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Borsa

La recessione è nei prezzi, ma non nei fondamentali

La Fed deve ripristinare il livello di neutralità dei tassi reali, tagliando quelli nominali di almeno mezzo punto. Ma il mercato si attende almeno il doppio.  Il commento a cura di Andrea Delitala, head of investment advisory di Pictet Asset Management

Il contesto attuale è caratterizzato da una perdurante debolezza delle economie globali cui fa da contraltare una Fed sempre più accomodante, supportata dall’assenza dell’inflazione. Pictet AM conferma la sua posizione un po’ più costruttiva rispetto ai timori di recessione manifestati dal mercato che non appaiono del tutto suffragati dai fondamentali. Tuttavia, un rischio da monitorare è quello di una eventuale compressione degli utili aziendali che potrebbe seguire alla ripresa dei salari reali qualora la produttività smettesse di crescere a un ritmo superiore rispetto a questi ultimi. In generale, il ciclo pare avere ancora potenzialità da esprimere. Sul fronte della strategia, a dominare le scelte è il legame di azione e reazione tra mercato, Fed e Trump. Il posizionamento attuale prevede di sottopesare l’obbligazionario che in questa fase si è fatto carico di assorbire quasi interamente gli choc sistemici, mentre l’equity ha mostrato una certa resilienza.

LA PERCEZIONE DEL RISCHIO

A dominare la prima parte del 2019 è stato il modo in cui il mercato ha percepito – e integrato nei prezzi – il rischio: dall’errore di policy della Fed, che ha dominato il 2018, fino alla recrudescenza, lo scorso maggio, delle ostilità sul commercio internazionale. Va notato che l’ultimo di questi choc è stato assorbito con grande disinvoltura dal mercato che, dopo un crollo repentino, è tornato alla normalità in maniera quasi automatica: un movimento che è spiegato dalla dinamica circolare di azione e reazione che lega mercato, Fed e Trump ma che, se oggi si è dimostrata salvifica, potrebbe non esserlo indefinitamente. Nel contesto attuale, le intemperanze di Trump, sembrano capaci di indurre la Fed ad allentare le condizioni monetarie al peggiorare delle aspettative.

QUADRO MARCO GLOBALE IN PEGGIORAMENTO

Per quanto attiene alla congiuntura globale, gli indicatori macro segnalano un andamento negativo (basati su una quarantina di Paesi), con un contributo peggiore del mondo industrializzato e meno pesante degli emergenti. Tuttavia, questo andamento non conduce necessariamente a una recessione: alla base di questo parziale ottimismo ci sono principalmente tre fattori.

• Politica fiscale cinese. Mentre la politica monetaria procede al rallentatore, da inizio anno, la Cina ha avviato in maniera decisa quella fiscale. Sul tavolo ci sono misure che dovrebbero avere un impatto equivalente all’1,6% sul Pil, di cui quelle attive corrispondono a un valore dell’1%. Anche in questo caso riteniamo che l’atteggiamento sia condizionale: Xi Jinping spingerà sull’acceleratore, se necessario.

• Andamento del mercato del lavoro USA. Nella situazione americana attuale, la crescita dei salari è un viatico favorevole alla longevità del ciclo: ciò che invece dovrebbe preoccupare è la potenziale compressione dei profitti aziendali. Salari reali in aumento mentre l’inflazione resta ferma potrebbe risolversi in una redistribuzione del reddito a favore dei salari e, dunque, andare a detrimento delle valutazioni azionarie. Tuttavia, negli ultimi trimestri la produttività ha segnato una crescita superiore a quella dei salari reali e questo indica stabilità nella distribuzione delle risorse e, dunque, la sostenibilità delle valutazioni azionarie.

• Politica monetaria accomodante. Mentre la disoccupazione mostra livelli di pieno impiego, l’inflazione continua a essere la grande assente di quello che, a giugno, è diventato il ciclo più lungo della storia, con una durata superiore ai dieci anni. Una questione che rappresenta il mistero non più ignorabile dalla Fed. Lo stesso Powell, rispondendo al Congresso, ha di recente affermato che “forse l’inflazione non è solo temporaneamente cedente”. Idea che supporta la politica monetaria sempre più easy della Fed, che guida tutto il movimento delle principali banche centrali.

 

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