Nell’elaborazione in corso della legge di bilancio 2024 si vocifera di una rimodulazione, per il 2024, del meccanismo di perequazione delle pensioni in atto all’inflazione oggi in vigore ( che si muove, secondo i dati ISTAT, in un range tra il 5,5 e 6% provvisorio nel 2023), che assicurerebbe la piena rivalutazione (100%) solo ai trattamenti fino a 4 volte il minimo INPS, con un incremento dall’85% al 90% per gli assegni da 4 a 5 volte il minimo, mentre la perequazione dei trattamenti oltre 10 volte il minimo sarebbe ulteriormente abbattuta (rispetto al 32% della legge 197/2022) sotto il 30% o addirittura azzerata.
Poiché al male non c’è mai limite ragionevole, occorre chiarire subito alcune verità.
- Dal 2008 al 2024 per 14 anni i meccanismi di perequazione delle pensioni sono stati abbattuti o azzerati, rispetto agli standard della legge 388/2000, in spregio alle argomentazioni della Corte costituzionale, secondo la quale la reiterazione di provvedimenti di abbattimento o azzeramento della indicizzazione delle pensioni non avrebbe adeguatamente tutelato dagli insulti inflattivi anche le pensioni di maggiore importo.
- Inoltre i meccanismi di indicizzazione sono nettamente peggiorati dal Governo Letta (L.147/2013) in poi, con l’unica eccezione del Governi Draghi (L.234/2021 per il 2022).Infatti la rivalutazione è stata correlata all’importo complessivo del trattamento pensionistico, e con una unica percentuale sempre decrescente al crescere della misura complessiva della pensione, per finire nel 2023 con la rivalutazione del 32% per gli importi oltre 10 volte il minimo INPS ( rispetto al + 7,3% provvisorio e al + 8,1% definitivo accertato dall’Istat). In precedenza, invece, la rivalutazione avveniva “a scaglioni”, per cui almeno una quota della pensione (fino a 3-4 volte il minimo INPS) veniva rivalutata al 100% dell’indice Istat, una quota (da 3-4 volte a 5 volte il minimo) al 90% e per la restante quota al 75%. In questo modo la rivalutazione media si aggirava (a seconda dell’importo complessivo della misura della pensione) attorno all’82-85% dell’indice ufficiale di svalutazione, anziché all’attuale 32% complessivo
( in concreto + 2,336 % rispetto al + 7,300%).
- Quale criterio politico può avere allora suggerito al legislatore della legge Meloni (L.197/2022) il ripristino (dopo un solo anno dal recupero, da parte del Governo Draghi, del miglior criterio di indicizzazione “a scaglioni”) del ben più penalizzante criterio della legge Letta anzidetta proprio in coincidenza di una svalutazione 2022 (+ 7,3 provvisorio e + 8,1% definitivo) 4 volte superiore alla svalutazione 2021 (+ 1,7 % provvisorio e + 1,9% definitivo), se non quello, lungi dal difendere le pensioni medio-alte dagli insulti inflattivi, di imporre su di esse un prelievo improprio ,se non vogliamo chiamarlo tassazione di fatto?
COSA PREVEDE LA LEGGE DI BILANCIO SUL PRELIEVO TRIBUTARIO LEGITTIMO
Del prelievo tributario legittimo, infatti, non possiede né i requisiti della universalità del prelievo né la proporzionalità dello stesso (art. 53 della Costituzione), anzi si procede secondo il criterio del tutto o del nulla, si regalano incrementi a chi non ha avuto adeguate basi contributive previdenziali, o si concedono “scivoli” pensionistici o deroghe normative, mentre contestualmente si negano con disinvoltura diritti veri, acquisiti, consolidati, sudati, pagati, introducendo una patrimoniale, solo per alcuni, sulle pensioni in godimento.
- Si noti, peraltro, come tutti gli interventi, anche solo di un anno, sulla mancata o ridotta indicizzazione, abbiano carattere permanente ed ingravescente sulla misura della pensione dell’avente diritto, fino alla morte del pensionato. Infatti l’importo non rivalutato non può rappresentare la base per i futuri incrementi.
- Infine, che senso e legittimità può avere infierire con un prelievo aggiuntivo (solo a danno dei pensionati con pensioni medio-alte), per tentare invano di risanare il bilancio della Stato, su una categoria fiscale come la nostra (mediamente oltre 55.000 € lordi/anno di reddito), che rappresenta quasi il 5% di tutti i contribuenti italiani, ma sostiene già quasi il 40% del gettito IRPEF totale? Si giunge addirittura a prospettare, nell’ambito della ventilata riduzione da 4 a 3 aliquote IRPEF, il ridicolo, cioè tagliare di 260 €/anno le detrazioni fiscali che saranno ancora consentite per i redditi oltre 50.000 € lordi/anno per azzerare il teorico beneficio, per tale categoria fiscale, della riduzione a 3 delle aliquote IRPEF anzidette ( 23% fino a 28.000 €; 35% da 000 a 50.000 €; 43% oltre 50.000 €), senza considerare qui che, nell’ambito della delega fiscale, le cosiddette tax expenditures subiranno anch’esse una consistente sforbiciata.
LA POSIZIONE DI CONFEDIR E FEDER.S.P.eV.
Quanto sopra premesso e considerato, visto che siamo anziani, ma non stupidi e quindi capaci di giudicare ed argomentare, sia chiaro:
- che non siamo più disposti al ruolo “dell’asino bastonato che continua a tirare il carretto”. Come CONFEDIR, FEDER.S.P.eV. e APS Leonida abbiamo, infatti, già reagito, anche a livello legale in ambito nazionale ed europeo, a tutela delle nostre pensioni e dei nostri pensionati così grossolanamente penalizzati, da ultimo dalla legge 197/2022 , ed ancora reagiremo contro ogni nuovo e malaugurato accanimento, nella certezza che i valori ed i principi costituzionali vigenti siano ancora, come sono stati, pesantemente calpestati, nella speranza, tuttavia, che la Corte costituzionale non si limiti più ad ammonire su ciò che “non va fatto”, ma abbia l’onestà di sanzionare il “mal fatto”, anche nell’ambito delle pensioni di reversibilità;
- che è urgente separare nettamente la spesa previdenziale “vera” (quella cioè sostenuta esclusivamente dai contributi del lavoratore e del datore di lavoro) dalla spesa previdenziale che “dovrebbe” essere sostenuta esclusivamente dalla fiscalità generale. Nell’attuale caos,infatti,la discrezionalità politica genera solo abusi;
- ricordiamo infine alla Maggioranza tutta che il consenso, come il valore della moneta, è volatile, basta rammentare il percorso elettorale a ritroso di Berlusconi, come di Renzi, del duo Grillo-Conte, di Salvini, Letta, ecc.
Procedendo con questo andazzo, ricalcando gli errori del Centro-sinistra, chi avrà la “faccia” di chiedere ancora il voto al ceto medio ed alle categorie dirigenziali nella prossima consultazione europea, nazionale o locale?
Sempre disponibile ad ogni opportuno chiarimento, confronto, approfondimento, auguro buon ed onesto lavoro, in un momento certo non facile per il nostro Paese, l’Europa, il Mondo intero.
Prof. Michele Poerio
Segretario generale CONFEDIR
Presidente Nazionale FEDER.S.P.eV.