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Berlusconi Romiti

Vi svelo la censura di Berlusconi e Romiti

Berlusconi e Romiti furono così offesi dal libro "Capitani di sventura" di Marco Borsa da chiederne il ritiro dalle librerie. Il ricordo di Fulvio Coltorti, già direttore dell'area studi di Mediobanca

 

Marco Borsa (1943-1994), un grande giornalista autore di un libro molto scomodo per i grandi capitalisti italiani.

Scrisse, con Luca De Biase, un libro molto bello intitolandolo Capitani di sventura. Fu pubblicato nel 1992 dalla Mondadori della quale era direttore editoriale Gian Arturo Ferrari, personaggio di assai alto profilo che ha passato la sua vita sui libri, sia da docente universitario che da alto dirigente di varie case editrici (Mondadori, Rizzoli, Boringhieri). Coltiva tuttora questa passione scrivendo e pubblicando libri magnifici. L’ultimo è Storia confidenziale dell’editoria italiana, edito sul finire dello scorso anno da Marsilio nella collana romanzi e racconti.

Alle pagg. 228-230 rivela un fatto indicativo di questo nostro capitalismo. Il sottotitolo del libro di Borsa era Agnelli, De Benedetti, Romiti, Ferruzzi, Gardini, Pirelli: perché rischiano di farci perdere la sfida degli anni ’90. Prima edizione ottobre 1992. Marco Borsa si consultò frequentemente con me nel corso della stesura del libro e io trovai sempre pertinenti le sue analisi.

Il succo della critica: “La grande impresa italiana è in crisi non tanto perché è intrinsecamente debole, ma perché è mal gestita e lo è perché è governata da proprietà familiari di tipo feudale che hanno costruito un potere oligarchico, finanziario e speculativo, capace di subordinare agli interessi personali dei membri di questa oligarchia qualunque altro interesse aziendale o generale” (p. 215).

I protagonisti del libro, gli “sventurati”, si offesero a tal punto da pretendere da Berlusconi (controllante della Mondadori) il ritiro del libro! Sicché, scrive Ferrari, “mi telefona alle 7 di mattina, furibondo perché a un’assemblea di Confindustria Romiti [Cesare] lo ha aggredito… Berlusconi mi ingiunge di ritirare il libro, l’ha promesso a Romiti”: ma ciò non era possibile perché i librai erano proprietari delle copie acquistate e allora “ripiega sul divieto, assoluto, di ristamparlo”.

Ferrari non racconta come fecero a ritirare le copie già distribuite alle librerie; molti testimoni mi hanno riferito di funzionari che entravano in tutte le librerie interessate comperando tutte le copie esistenti. Chissà che fine hanno fatto… probabilmente (penso io) in una fonderia piemontese. Tuttavia il Ferrari fece ristampare il libro, con basse tirature “due, tre volte senza scriverci sopra seconda edizione o terza edizione.

Rivedo Berlusconi quando viene in visita a Segrate per gli auguri di Natale. Mi guarda fisso e con un accenno di sorriso dice: “Quel libro… non l’avete più ristampato, vero?”. “Assolutamente no”, dico guardandolo anch’io negli occhi. “Bene bene”, conclude, “è così che bisogna fare”.

Questa è la classe dirigente che ha portato al declino delle nostre grandi imprese private e questo atteggiamento insofferente ad ogni critica spiega il perché in Italia le uniche società di grande dimensione siano rimaste quelle di proprietà statale; le altre sono state vendute al miglior offerente (sempre estero) oppure sono espatriate in cerca di vantaggi fiscali e di più lasco governo societario.

Sono passi di un romanzo? Purtroppo no!

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