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francesco

Le news su Banco Bpm, Confindustria, Dagospia, Open Fiber, Papa Francesco, Pegaso e non solo

Che cosa si dice e che cosa non si dice su Banco Bpm, Confindustria, Dagospia, Multiversity, Open Fiber, Papa Francesco, Pegaso e non solo

 

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI REPUBBLICA SU OPEN FIBER:

Il braccio di ferro che va avanti da oltre un anno tra le banche e Open Fiber per il finanziamento della rete in fibra, si avvicina a una soluzione. Entro aprile saranno definiti gli ultimi dettagli sul project financing da 7,2 miliardi erogato a fine 2019 per completare l’infrastruttura in fibra, ed entro giugno dovrebbero essere erogati altri 2 miliardi, tra debiti e capitale, per completare l’opera. Nell’ambito dell’accordo iniziale, i soci ovvero Cdp (60% di Open Fiber) e Macquarie (40%) si erano impegnati a finanziare l’operazione, con una proporzione di capitale (30%) e debito (70%) bancario. Ma qualcosa negli ultimi 5 anni è andato storto: Open Fiber ha impiegato più tempo del previsto a portare a termine i lavori, i costi degli scavi sono lievitati anche per colpa del caro materie prime e dell’inflazione, i tassi sul debito sono esplosi rendendo per le banche più oneroso il finanziamento delle opere, le aree bianche sono state ostiche e sono apparse nuove tecnologie e soluzioni come l’affitto dei pali di Tim, l’Fwa di Eolo e i satelliti di Starlink (su cui ancora non è stato trovato un accordo), infine la rete è rimasta vuota, perché il tasso di riempimento resta basso: su 15 milioni di case cablate in fibra, solo 3 milioni utilizzano e pagano il servizio. Ci sono voluti diversi aggiustamenti dei vari piani industriali e tre cambi di management (Tommaso Pompei 2016-2018, Elisabetta Ripa 2018-2021, Mario Rossetti 2021 settembre 2023), l’ultima nomina è quella dell’ad Giuseppe Gola al fianco del direttore finanziario Andrea Crenna, che nell’operazione sono assistiti da Lazard, per trovare una soluzione che accontenti azionisti e creditori. L’accordo di massima prevede che entro aprile le banche, che invece sono assistite da Rothschild, erogheranno l’ultima tranche del project financing che avevano bloccato perché Open Fiber non aveva rispettato i covenant, iniettando nelle casse della società 760 milioni, la metà dei quali saranno garantiti dalla Sace. Da parte sua Cdp e Macquarie procederanno a perfezionare quell’aumento di capitale da 375 milioni deliberato nel marzo 2023, e che però non è ancora stato del tutto perfezionato. Chiusa questa prima fase sul vecchio debito, andrà rinegoziata una nuova linea per finire le opere. L’entità di questo nuovo finanziamento, dipenderà anche dalla cifra che Infratel riconoscerà a Open Fiber, come riequilibrio del piano economico finanziario per le aree bianche, come ristoro per i maggiori costi affrontati. Si parla di circa 800 milioni, che Infratel dovrebbe definire e versare entro ottobre nelle casse di Open Fiber. Di questa cifra circa tre quarti sarà versata in contanti e un quarto sarebbe restituito sotto forma di allungamento delle concessioni. A quel punto per finire i lavori mancherebbero circa 2 miliardi, da finanziare in parte a debito e in parte con una nuova iniezione di capitale dei soci. Le banche vorrebbero dividersi oneri e onori 50-50% (finora è stato 70% debito e 30% equity). Cdp e Macquarie preferirebbero limitare l’apporto al 40%, lasciando il 60% ai creditori.

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