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Decreto Lavoro

La stretta del governo sui mancati pagamenti dei contributi previdenziali: tutte le novità del decreto Lavoro

L'intervento di Giuseppe Carà, consigliere nazionale di Unimpresa

 

Il decreto legge n. 48 del 04.05.2023 (Decreto Lavoro) ha introdotto interessanti novità tra le quali spicca, senz’altro, il nuovo regime sanzionatorio applicabile ai datori di lavoro in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali. Il vecchio regime, riconducibile all’art. 2, comma 1 bis del Decreto Legge n. 463/1983, convertito dalla Legge n. 638/1983, così come successivamente sostituito dall’art. 3, comma 6, D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, prevedeva quanto segue “L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

L’ultima modifica normativa risalente al citato art. 3, comma 6 del decreto legislativo n. 8/2016 aveva, di fatto, previsto una depenalizzazione del reato (entro la soglia di cui alla norma citata), per cui ai datori di lavoro che avessero omesso il pagamento delle ritenute previdenziali per un importo inferiore ad euro 10.000,00 andava applicata una sanzione pecuniaria di natura amministrativa, da euro 10.000.00 ad euro 50.000,00. Veniva, altresì, previsto, a far data dalla citata modifica normativa, la possibilità di evitare l’irrogazione della sanzione in caso di versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione. Nel caso di mancato pagamento delle ritenute nel termine di cui sopra, il datore di lavoro riceveva la correlata ordinanza – ingiunzione, con richiesta di pagamento, entro 60 giorni delle somme dovute, oltre che della sanzione quantificata in misura ridotta. Tale assetto, particolarmente gravoso sul piano del trattamento sanzionatorio, anche a fronte di omissioni contributive di importi non economicamente rilevanti, è stato oggetto di un importante ed interessante intervento di restyling a cura del Decreto Lavoro recentemente pubblicato.

Invero, l’attuale formulazione dell’art. 1 bis dell’art. 2 del Decreto Legge n. 463,1983, per effetto delle previsioni di cui all’art. 23, comma 1, D.L. 4 maggio 2023, n. 48, recita testualmente “L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione”. A fronte dell’originaria sanzione pari ad un importo che poteva variare da euro 10.000,00 ad euro 50.000,00 viene, in modo lungimirante, previsto un meccanismo sanzionatorio calibrato in ragione della effettiva entità degli importi omessi e pari ad un importo “da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso”.
La formulazione della norma pone, però, un interessante problema di coordinamento soprattutto in relazione alla decorrenza del nuovo regime sanzionatorio e, soprattutto, in ordine alla possibilità di estenderlo, in applicazione del principio del favor rei, anche alle sanzioni già irrogate o, comunque, commesse e/o contestate prima dell’entrata in vigore del nuovo regime. La definizione di tale problematica inciderebbe in modo significativo anche sugli eventuali contenziosi pendenti o instaurati dai contribuenti nei confronti dell’ente impositore, aventi ad oggetto le modalità di quantificazione della sanzione. Ricordiamo, sul punto, come, a fronte del principio generale della irretroattività della legge, il principio del favor rei prevede che se la legge in vigore al momento della violazione e delle leggi posteriori stabiliscono sanzioni diverse, si applica la norma più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuta definitivo.

Tale principio trova una sua diretta consacrazione, con specifico riferimento alle sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, nell’art. 3 della Legge n. 472/1997 che sancisce “Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato.” Ebbene, nel caso di specie, pur non trovandoci di fronte ad una sanzione amministrativa per le violazioni di norme tributarie (ma, invece, di una norma previdenziale), appare ragionevole, estendere – da un punto di vista normativo – l’applicazione di tale principio anche alla sanzione oggetto del nuovo regime sanzionatorio previsto per le citate omissioni contributive.

Il nuovo assetto appare allineato e coerente anche con il principio di proporzionalità delle sanzioni, alla ricerca di un perfetto e corretto punto di equilibrio tra la gravità della violazione e la sanzione concretamente applicata. Sarebbe, pertanto, opportuno ed auspicabile un’attenta riflessione sul tema anche in vista della conversione del citato decreto legge, anche al fine di evitare eventuali contenziosi che andrebbero ad affollare le aule di giustizia, demandando alla giurisprudenza la risoluzione giuridica di una fattispecie.

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