A quanto pare, la famosa mamma della narrazione arcuriana che con 1 euro, dal 4 maggio scorso, avrebbe potuto comprare due mascherine, una per sé e una per il proprio bambino, dovrà attendere ancora parecchio. Forse capiterà pure che il bimbo, quando indosserà l’agognata mascherina da 50 centesimi, la userà per coprire i primi baffetti, perché la questione, anziché sbloccarsi, sembra dilungarsi. Che fine hanno fatto le mascherine di Arcuri?
IL PIANO (DISATTESO) DI ARCURI
“Tra 10 giorni inizierà la produzione delle mascherine con le macchine che abbiamo contribuito a realizzare”. Lo diceva il Commissario all’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri lo scorso 2 maggio. Le sue dichiarazioni sono riportate anche sul sito del ministero della Salute. “A metà giugno – aveva spiegato – le nostre macchine produrranno 4 milioni di mascherine al giorno; a metà luglio 25 milioni e da fine agosto in poi 35 milioni di mascherine al giorno”.
DOVE SONO FINITE QUELLE PRODOTTE IN ITALIA?
Scrive invece l’8 maggio sul proprio profilo Facebook Luciano Capone, giornalista del Foglio: “Delle 5 aziende con cui il commissario Domenico Arcuri ha firmato l’accordo per le mascherine a prezzo politico (0,50€ al dettaglio), non tutte hanno ancora avviato la produzione: alcune sono nuove nel settore, fini a ieri si occupavano di digitale; i contratti vanno da 0,24€ a 0,465€ a mascherina; le quantità sono molto lontane dall’obiettivo di 660 milioni di pezzo. La realtà fatica ad adeguarsi all’ordinanza”. Secondo l’inchiesta del giornale, le cinque aziende sono: Veneta distribuzione Srl di Grafica Veneta, Parmon Spa, Mediberg srl, Fab e Triboo per l’importazione di dispositivi dalla Cina.
IL PREZZO DI STATO E ALTRE MAGAGNE HANNO BLOCCATO TUTTO
Cos’è successo, invece, alle mascherine di Arcuri importate? Una serie di – prevedibilissime – conseguenze. Anzitutto il prezzo di Stato ha bloccato l’approvvigionamento: non si contano le farmacie che hanno deciso di ritirarle dagli scaffali per non perderci denaro. Anche i produttori e i distributori preferiscono bloccare le importazioni piuttosto che venderle a ribasso, aspettando equi compensi che mai arriveranno.
IL SOLE24 ORE E IL “PASTICCIO” DELLE MASCHERINE DI ARCURI
Scrive infatti Il Sole 24 Ore: “Il pasticcio sulle mascherine di Stato a prezzi popolari è il frutto di un mix di variabili. Innanzitutto l’effetto annuncio di un prezzo imposto che ha bloccato per troppi giorni i rifornimenti: i broker hanno smesso di lavorare per l’Italia aspettando la scelta sul prezzo che si è fatta attendere troppo e tra l’altro il prezzo finale deciso dal commissario Arcuri – 50 centesimi (più basso di tanti Paesi) – se conveniente per i cittadini ha reso meno attraente il nostro mercato. I farmacisti non hanno più potuto rifornirsi vendendo così le ultime scorte che avevano (saranno ristorati – è la promessa di Arcuri -, se hanno acquistato a prezzo più alto)”.
COSA DICEVA ARCURI IL 27 APRILE
Eppure, soltanto lo scorso aprile Arcuri rassicurava: “Lo dico per esperienza: il prezzo si riallineerà. Succede da duemila anni”. Spiegando: “Non è giusto che ci sia gente che guadagna dalla tragedia. Noi stiamo pagando mezzo euro qualcosa che prima costava 5 centesimi. Stiamo pagando a 10 volte il prezzo di produzione. Nelle guerre c’è chi viene sconfitto con le armi, chi con la borsa valori”.
