormente la fiducia degli investitori.
Il monito dell’ex ministro.
“Le nostre riserve evaporeranno in poche settimane”, ammonisce a U.S. News & World Report l’ex ministro delle Finanze Afeez Ahmed Pasha che ha ricordato che in cassa restano solo 8 miliardi di dollari sufficienti per coprire l’equivalente di un mese e mezzo di importazioni.
“È molto importante”, conclude l’ex ministro, “che noi abbiamo il cuscino e l’ombrello di un programma Fmi, specialmente prima dell’approvazione del bilancio programmato a luglio”.