Il giorno e le ore dopo l’assemblea di Mediobanca sono ricche di scenari, di voci sul possibile successore di Alberto Nagel, sulle reazioni, in borsa e non, ma anche di attese per quello che sarà il prossimo appuntamento del risiko: la conclusione dell’ops di Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca, il prossimo 8 settembre. È a quella data a cui ora si guarda e che determinerà il futuro dell’istituto di Piazzetta Cuccia, e di conseguenza anche di Generali.
IL RUOLO DEL GOVERNO
In queste ore chi si gode il momento è sicuramente il governo. Secondo il Quotidiano Nazionale, quello dell’esecutivo è un soddisfatto silenzio, visto che non si è lasciato andare ad alcun commento ufficiale sull’esito dell’assise di Mediobanca. Il ruolo del ministero dell’Economia e Finanza, detentore di circa l’11% di Mps, però è stato centrale. Secondo quanto riportato da Milano Finanza, il Mef ha tutta l’intenzione di rimanere azionista “dopo l’integrazione di Piazzetta Cuccia. Una posizione che può essere letta come un presidio politico in vista della creazione del terzo polo bancario nascente da un’integrazione fra una Mps, rafforzata dalle nozze con Mediobanca, e Banco Bpm”.
L’obiettivo dichiarato del governo, quello appunto di creare un terzo polo bancario, con l’aiuto di soggetti come Caltagirone e Delfin, che possiedono il 9,9% ciascuno di Siena e corpose quote in Mediobanca, ora è più vicino.
IL FUTURO DI NAGEL E DI GENERALI
I vertici di Mediobanca cambieranno, sembra uno scenario inevitabile. Si aspetterà l’8 settembre, qualora le adesioni all’ops di Mps saranno di oltre il 50%, racconta sempre il Quotidiano Nazionale, “il ricambio sarà quasi immediato. Ma anche con l’ipotesi minima, fissata dall’istituto senese al 35%, gli equilibri interni a Piazzetta Cuccia cambieranno radicalmente. E, di conseguenza, anche la governance”.
Nagel si avvia a uscire. Al suo posto, come riferisce il Foglio, potrebbe essere scelto Mauro Micillo, da Intesa Sanpaolo. Un profilo che sembra calzare per la nuova Mediobanca, vista “la sua esperienza di banchiere fortemente concentrato nei rapporti con le imprese e la sua conoscenza del tessuto produttivo italiano, ma anche il lavoro fatto nello sviluppo della gestione di patrimoni”.
Chi non cambierà, almeno nell’immediato, sarà Philippe Donnet, ad di Assicurazioni Generali, i cui equilibri comunque cambieranno se l’ops di Mps su Mediobanca andrà in porto. Pur rimanendo Donnet, sembra certo che – nel caso – l’accordo tra il Leone di Trieste e la francese Natixis verrà minato, viste le recenti critiche feroci verso la joint venture da parte di Caltagirone.
LA MOSSA DI UNIPOL
Nagel, quindi, si appresta ad uscire di scena, bocciato – come sottolineato dai giornali a più riprese – dall’assemblea dei soci di Piazzetta Cuccia. Anche da quei soci che pochi mesi fa ritenevano positiva la sua proposta di ops su Banca Generali. Come per esempio Unipol, che si è scoperto aver venduto la sua quota in Mediobanca, pari a poco meno del 2% del capitale nelle scorse settimane e quindi non ha partecipato alla votazione.
Secondo alcune fonti finanziarie, l’orientamento della compagnia bolognese, prima del 16 giugno, data prevista originariamente per l’assemblea su Banca Generali, era di votare a favore dell’operazione. In seguito, però, il rinvio al 25 settembre aveva considerevolmente ridotto le probabilità che l’assemblea si tenesse davvero, e quindi Unipol ha optato per la cessione della quota. Anche per concentrare energie e risorse, ma anche per avere più libertà, su altri fronti, come per esempio quello di Bper Banca, dove nelle ultime settimane Unipol è salita a più del 20%
IL POSIZIONAMENTO DI UNICREDIT
Un altro soggetto che ha decretato la sconfitta di Nagel è stata Unicredit. Nelle settimane precedenti all’assemblea, Gae Aulenti ha rafforzato la sua partecipazione in Piazzetta Cuccia e alla fine, astenendosi, ha votato contro l’ops su Banca Generali con il suo 2%.
Una mossa comunque rilevante, sia ai fini della votazione, sia per capire il posizionamento dell’istituto guidato da Andrea Orcel. Unicredit ha scelto di non ostacolare i piani finanziari governativi, uno scenario non scontato considerato lo schiaffo del “golden power” ricevuto dall’esecutivo sul dossier Banco Bpm.
I COMMENTI
Anche oggi i commenti dei giornali si sono susseguiti. Milano Finanza, con il suo direttore Paolo Panerai – editore di Class, solitamente non particolarmente duro contro Mediobanca e mai troppo tenero con Caltagirone, anche dopo che il costruttore romano è recentemente salito al 5% di quote del gruppo – nel suo consueto editoriale settimanale “Orsi & Tori” ha scritto di un “primo tempo della partita finanziaria in atto” che “vede sicuramente la soccombenza di Mediobanca e del suo ceo Nagel, determinando un possibile, profondo cambiamento di Mediobanca”.
Il Foglio sottolinea che se “il 7 settembre l’ops del Monte – spinta dal Mef – verrà accolta dall’assemblea di Mediobanca, la Mediobanca del futuro avrebbe un assetto nuovo all’interno del quale il mercato conterebbe un po’ di più, in cui le azioni verrebbero cioè contate e non solo pesate, e all’interno del quale verrebbe scardinato quel meccanismo di patti di sindacato con cui Mediobanca viene guidata da anni da una minoranza di blocco”. Il quotidiano liberale e liberista, tra l’altro, aggiunge che “nell’anno del risiko bancario, lo zampino del governo c’è stato ma il dato sorprendente con cui fare i conti è che il consuntivo del rapporto tra banche e politica negli ultimi mesi ha prodotto più risultati positivi che negativi”.