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Landini

L’economia italiana, i venti favorevoli e le preoccupazioni latenti

Le luci e le ombre congiunturali sull’economia italiana secondo l'ultimo rapporto del centro studi di Confindustria. L’approfondimento di Giuliano Cazzola 

Le valutazioni di sintesi sono  rassicuranti. ‘’Venti favorevoli sulla rotta dell’economia italiana nella prima parte del 2023’’: è questo l’incipit del monitoraggio congiunturale periodico curato dal Centro Studi di  viale Dell’Astronomia (CSC). Andando avanti nella lettura del flash si ha l’impressione che i venti non siano poi tanto favorevoli. Si affacciano infatti non poche preoccupazioni.  Anche da questa fonte viene confermato che il PIL è andato meglio del previsto a inizio anno, che l’inflazione è in lento calo sebbene tuttora elevata, i tassi di interesse sono alti e in salita. La dinamica dell’industria è positiva solo grazie al trascinamento da fine 2022, mentre i servizi e il turismo sono in forte espansione. Gli investimenti fissi in Italia sono frenati soprattutto dalla carenza di risorse delle imprese e dai tassi elevati per il credito. I consumi sono penalizzati dal precedente balzo dei prezzi, mentre continua a crescere l’export. L’Eurozona è in rallentamento, gli USA meno brillanti, frena di nuovo la Cina, ma accelera l’India.

Come  già anticipato,  ne prosegue il calo, ma l’inflazione italiana resta elevata (+7,6% annuo a marzo, +11,8% a ottobre). La variazione dei prezzi energetici (+10,8%) è ora più bassa di quella degli alimentari (+12,9%). Infatti, le materie prime con i maggiori rincari sono quelle alimentari: a marzo restano al +55% rispetto al 2019, mentre il prezzo del gas è relativamente basso (43 euro/mwh in aprile) e quello del petrolio sale poco (86 dollari al barile). La dinamica dei prezzi al consumo al netto di tali due componenti è elevata (+4,8%), per la trasmissione dei rincari dell’energia anche agli altri beni e servizi.

Il costo del credito per le imprese italiane è salito a 3,55% a febbraio (da 1,18% a fine 2021) e a marzo la quota di imprese industriali che ottiene credito solo a condizioni più onerose è al 44,3% (da 7,3%). La stretta segue il rialzo dei tassi di riferimento: quello BCE è arrivato al 3,50% a marzo (da zero) e secondo i future ci sarà un ultimo rialzo entro l’estate, poi un taglio nel 2024; il BTP italiano si è stabilizzato negli ultimi mesi su un aumento di oltre 3 punti (4,13% in aprile, da 0,97%). La produzione industriale a febbraio ha subito un’altra flessione (-0,2%), dopo che a gennaio era diminuita di -0,5%; la variazione acquisita per il 1° trimestre è di poco positiva (+0,1%), grazie alla buona eredità di dicembre. I dati qualitativi dipingono uno scenario complesso: il PMI a marzo, pur frenando, è rimasto in area di espansione (51,1 da 52,0), ma la fiducia delle imprese è di nuovo calata in aprile, con la flessione di ordini e di attese sulla produzione.

  • I settori dei servizi viene dato in espansione. Bene il turismo in Italia, che è molto sopra i valori del 2019 (a febbraio +8,3% in termini di spesa dei viaggiatori stranieri). Ottime le indicazioni sui servizi: a marzo il PMI è balzato, indicando più crescita (55,7 da 51,6) e la fiducia delle imprese in aprile ha proseguito il suo recupero.

