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Monti

Lo strabismo tafazziano di Mario Monti

Sulfureo editoriale di Mario Monti sul Corriere della sera. Il corsivo di Liturri

Oggi sulle colonne del Corriere della sera il senatore a vita Mario Monti se la canta e se la suona, sia per sé che per il governo a cui impartisce lezioni di “buon comportamento” per la prossima legge di bilancio.

Pare quasi di vederlo, con la bacchetta in mano, che dirige gli orchestrali e li redarguisce al primo errore.

Ma – a nostro sommesso parere – partendo da scenari che esistono solo nella sua mente, approda a conclusioni e prescrizioni che somigliano tanto a quelle che, sotto il suo governo, portarono a una delle recessioni più gravi degli ultimi decenni.

Monti invoca un “cambio d’abito” perché non possiamo ripresentarci a Bruxelles con una legge di bilancio piena di “pezze sul sedere” (cioè gli “eccessi di disavanzo e di debito”).

E quale sarebbe l’abito nuovo? Anziché lamentarsi del “vincolo esterno”, faremmo bene ad adottare “una lettura differente, più in linea con l’orgoglio nazionale”. Sarà il “vincolo interno” il nuovo sol dell’avvenire che ci guiderà e ci porterà in Europa a testa alta. Si tratta di “gestire, in modo moderno, anche keynesiano quando occorre, la nostra politica economica”.

“In che senso?” A questo punto avrebbe chiesto il mitico Carlo Verdone di “Un sacco bello”. Significa forse che se da Bruxelles ci chiedono di tirare la cinghia, noi ci dobbiamo presentare con la cinghia già bella stretta, magari un buco in più del necessario, fino a toglierci il fiato? È questo il “serio realismo” e la “visione più moderna” che chiede? Quali sono le “politiche di bilancio che rendono l’Italia adulta nel concerto europeo”? Quelle adottate dal suo governo nel 2011, che hanno piombato il Paese per tutto il decennio successivo? O significa ignorare il vincolo esterno ed essere “moderni e keynesiani” a nostra discrezione? Vuole forse dirci che il Patto di Stabilità non sta né in cielo né in terra? In quest’ultimo caso, mandiamo lui a Bruxelles per dichiarare la nostra sopravvenuta “modernità”?

Vorremmo rassicurare Monti che lo scenario da assalto alla diligenza del bilancio pubblico che egli prefigura e teme e da cui vorrebbe tenerci lontano, è roba ormai consegnata alla storia.

Non crediamo ci sia bisogno delle sue pagelle secondo cui Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti sono “buoni”, Matteo Salvini un “irresponsabile” e Antonio Tajani un politico di “statura europea”.

Il realismo che invoca è nei fatti sin dal primo giorno di vita di questo governo. Anzi, ce n’è stato fin troppo. Se per realismo Monti intende, come sospettiamo, l’essere proni a politiche di bilancio improntate alla famosa “austerità espansiva”. Basta non leggere le cronache del salottino politico riportate da quotidiani schierati e attenersi alla lettura degli atti parlamentari e della Gazzetta Ufficiale. Tutto il resto è cabaret.

Non ci pare che la “politica di bilancio del pasto gratis” sia un tratto caratterizzante di questo governo. Quest’anno, come in passato, si tratterà di articolare interventi su spese e entrate, entro un vincolo di saldo complessivo, in modo da generare il massimo impatto possibile sulla crescita e sull’occupazione del Paese.

L’unico suggerimento da dare al governo è quello di mettere in discussione un sistema di vincoli europei già bocciato dalla storia economica da almeno cento anni a questa parte.

Questo significa che si può spendere senza limiti? Niente affatto. Esistono tanti motivi per considerare improponibile una politica di bilancio senza freni, nessuno dei quali è tra quelli menzionati da Monti.

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