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Serie A

Ecco le pagelle finanziarie di Napoli, Inter, Milan e Roma

Qual è lo stato di salute finanziaria delle maggiori squadre di calcio della serie A come Napoli, Inter, Milan e Roma? Conversazione con Alessandro Giudice, giornalista economico del Corriere dello Sport e autore del libro “La finanza del goal. Come si crea valore nel calcio”.

La Serie A scalda i motori in vista dell’inizio del campionato. Le squadre sono impegnate nella preparazione atletica e nelle amichevoli estive mentre i direttori sportivi mettono a segno gli ultimi compi di calciomercato. I debiti pesano, però, come un macigno sulle squadre della Serie A.

I dati del ReportCalcio, rapporto annuale sviluppato dal Centro Studi della Figc in collaborazione con Arel e PwC Italia pubblicato venerdì sul Sole 24 Ore, tracciano un quadro molto chiaro. “Nelle ultime tre stagioni, la perdita complessiva prodotta dal calcio professionistico italiano è stata pari a quasi 3,6 miliardi”, si legge nel rapporto. Ma non è solo la Serie A a soffrire. L’indebitamento complessivo del calcio professionistico nel 2021-2022 “supera la soglia dei 5,6 miliardi di euro (erano 5,36 miliardi nel ’20-’21) e l’indice di liquidità, mediamente pari a 0,5 sia per le società di Serie A che per quelle di Serie B, limitano in modo importante la possibilità di fare investimenti”.

Certo le restrizioni imposte dalla pandemia da Covid 19 hanno avuto un peso, “nel triennio la stima di ricavi da ticketing non realizzati a causa delle restrizioni è di 632 milioni”, ma la questione ha un carattere più strutturale. 

Di tutto questo ne abbiamo parlato con Alessandro Giudice, giornalista economico e autore del libro “La finanza del goal. Come si crea valore nel calcio”.

Lei scrive che l’intera struttura finanziaria dell’Inter poggia sui debiti e che ha aumentato l’esposizione rispetto al fondo Oaktree. In che modo, questa esposizione, sta influenzando il mercato della squadra? Ci sono rischi per la sostenibilità di lungo periodo?

La struttura finanziaria dell’Inter è abbastanza tirata perché abbiamo la società diretta, Internazionale FC, che ha patrimonio netto negativo, la società controllata, Intermedia, ha un debito verso gli obbligazionisti da 407 milioni e a sua volta, poi tutta la società operativa e le azioni della società operativa, sono in pegno a Oaktree, a garanzia del prestito che Zhang, cioè l’azionista dell’Inter, ha acceso in Lussemburgo con Oaktree. Chiaramente l’Inter non può fare grossi sforzi finanziari. Intanto ha incassato dalla vendita di due giocatori importanti come Brozović e Onana circa 70 milioni. Le operazioni in entrata sono abbastanza limitate, si negoziano termini di pagamento piuttosto lunghi, si cercano formule particolari, come il prestito con obbligo di riscatto per fare gravare la vendita sull’esercizio successivo. C’è quindi un appesantimento della struttura finanziaria che vincola la libertà di azione della società anche sul mercato.

Guardando all’altra sponda di Milano, i rossoneri hanno chiuso bilancio migliorato rispetto all’anno scorso, a prezzo, però, della partenza di Tonali e dell’allontanamento di Maldini e Massara. Il Milan, per com’è stato gestito, può essere considerato un modello e fino a che punto può essere efficace?

Il Milan sicuramente è un nuovo modello perché RedBird raccoglie i frutti di una gestione molto attenta al controllo dei costi da parte di Elliot e anche molto orientata alla crescita dei ricavi. Quest’anno il Milan chiuderà l’esercizio 2022-23 con ricavi intorno ai 375 milioni, che significa più 20% rispetto all’anno scorso. Buona parte dei ricavi provengono da contratti commerciali che il management ha stipulato, insieme anche agli incassi dello stadio e alle prestazioni della squadra di Champions League. Quindi, sicuramente, il fatto che il Milan sia riuscito a risanare un bilancio che anni fa era in profondo rosso, segna un grande risultato. 

A prezzo di cessioni importanti e sofferte dai tifosi.

È chiaro che in presenza di offerte così importanti come quella arrivata per Tonali. Il Milan non l’ha fatto, ha accettato l’offerta del Newcastle per Tonali e ha reinvestito e sta reinvestendo i proventi di quella di quella cessione sul mercato, oltre ad avere anche un budget di mercato che supera quanto incassato con Tonali. Quindi, sicuramente, in questo momento la società Milan ha uno stato di salute invidiabile per gli standard dei delle squadre italiane di club italiane.

Però i tifosi se ne sono lamentati.

Ultimamente non credo che si lamentino più perché hanno comprato un sacco di giocatori, poi, ovviamente, tutti questi acquisti andranno visti sul campo. Mi pare che le perplessità dei tifosi siano durate qualche giorno ma, nel momento in cui è iniziata la politica di acquisti così numerosi e importanti, le lamentele si sono placate. Sta di fatto che gli abbonamenti del Milan sono sold out, sono stati venduti tutti in pochi giorni. Diciamo che, se dopo la partenza di Maldini e di Tonali c’era il dubbio che RedBird reinvestisse i proventi delle cessioni, mi pare che queste perplessità siano state fugate, perché gli acquisti del Milan sono tanti e tutti a titolo definitivo.