Va sottolineata l’incidenza  Nel 4° trimestre 2022 l’impennata dei prezzi ha eroso il reddito delle famiglie (-3,7% reale): ne è derivato un calo dei consumi (-1,6%), in particolare alimentari (-5,3%). La domanda è rimasta fiacca a inizio 2023: le vendite al dettaglio di beni si sono ridotte a febbraio (-0,9%; -1,8% gli alimentari). L’indicatore ICC a marzo conferma il “taglio” agli alimentari (-3,9% annuo), pur registrando una crescita dei consumi totali (+1,1%), coerente con la risalita della fiducia (105,5 ad aprile, da 100,9 a gennaio) e con un mercato del lavoro che resta solido (a febbraio +10mila occupati, +0,3% nel 1° bimestre). A quanto pare non inciderebbero più di tanto le difficoltà a reperire manodopera stagionale: un handicap, che sarebbe, secondo talune fonti, il principale ostacolo allo sviluppo del settore che è tanta parte del PIL italiano e dell’occupazione. Nel 4° trimestre 2022 l’impennata dei prezzi ha eroso il reddito delle famiglie (-3,7% reale): ne è derivato un calo dei consumi (-1,6%), in particolare alimentari (-5,3%). La domanda è rimasta fiacca a inizio 2023: le vendite al dettaglio di beni si sono ridotte a febbraio (-0,9%; -1,8% gli alimentari). L’indicatore ICC a marzo conferma il “taglio” agli alimentari (-3,9% annuo), pur registrando una crescita dei consumi totali (+1,1%), coerente con la risalita della fiducia (105,5 ad aprile, da 100,9 a gennaio) e con un mercato del lavoro che resta solido (a febbraio +10mila occupati, +0,3% nel 1° bimestre). L’export italiano resta in espansione a inizio 2023 (+0,5% a febbraio; +0,6% acquisito nel 1° trimestre); migliori ragioni di scambio hanno riportato in positivo il saldo commerciale. Fanno da traino le vendite nei paesi extra-UE, specie Cina; deboli i mercati europei (Germania). Tra i prodotti spicca l’espansione di quelli farmaceutici. Positive le prospettive, grazie a minori costi e restrizioni nelle filiere mondiali, confermate dagli ordini manifatturieri esteri. Tuttavia, gli scambi globali sono deboli: in calo a gennaio per il quarto mese, con indicazioni negative per febbraio-marzo dal PMI ordini esteri. Anche l’Eurozona  è data in rallentamentoNel 1° trimestre la dinamica del PIL è stata deludente: +0,1% (da +0,2%). Ciò soprattutto – secondo il CSC – a causa del mancato rimbalzo tedesco (+0,0% da -0,5%). Meglio la Francia (+0,2%) e soprattutto la Spagna (+0,5%). In aprile, si rileva un miglioramento dell’attività economica nell’Area, grazie ai servizi, mentre scende la manifattura, più sensibile alla stretta sui tassi. Ancora in calo l’inflazione (+6,9% a marzo) ma più difficile il credito.

Gli investimenti fissi in Italia restano su un sentiero di espansione, dopo l’eccezionale +9,4% nel 2022, di cui +2,0% registrato nel 4° trimestre. Ma sono attesi molto indeboliti nella media del 2023: la variazione già acquisita per l’anno in corso è del +1,8%, cui va aggiunto un profilo trimestrale che però – secondo il CSC – sarà fiacco, soprattutto nella prima metà. E per il 2024 si prevede solo una limitata accelerazione, non tale, tuttavia, da rilanciare con forza il PIL. Gli investimenti fissi, in Italia come nelle altre economie avanzate, sono realizzati soprattutto dalle imprese: il 67,6%, includendo il settore finanziario e le imprese individuali; a prezzi correnti, nel 2022, si tratta di 266 miliardi su un totale di 416. Non va dimenticato, dunque, che sono investimenti fissi – sottolinea il CSC –  anche le spese delle famiglie in abitazioni (19,6% del totale) e le spese in conto capitale realizzate dal settore pubblico (12,8%). L’espansione degli investimenti nel 2022 è stata ottenuta soprattutto con i +37 miliardi delle imprese, ma anche grazie ai +14 miliardi di spese strutturali in abitazioni sostenute dalle famiglie.

Secondo il CSC, nel contesto delineato, diventa ancor più cruciale l’implementazione del PNRRNon vi sono, infatti,  nei bilanci delle imprese italiane risorse facilmente utilizzabili per finanziare nuovi investimenti fissi. In positivo, può però agire la crescita attesa per gli investimenti in fabbricati non residenziali e in macchinari e attrezzature legata alla spesa delle risorse previste dal PNRR e dagli altri fondi europei. Ciò richiede di implementare bene tale Piano per sostenere gli investimenti, in particolare quelli in tecnologie digitali e per l’efficienza energetica, e per alzare finalmente il potenziale di crescita dell’economia italiana nei prossimi anni.

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