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Le vendite di Coca-Cola e Tesla non ringraziano Trump. Report Economist

Marchi americani come Coca-Cola e Tesla hanno un problema di immagine: Trump. Sono sempre di più infatti i consumatori che boicottano i prodotti made in Usa, tranne in rari casi in cui è difficile o impossibile, come con i medicinali di Pfizer o i servizi di Google e Meta. L'articolo dell'Economist

 

Per decenni il soft power americano ha spinto le sue aziende all’estero. Quando cadde il muro di Berlino, la Coca-Cola inviò camion con il suo logo a Berlino Est, distribuendo bevande gratuite alla folla che si era radunata. Le vendite sono presto aumentate, poiché i consumatori dell’ex Stato comunista hanno bevuto con entusiasmo l’icona zuccherata del capitalismo americano. Tuttavia, vendere prodotti americani all’estero sta diventando più difficile. Il mese scorso Carlsberg, un produttore di birra danese che imbottiglia Coca-Cola nel suo paese d’origine, ha notato che i consumatori stavano boicottando la bevanda gassata, optando invece per alternative locali come la Jolly Cola – scrive The Economist. […]

L’AMERICA DI TRUMP È MENO STIMATA DELLA CINA DI XI

Che Trump abbia danneggiato la reputazione dell’America all’estero è evidente. In un sondaggio condotto il mese scorso da Nira Data, una società di ricerca, per conto dell’Alliance of Democracies, un’organizzazione danese senza scopo di lucro, su oltre 100.000 persone in 100 paesi, la percentuale di intervistati con un’opinione sfavorevole dell’America ha superato quella di coloro che hanno un’opinione favorevole di cinque punti percentuali, un netto peggioramento rispetto agli anni precedenti e sufficiente a collocare l’America dietro la Cina nella classifica mondiale della stima.

LE MINACCE NON PAGANO

Le azioni del presidente stanno già pesando sulle vendite delle aziende americane all’estero. La reazione più forte si è registrata in Canada, i cui cittadini hanno protestato contro la proposta di diventare il 51° Stato americano, e in Danimarca, a causa delle minacce di Trump di appropriarsi della Groenlandia. Il mese scorso il 61% dei canadesi ha dichiarato a YouGov, un istituto di sondaggi, di boicottare i prodotti americani. […]

TESLA E NON SOLO

Il malcontento dei consumatori nei confronti dei marchi americani è evidente anche in altre parti d’Europa. Tesla, la casa automobilistica di Elon Musk, è forse l’esempio più eclatante: le nuove immatricolazioni dei suoi veicoli in Europa sono diminuite di oltre il 40% su base annua nel primo trimestre. Ma non è l’unica azienda americana a rischio. In un sondaggio condotto a marzo, la Banca centrale europea ha chiesto agli intervistati, su una scala da 100 punti, quanto sarebbero disposti a sostituire i prodotti americani in uno scenario ipotetico in cui l’America imponesse una tariffa generale che l’Ue avrebbe poi eguagliato, dove 100 indicava una forte volontà di cambiare. Il punteggio medio dato dagli europei è stato 80. È significativo che gli intervistati abbiano citato la preferenza, piuttosto che il prezzo, come motivo principale del cambiamento.

PRODOTTI USA A CUI È DIFFICILE (O IMPOSSIBILE) RINUNCIARE

Tutto ciò preoccuperà le aziende americane, che realizzano ogni anno oltre 8.000 miliardi di dollari di vendite all’estero. Non tutte saranno ugualmente danneggiate dal deterioramento dell’immagine globale del loro Paese. Morning Consult, un istituto di sondaggi, ha esaminato la correlazione tra l’opinione dei consumatori sull’America e la loro opinione sui marchi del Paese in tutti i settori. La relazione è più forte per le aziende tecnologiche, le case automobilistiche e le aziende alimentari e delle bevande, mentre è più debole per le aziende del settore alberghiero, i fornitori di servizi logistici e le aziende sanitarie. I consumatori stranieri sono più propensi a rinunciare a un sacchetto di Cheetos per protesta che a un trattamento contro il cancro della Pfizer. La mancanza di alternative potrebbe anche rendere più difficile per loro abbandonare servizi come Google o Instagram. Anche così, molte aziende americane dovranno fare i conti con il fatto che la loro nazionalità potrebbe non essere più un vantaggio, ma uno svantaggio.

(Estratto dalla rassegna stampa estera a cura di eprcomunicazione)

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