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Ricchezza

La ricchezza non è democratica

“La storia della ricchezza. L’avvento dell’Homo Habens e la scoperta dell’abbondanza” di Maurizio Sgroi letto da Tullio Fazzolari.

 

Forse il titolo del libro è un po’ minimalista. “La storia della ricchezza. L’avvento dell’Homo Habens e la scoperta dell’abbondanza” di Maurizio Sgroi (Diarkos, 432 pagine, 22 euro) non parla soltanto di denari e di patrimoni. In realtà, la ricchezza è un escamotage davvero originale per raccontare in maniera più comprensibile circa cinquemila anni di vicende storiche.

Dall’epoca della civiltà della Mesopotamia fino ai nostri giorni “avere” equivale a “potere”. Magari non è più una regola scritta come lo è stata invece nell’antichità. Ma è nella realtà delle cose anche se oggi l’argomento dominante dell’economia sembra essere il debito e in particolare quello pubblico di molti Stati. Però, a meno di non essere miopi, a fronte del debito di qualcuno c’è sempre il credito di qualcun altro. Basti pensare alla Repubblica popolare cinese che controlla buona parte del debito pubblico USA.

La ricchezza dunque può stare altrove ma c’è sempre. E quando si sposta, come racconta Sgroi, determina i grandi cambiamenti. I classici manuali di storia da sempre spiegano abbastanza sbrigativamente che all’origine di una rivoluzione o di un nuovo sistema politico ci sono un partito o un leader oppure anche un movimento religioso. La verità è sempre stata parecchio diversa e “La storia della ricchezza” permette di avere una visione più completa.

n esempio significativo è quello dell’antica Roma nata sotto il dominio dei nobili con una rigida divisione per classi e per censo. I plebei cominciano a contare nella società e nella politica soltanto quando iniziano ad arricchirsi. Non più poveri e non più sottomessi arrivano a conquistare il potere. Dal libro di Sgroi si comprende che la conquista della ricchezza è stata la premessa per raggiungere altri e più importanti traguardi. La Rivoluzione francese non sarebbe mai stata possibile se il Terzo Stato ovvero la borghesia non avesse avuto una straordinaria crescita economica nei decenni precedenti tanto da poter alzare la voce e rivendicare libertà ed eguaglianza.

Sarebbe lecito credere, a questo punto, che grazie alla ricchezza sia più facile anche arrivare alla democrazia. Il che è vero ma non completamente e il libro di Maurizio Sgroi non manca di spiegare che non si tratta di un percorso automatico e che i rischi di cui tenere conto sono tutt’altro che trascurabili. La ricchezza non è un valore assoluto di per sé. Va bene se a conquistarne un po’ sono gli ex poveri e la usano per avere maggiori diritti.

Il punto determinante per un sistema più equilibrato è comunque una maggiore diffusione del benessere. Nessun progresso è possibile se la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi e dunque l’obiettivo da perseguire dovrebbe essere ridurre almeno in parte le diseguaglianze fra le classi sociali.

Nonostante tutto non sono sparite nemmeno in Europa anche se sembrano tollerabili. Restano diseguaglianze drammatiche in altri continenti come l’Africa e l’America latina. Il sogno è che nel futuro la ricchezza che verrà non lasci indietro nessuno. E sperare che non sia solo un sogno.

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