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Lavoratori

Ecco come Landini fa la festa ai lavoratori

Metodo e merito del provvedimento del governo sono pro lavoratori, ma il segretario della Cgil, Maurizio Landini, preferisce le fumisterie ideologiche. Il corsivo di Battista Falconi

 

Si festeggia, diciamo così, un mondo del lavoro che è cambiato radicalmente e forse irreversibilmente in termini di occupazione, stabilità, previdenza. Mentre l’assetto sindacale sembra ancorato a principi ovviamente sacrosanti – tassare chi ha di più, garantire servizi universali alle fasce meno abbienti – ma non facilmente compatibili con le finanze pubbliche, specie dopo una pandemia e sotto schiaffo di un conflitto che non vede un termine breve. Questo però, che i rappresentanti dei lavoratori si preoccupino solo di fare gli avvocati difensori, tutto sommato ci sta. È il gioco delle parti. Sono le due “visioni del mondo”, come ieri ha detto Giorgia Meloni a Maurizio Landini: c’è chi vede sfruttati e privilegiati e chi ritiene che la globalizzazione abbia reso incerti entrambi, anche i secondi, i datori di lavoro, le imprese che non investono più. Perché le incertezze sul futuro sono aumentate, perché l’alea dei mercati finanziari può vanificare qualunque sforzo creativo e produttivo.

Ci sta meno, invece, che la battaglia non si scateni nel merito ma nel metodo. Anzi: non nella sostanza ma nella forma. È scoppiata una sorta di guerra del calendario. Una battaglia si è tenuta attorno al 25 aprile, con la frattura tra chi vuol festeggiare libertà e democrazia come valori irrinunciabili della nostra contemporaneità e chi rievoca un passato resistenziale sottacendone alcune componenti partigiane, che intendevano costruire un mondo totalitario certo non meno oscuro di quello fascista. Ora lo scontro è sul primo maggio. Con il concerto, quello di piazza San Giovanni, e lo sconcerto, espresso dal presidente del Consiglio. Che – come ha detto – si aspettava un “bravi” da Cgil, Cisl e Uil. E ha invece incassato il sostanziale assist di Luigi Sbarra (e di altre sigle) ma anche il netto niet di Landini, motivato con un’accusa di “arroganza” al governo per aver convocato un Consiglio dei ministri in data odierna.

Alla fine, nell’incontro con le parti sociali si è parlato quasi più di questo che delle misure previste nei provvedimenti che l’esecutivo approva stamattina: della data, dello scarso preavviso per l’appuntamento, dell’orario tardivo, poche ore prima dell’approvazione. Con una presidente del Consiglio disponibile a intensificare gli incontri, ad affidare al Cnel di Renato Brunetta un ruolo di laboratorio dove far convergere ipotesi della maggioranza e solleciti sindacali; e, di fronte a lei, un segretario Cgil incatenato alla lamentela per la presunta mancanza di rispetto.

L’assurdo è che si parlava di un cospicuo taglio del cuneo fiscale, di un aumento sostanziale e sostanzioso – purtroppo per sole sei mensilità – per le buste paga meno robuste, di una destinazione a questo scopo di tutte le risorse disponibili; quindi esattamente di ciò che i sindacati chiedevano. E dire che la controparte padronale a Palazzo Chigi non è stata neppure invitata e la cosa, presumibilmente, non ha reso felice Confindustria.

Ci sono due visioni del mondo, sicuramente, ma c’è anche un tatticismo nocivo, che rallenta e ostacola una visione complessiva di una situazione comunque difficile, estremamente complessa, dati lo scenario geo-economico, la volatilità finanziaria e bancaria, il gelo demografico, la pressione migratoria. E, tema che resta purtroppo sempre sullo sfondo o persino dietro, la scarsa qualità dei servizi pubblici su gran parte del nostro territorio e in molti comparti. Preferire una visione statalista a una liberista, privilegiare le garanzie pubbliche rispetto alla produttività (e all’auspicio della conseguente ricchezza), è senz’altro legittimo. Ma l’ipotesi sociale passa per il perno ineludibile di una filiera virtuosa tra esazione fiscale, utilizzo delle risorse, traduzione in welfare, tutte cose che in Italia non funzionano bene per nulla. Questo problema viene prima della questione di chi nasca prima tra l’uovo dei redditi e dei patrimoni e la gallina della pressione fiscale. 

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