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Manovra

Il governo succhia 6 miliardi a banche, assicurazioni e imprese. Report Confindustria

Il reporto Congiuntura Flash del centro studi di Confindustria diretto da Andrea Montanino

Imprese non finanziarie, banche e assicurazioni sono contributrici nette della manovra: per il 2019 il totale degli interventi previsti toglierà risorse alle aziende per oltre 6 miliardi di euro. Ciò penalizza la competitività e rischia di frenare la crescita, già in evidente rallentamento, rendendo ancor più complesso raggiungere l’ambizioso obiettivo di espansione del Pil nel 2019 indicato dal Governo.

I principali interventi sulle imprese sono: l’abolizione dell’Aiuto alla crescita economica (ACE) e dell’imposta sul reddito imprenditoriale (IRI), a favore del nuovo regime impositivo IRES, che prevede la riduzione dell’aliquota al 15 per cento per la quota di utili reinvestita in beni strumentali e in nuove assunzioni. Il combinato di questi interventi porterà a un aumento della tassazione sulle imprese per 2,2 miliardi nel 2019 e 1,7 miliardi nel
2020. Inoltre, la nuova misura ha obiettivi diversi rispetto a quelle abrogate.

L’ACE, infatti, era diretta a sostenere la patrimonializzazione delle imprese e stava registrando buoni risultati. La mini-IRES suscita perplessità in quanto, oltre ad agevolare solo le imprese che hanno maggiori margini di profitto, presenta anche numerose criticità operative che rischiano di aumentare l’incertezza del già complesso sistema fiscale italiano.

Alcune delle misure per Industria 4.0 sono prorogate, ma con importanti limitazioni: le risorse destinate a queste misure sono inferiori rispetto al passato. Non sono oggetto di proroga il super ammortamento e il credito d’imposta formazione 4.0, mentre per l’iper-ammortamento vengono stanziati circa 1,1 miliardi per il biennio 2020-2021, laddove la manovra dell’anno scorso aveva previsto, per il 2019-2020, circa 2,6 miliardi per la proroga di iper e super-ammortamento. In particolare, cambia il valore delle aliquote per l’iper-ammortamento e si introduce una differenziazione dell’agevolazione inversamente proporzionale al volume degli investimenti effettuati. Si apportano consistenti modifiche in senso peggiorativo alla disciplina del credito d’imposta per ricerca e sviluppo, dimezzando l’aliquota (dal 50 per cento degli investimenti incrementali rispetto al triennio 2012-2014, al 25 per cento). Resta al 50 per cento per gli investimenti relativi a personale dipendente, a lavoratori autonomi contrattualizzati dall’impresa e a contratti con università ed enti di ricerca. Manca, inoltre, la stabilizzazione del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno che aveva registrato ottimi risultati, con quasi 6,5 miliardi di investimenti prenotati.

Positiva la proroga degli eco-bonus: saranno valide anche per il 2019 le detrazioni fiscali per le famiglie per gli interventi di efficientamento energetico, ristrutturazione edilizia e acquisto di mobili (cruciali per sostenere il settore dell’edilizia), oltre a quelle per interventi di “sistemazione a verde” e per la realizzazione di coperture e giardini pensili. Positiva è anche l’introduzione di un voucher, rivolto alle PMI, per l’assunzione di temporary manager per l’innovazione dei processi tecnologici e organizzativi. Inoltre, è da considerarsi favorevole l’ampliamento delle risorse destinate alla Nuova Sabatini (48 milioni di euro per il 2019 e 96 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023) e al Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti (90 milioni di euro per il 2019 e 20 milioni di euro per il 2020).

Da valutare gli interventi sulle banche: una parte considerevole delle coperture previste nella manovra viene da misure sulle banche (3,5 miliardi). In particolare, la modifica dell’iscrizione delle perdite e delle svalutazioni crediti, l’applicazione dei nuovi principi contabili IFRS9 e il differimento della deducibilità delle quote di ammortamento del valore dell’avviamento e di altri beni immateriali. Se si considera anche la modifica agli acconti dell’imposta sulle assicurazioni, il Governo prevede maggiori entrate per circa 4,3 miliardi. Tali interventi, insieme ai tassi di rendimento sui titoli di Stato in aumento, che si trasformano in un aumento del costo della raccolta bancaria, e al rischio di ulteriori downgrade per l’Italia, potrebbero far crescere il costo e ridurre l’offerta di credito, con effetti negativi sulla crescita del PIL.

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