LE MASCHERINE IN ATTESA DI CERTIFICAZIONE
C’è poi un altro tema. Le mascherine ci sono, ma restano nei magazzini, perché molte di quelle importate sono sprovviste del marchio CE che ne attesta la conformità. Senza i dovuti controlli avremmo la beffa dello Stato che si reinventa distributore di prodotti non a norma. Racconta il Corriere della Sera: “nella burrascosa videoriunione di mercoledì — interrotta più volte dall’ira dello stesso commissario Arcuri — si è scoperto il motivo delle mancate forniture. Che è questo: tutti hanno creduto di poter contare su 12 milioni di mascherine «a terra», come si dice per la merce già arrivata in aeroporto, passata in dogana e certificata. E invece no: 12 milioni di mascherine c’erano, ma la gran parte — 9 milioni — non era vendibile perché senza il marchio CE e in attesa di controlli e certificazioni che ancora oggi non sono arrivati. Forniture irregolari, almeno formalmente, e se lo sono anche nella sostanza si capirà dopo il responso dell’Istituto superiore di sanità. Mascherine che devono superare, per esempio, controlli di filtraggio (dev’essere superiore a 95%) o di respirabilità (fra 40 e 60%)”.
LE MASCHERINE DI ARCURI HANNO COMUNQUE L’IVA
C’è poi il tema dell’Iva. Il 2 maggio, in conferenza stampa Arcuri aveva dichiarato: “Da lunedì una mascherina chirurgica costerà 0,50 centesimi…”. Subito dopo però aveva aggiunto “più l’Iva, finché l’Iva ci sarà”. E questo perché sulle mascherine bisogna ancora calcolare l’Iva, che porta il prezzo di vendita al di sopra dei 60 centesimi. Non è del tutto esatto, quindi, l’annuncio che Arcuri ha fatto domenica sera ospite della trasmissione televisiva della Rai Che tempo che fa (prima mezz’ora circa, per chi volesse ascoltarlo): “Da lunedì, se una mamma si recherà in farmacia con 1 euro, potrà ritirare due mascherine, una per sé e una per il suo bambino”.
IN ATTESA DEL DECRETO APRILE
E infatti sempre Il Sole 24 Ore rileva: “A queste difficoltà va aggiunto il pasticcio dell’Iva che ha confuso tanti cittadini: i 50 centesimi sono calcolati senza l’imposta. Il premier Conte prima e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri poi avevano promesso di azzerarla rapidamente per quest’anno (al 4% dal 2021). Il taglio doveva arrivare con il decreto aprile a fine dello scorso mese, ma poi il dl è slittato e ancora non è certo quando sarà varato, ma finché non sarà in Gazzetta Ufficiale gli italiani continueranno a pagare il 22% di Iva, con un prezzo finale a 61 centesimi”.
MASCHERINE DI COMUNITA’
Ieri, intanto, è arrivato il disco verde dell’istituto superiore di Sanità alle mascherine fai da te (di «comunità») che potranno essere utilizzate dai cittadini e fatte in proprio e confezionate artigianalmente a partire da magliette o sciarpe, come indicato anche dal Centro per il controllo delle malattie (Cdc) di Atlanta: l’importante è che siano multifiltro e multistrato. Insomma, ha aggiunto Silvio Brusaferro dell’Iss, la popolazione può farsi bastare quelle di comunità che servono «fondamentalmente a ridurre l’emissione di droplets, ovvero delle goccioline attraverso starnuti o tosse. Mettendole proteggiamo gli altri». Queste mascherine devono essere «multifiltro e multistrato e fondamentalmente – precisa Brusaferro – si possono anche confezionare in proprio».
CAOS PREZZI
A questa telenovela si aggiunge anche un nuovo giallo finale, sottolinea oggi il Sole 24 Ore: “Nelle bozze del decreto «Rilancio» atteso forse già nel week end in consiglio dei ministri spunta anche una norma che fissa un prezzo massimo consigliato per tutte le tipologie di mascherine, compresa quella chirurgica . Che però in questa norma sale a 1,50 centesimi , il triplo di 0,50 centesimi deciso dall’ordinanza (le Ffp2 e Ffp3 con valvola o senza variano tra 5,75 euro e 9,50). Fonti del ministero dello Sviluppo economico ieri però si sono affrettati a smentire quanto previsto dalle bozze: «Non c’è nessuna intenzione di tornare indietro sul prezzo delle mascherine. La parte di testo relativa al tetto per i dispositivi di protezione personale dal Covid – sottolineano – risale a prima dell’ordinanza del commissario Arcuri». Insomma una svista. Anche se però nelle stesse bozze che recano la data del 6 maggio scorso a fianco alle norme compare una nota dei tecnici governativi che risale al 5 maggio, mentre l’ordinanza sul prezzo a 0,50 centesimi è del 27 aprile”.