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Caltagirone Messaggero

Vi racconto le amorevolezze del Messaggero per Caltagirone su Generali

La diatriba fra soci di Assicurazioni Generali tra finanza, politica ed editoria. Il commento di Salvatore Bragantini per il quotidiano Domani

 

«Il parlamento accende un faro sulla partita Generali, multinazionale italiana con un potenziale non adeguatamente espresso, un tempo snodo cruciale di un capitalismo di relazione che Mediobanca non ha saputo innovare come invece avrebbe potuto». Munita di tale allure storicizzante, l’oggettiva nota de Il Messaggero, quotidiano edito da Caltagirone Editore, informa che Donnet è stato convocato per il 5 Aprile dalla Commissione parlamentare sul settore bancario e finanziario, presieduta da Carla Ruocco, M5s.

La chiara necessità di battere in breccia la concorrenza deve aver indotto il Messaggero a scordare di far capo, tramite Caltagirone Editore, allo stesso Caltagirone che vuol cacciare Donnet; non è un omonimo.

Il distacco del quotidiano dai temi che toccano l’editore ha spazi di miglioramento, così come l’attenzione della presidente Ruocco ai profili istituzionali.

Il destino della compagnia triestina ha grande interesse per l’Italia, ma Ruocco va ben oltre, scendendo in campo; non da arbitro, che pure non va, ma quasi da giocatrice, rischia di sembrare la dodicesima ma di una squadra.

Qui ci aiuta il premuroso Messaggero, per il quale Ruocco, premessa l’opportunità di approfondire «le recenti dinamiche di governance e azionarie», chiede (o intima) a Donnet di riferire sulle attività sfociate nella presentazione della lista del CdA uscente.

Ruocco stranamente non punta la lente sul famigerato “prestito titoli” sul 4 per cento di Generali, che ha rafforzato a base di steroidi la posizione di Mediobanca, elevandola al 17 per cento; certo, in questa contesa, tutti ricorrono a piccole astuzie per anabolizzare i muscoli.

Se Ruocco volesse davvero esplorare temi nuovi, di propria competenza, guardi alla concorrenza nel settore finanziario, specie alle commissioni incassate dalle banche sulla vendita di prodotti propri, nonché agli stratosferici ricavi percepiti nel private banking & wealth management. Sono cifre spiegabili solo con scarsa concorrenza, collusioni, o cartelli più o meno formalizzati.

Se una Commissione parlamentare invade leggermente ambiti cui è estranea, cosa accadrà per decisioni su cui il governo ha diretta responsabilità? Ad esempio sulle nomine nelle imprese pubbliche, avvicinandosi la stagione delle assemblee.

Come ha qui scritto Alessandro Penati, partiti e governi si sono sempre concentrati sul “risiko” delle nomine, senza dare indirizzi al Cda, né chieder conto del modo in cui ha adempiuto al mandato.

(Estratto di un articolo pubblicato su Domani quotidiano, qui la versione integrale)

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