Per molti anni si è parlato dello stadio della Roma. Invece forse sarà la città di Milano, prima nella Serie A, ad avere due squadre con stadi di proprietà. Tra l’altro lei è stato molto critico sulla decisione della soprintendenza di porre un vincolo culturale semplice sullo stadio di San Siro impedendone la demolizione.

Io ho trovato tutta l’opposizione che è stata fatta allo stadio che volevano costruire Milan e Inter veramente autolesionistica. Credo che la città di Milano abbia perso un’occasione storica dato che c’era un soggetto privato disponibile a investire 1 miliardo e 200 milioni, non solo per costruire lo stadio ma riqualificare un intero quartiere, e cosa si fa? Si fanno le barricate e addirittura si sceglie di supportare una decisione autolesionistica che è quella di mettere il vincolo allo Stato di San Siro che vieta la demolizione dell’attuale per nessuna ragione. E questo obbliga le società ad andare a cercare altre soluzioni.

A Roma l’idea dello stadio della Roma aveva subito vari stop and go e poi a un certo punto si era impantanata per varianti urbanistiche. All’epoca tutti dicevano che Roma era una città nella quale non si riesce a concludere niente, però credo che Milano non abbia dato una grande prova di sé in questa vicenda. Tra l’altro non è una decisione del Comune ma della Sovrintendenza, e quindi del Ministero dei beni culturali, che ha trovato molte sponde in città. Penso che sia una scelta che i cittadini pagheranno per molti anni e le cui conseguenze non siano ancora del tutto chiare.

Andando alla Capitale, perché la Roma non è ancora riuscita a trovare un main sponsor?

Questa è una buona domanda però andrebbe posta al management della Roma. Perché in effetti la Roma ha un allenatore molto noto, ha un brand legato alla città di Roma molto conosciuto, però evidentemente non ha trovato offerte ritenute sufficientemente elevate. Non è facile trovare degli sponsor. Guardiamo anche al caso dell’Inter e alle difficoltà che ha avuto. Tra l’altro anche la Roma esce dalla vicenda Digitalbits, perché anche la Roma aveva, come l’Inter, uno sponsor che a un certo punto è sparito. Quindi non è facile trovare uno sponsor. Anche la Lazio ha avuto per molti anni la maglia senza sponsor.  Purtroppo, questo è un problema dei nostri club che non riusciamo a superare, non si riesce a generare ricavi commerciali sufficientemente alti per sostenere lo sviluppo del business. Non è un problema solo della Roma, è un problema di molti club di Serie A.

La Juventus non parteciperà alle prossime Coppe europee, questo ha determinato mancati ricavi per circa 80 milioni di euro. I bianconeri arrivano da una doppia ricapitalizzazione da 700 milioni che dovrebbe aver dimezzato il deficit rispetto al 2021-22. Cosa succederà nell’esercizio che va dal 1°luglio al 30 giugno 2024?

L’azionista potrebbe pensare a una nuova ricapitalizzazione perché è molto difficile che il 2023-24, visti gli incassi che mancheranno dalla Champions, non vada in perdita e quindi è facile che ci sia un’ulteriore erosione del patrimonio netto. È chiaro che l’esclusione delle coppe allontana gli obiettivi di riequilibrio dei conti della Juventus. Non c’è dubbio. La Juve dovrà vendere qualcuno, sta cercando di vendere Dusan Vlahovic, di scambiarlo con Lukaku, da questa operazione la Juventus si libererà di un ingaggio molto oneroso, però lo sostituirà con un ingaggio altrettanto oneroso perché anche Lukaku costa.  Però uscirà da un acquisto molto costoso che è stato fatto due anni fa. L’obiettivo della Juventus dovrà essere quello di ridurre l’esposizione, di liberarsi di giocatori, di abbassare il monte ingaggi e di riequilibrare gradualmente il bilancio. Non è facile, è una corsa in salita perché mancano i ricavi delle coppe.

Quali sono, in generale, le condizioni finanziarie dei club di Serie A?

Mediamente molto critiche. A parte qualche rara eccezione, come il Milan ma anche l’Atalanta oppure il Napoli che ha un equilibrio economico, di medio periodo, abbastanza attento. Il calcio italiano esce da tre anni in cui ha perso 3 miliardi e 600 milioni: le perdite aggregate dei club professionistici italiani sono stati 3 miliardi, 600 milioni. Questa oggi è la fotografia del calcio italiano. L’altro aspetto è che il patrimonio netto della Serie A è l’8% degli attivi.

Significa che quindi su 100 euro di attivo delle società; quindi, di investimenti per calciatori e per tutto ciò che le società hanno a bilancio, 8 vengono dagli azionisti e 92 arrivano da varie forme di indebitamento.

Quindi il calcio italiano si poggia sui debiti.

Questo è chiaro. Quindi bisogna assolutamente lavorare per consolidare quota patrimoniale del calcio italiano. Consideriamo che negli altri paesi, negli altri grandi campionati europei, siamo al 20, 30%, noi siamo all’8%. Se il sistema italiano produttivo italiano non è disponibile a investire nel calcio, bisogna cercare i capitali all’estero. E fare in modo di attrarre capitali dall’estero.

Pubblicato su Policy Maker
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