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Le pene finanziarie della Francia secondo il Financial Times

Perché è pessimo lo stato di salute delle finanze pubbliche francese. L'articolo del Financial Times estratto dalla rassegna di Liturri

(Financial Times, Martin Sandbu, 11 settembre 2025 ore 12:00)

La classe politica francese gira in tondo come in un déjà vu: governi che crollano per l’incapacità di approvare consolidamenti di bilancio senza maggioranza. Questa settimana, François Bayrou è caduto in un giorno, sostituito da Sébastien Lecornu, il settimo premier di Emmanuel Macron, di fronte allo stesso dilemma.

La Francia ha il terzo debito pubblico sul PIL in Europa, ma gli investitori non chiedono tassi più alti rispetto a Italia o Grecia. Eppure, l’outlook è peggiorato di più: dal 2013, il rapporto è salito oltre la media dell’Eurozona in due fasi, post-crisi fino al 2019 e dopo la pandemia. Mentre Roma e Madrid hanno ridotto il debito, Parigi no.

I deficit francesi hanno deviato dalla media, espandendo la spesa più delle entrate. Lo Stato francese è già ingombrante, difficile finanziarlo solo con tasse. Dal 2017, Macron ha avvicinato la Francia agli standard europei, riducendo spesa e deficit – con picchi per pandemia ed energia – fino al 2022.

“La buona notizia è che la Francia ha finora mantenuto il controllo del suo destino. Il nostro debito è il risultato diretto delle nostre scelte di bilancio”, spiega il Consiglio di Analisi Economica, consigliando un surplus primario dell’1% del PIL.

Non è una prodigalità insostenibile: il debito deriva da scelte politiche, non da spirale interessi-crescita. Ma i costi degli interessi, al 2% del PIL, sono quasi raddoppiati; con tassi al 3,5%, saliranno. C’è il rischio di una pressione incontrollata, come nella crisi del 2011.

La Francia ha opzioni: ha ridotto spesa e tasse in passato, con crescita occupazionale. Ridurre le tasse sul lavoro – tra le più alte nell’OCSE – aiuterebbe. La BCE potrebbe intervenire, ma politicamente sarebbe doloroso. Bayrou avrebbe dovuto evocare quel fantasma, non l’FMI.

“Essere paragonati all’Italia inizierebbe a sembrare una fortuna”, avverte l’articolo, suggerendo lezioni dal Portogallo: consolidamento con più protezione sociale. L’urgenza serve per riforme vere.

(Estratto dalla newsletter di Giuseppe Liturri)

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