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Mutui

Mutui, ecco come è stata cancellata la stangata fiscale sui bancari

Tutti i dettagli su un emendamento al decreto fiscale (anticipi), presentato da Fratelli d’Italia in commissione Bilancio al Senato, che ferma le penalizzazioni tributarie per i bancari. Il ruolo della Fabi.

Stop alle penalizzazioni fiscali per i bancari: risolta definitivamente la questione dei mutui a tasso agevolato concessi dalle banche ai loro dipendenti. L’aumento dei tassi d’interesse aveva fatto scattare una pesantissima mazzata fiscale per circa 70mila addetti degli istituti di credito. Stamattina, dopo mesi di tentativi e negoziati politici, la soluzione ha visto la luce. Grazie a un emendamento al decreto fiscale (anticipi), presentato da Fratelli d’Italia in commissione Bilancio al Senato. La misura cambia alcuni parametri temporali e, di fatto, cancella il rischio di conguagli Irpef assai dolorosi per la categoria.

La norma corretta ieri a palazzo Madama stabiliva che per calcolare l’imponibile si dovesse confrontare l’importo dell’interesse a tasso agevolato con quello calcolato al tasso medio della Bce. E questo per ogni anno in cui era attivo il mutuo. A questo punto la differenza si divideva per due e, se la somma residua supera la soglia non imponibile stabilita dalla legge (258 euro, che diventano 3000 per chi ha figli a carico) si pagava l’Irpef su tutto il valore dell’agevolazione, non solo sull’eccedente.

Una penalizzazione ingiusta ed evidente che, in alcuni casi, ha comportato tagli delle retribuzioni anche in ragione del 70-80% a inizio 2023; qualcuno si è trovato addirittura con l’ultima riga del cedolino a «zero». Tanto che alcuni, a conti fatti, hanno scoperto che gli sarebbe convenuto accendere un mutuo normale, senza agevolazioni. Di qui la necessità di un intervento normativo.

IL RUOLO DELLA FABI

A muoversi per far modificare il quadro regolamentare è stata la Fabi, fresca, peraltro, del successo per il rinnovo del contratto collettivo con Abi e Intesa Sanpaolo che ha portato, tra le tante novità positive, un aumento medio mensile da 435 euro per i 270.000 lavoratori delle banche. Dalla scorsa primavera, la principale organizzazione sindacale del settore bancario ha cominciato a dialogare con tutte le forze politiche per sollecitare una soluzione alla norma sui fringe benefit. Lo ha fatto in prima persona il segretario generale Fabi, Lando Maria Sileoni. E proprio grazie al pressing della Fabi, dunque, sono arrivate prima una serie di interrogazioni e interpellanze sia al Senato sia alla Camera, promosse dal Pd, dai Cinque Stelle, da Forza Italia e da Fratelli d’Italia; poi è arrivata un’importante apertura da parte del sottosegretario al ministero dell’Economia, Sandra Savino.

IL DIALOGO CON ZAFFINI

Tuttavia, il primo tentativo – un emendamento al decreto lavoro di maggio – non è andato in porto. Ma la questione era considerata fondamentale da parte della Fabi, tant’è che lo stesso Sileoni l’ha messa al centro del tavolo negoziale per il rinnovo contrattuale. Poche settimane fa si è aperto un altro spiraglio e la Fabi ha trovato nel senatore Francesco Zaffini una sponda importante in Parlamento. Tant’è che all’esponente di Fratelli d’Italia oggi sono arrivati i ringraziamenti a mezzo stampa del segretario generale della Fabi: «Ringrazio tutte le forze politiche presenti in Parlamento per la sensibilità dimostrata nell’affrontare e seguire questa vicenda. Rivolgo un particolare ringraziamento al senatore Francesco Zaffini, presidente della Commissione lavoro del Senato, che è stato l’artefice di questo successo consentendo di superare ostacoli sia di natura tecnica sia di natura politica. Questa misura cancella una ingiusta penalizzazione per le lavoratrici e per i lavoratori bancari ristabilendo un principio di equità fiscale e di capacità contributiva».

DA MUTUI A TASSO FISSO A MUTUI A TASSO VARIABILE?

Secondo la Fabi la vecchia norma sui fringe benefit produceva un’altra stortura: quella di trasformare, di fatto, un mutuo a tasso fisso in variabile. Questo è l’effetto che produce il ricalcolo annuo dell’imponibile: il tasso d’interesse rimane lo stesso, ma in dichiarazione si vanno a pagare importi sempre diversi, e imprevedibili da un anno all’altro. “Un fattore che avrebbe reso impossibile qualsiasi pianificazione familiare, perché chi stipula ad esempio un mutuo trentennale non ha idea di quanto gli costerà in termini di tasse negli anni a venire» dicono dalla Fabi.

Le pressioni del più grande sindacato dei bancari hanno portato ottimi risultati. «L’emendamento sottoposto e oggi approvato in Commissione Bilancio, a mia prima firma modifica questa normativa considerando l’attuale e futura dinamica dei tassi Bce e andrà a porre finalmente rimedio ad un evidente e pesante ingiustizia nei confronti dei dipendenti bancari» ha detto ieri Zaffini. È stato merito suo, e degli esperti della Fabi, se in queste ultime settimane sono stati perfettamente riannodati tutti i fili della vicenda. Andavano superati ostacoli di natura politica e alcuni tecnici. Tutto è andato a buon fine. Anche la retroattività della norma è stata approvata: questo vuol dire che per il 2023 non ci saranno penalizzazioni fiscali e, qualora le banche avessero già cominciato a trattenere ratei di trattenute Irpef, dovranno restituirle ai loro dipendenti.

Al via libera di oggi seguirà l’ok dell’aula di Palazzo Madama e poi quello della Camera dei deputati. A questo punto, solo formalità.

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