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La Corte dei conti boccia i Paesi Ue sull’uso dei fondi per la transizione digitale

"Un’occasione mancata". Tra ritardi, traguardi e obiettivi mancati, la Corte dei conti definisce così l'uso da parte degli Stati Ue dei fondi destinati alla transizione digitale come parte del dispositivo per la ripresa post Covid. Ecco perché e cosa dice dell'Italia

 

Tra gli obiettivi fondamentali del dispositivo per la ripresa e la resilienza, istituito dall’Unione europea nel febbraio 2021 per attenuare l’impatto economico della pandemia, c’era anche quello di contribuire efficacemente alla transizione digitale negli Stati membri, a cui è stato imposto di destinare alle riforme e agli investimenti digitali almeno il 20% della dotazione finanziaria totale prevista dai rispettivi piani per la ripresa e la resilienza.

Ieri la Corte dei conti ha pubblicato una relazione sullo stato dell’arte e ne è emerso che i Paesi Ue non stanno proprio facendo un ottimo lavoro…

LA SITUAZIONE DI PARTENZA

Secondo quanto riferito dall’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Desi), con cui dal 2014 la Commissione europea monitora i progressi digitali degli Stati membri, questa era la situazione nel 2021:

La graduatoria, basata su capitale umano, connettività, integrazione della tecnologia digitale e servizi pubblici digitali, indicava la Danimarca come il Paese con le migliori performance e la Romania in fondo. L’Italia era solo 21esima nella classifica dei Ventisette.

I PUNTI DEBOLI DEI SINGOLI PAESI

Andando ad analizzare le carenze riscontrate da ogni Paese nel 2019 e nel 2020, questi risultano i principali problemi dei singoli Paesi se si considerano cinque categorie: infrastrutture digitali, competenze digitali, servizi pubblici digitali, digitalizzazione delle piccole e medie imprese (PMI) e investimenti in ricerca e sviluppo in ambito digitale:

In Italia, i punti deboli sono l’e-government e i servizi pubblici digitali; l’apprendimento e le competenze digitali; e le infrastrutture digitali, fra cui la banda larga ad alta velocità e il 5G.

LA VALUTAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI

La Corte dei conti ha quindi valutato se il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility – Rrf) stia contribuendo efficacemente alla transizione digitale, a cui sono stati destinati 235 miliardi di euro per il periodo 2021-2017.

In particolare, ha esaminato se il suo quadro giuridico fosse coerente con la strategia dell’Ue per la transizione digitale e facesse in modo che le misure digitali incluse nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza rispondessero alle principali esigenze digitali già individuate.

La Corte ha valutato l’attuazione di un campione di misure e verificato se stiano producendo i risultati attesi. Ha inoltre appurato se il quadro di performance dell’Rrf fornisca una solida base per misurare il contributo del dispositivo alla transizione digitale grazie a indicatori adeguati per monitorare i progressi compiuti.

UN’OCCASIONE MANCATA

Nel complesso, afferma la relazione, la Corte conclude che il contributo dell’Rrf alla transizione digitale “è stata un’occasione mancata per rispondere efficacemente alle principali esigenze digitali degli Stati membri”.

Secondo la Corte, “gli Stati membri e la Commissione hanno applicato correttamente la metodologia di marcatura digitale stabilita nel regolamento Rrf e tutti gli Stati membri hanno raggiunto o addirittura superato la soglia (20%) dei finanziamenti Rrf a propria disposizione da destinare alle riforme e agli investimenti digitali, in base ai costi stimati”.

“È mancata però una focalizzazione strategica – prosegue la Corte -, poiché gli Stati membri non erano tenuti ad assegnare questi fondi in via prioritaria a misure tese a rispondere alle principali esigenze digitali già individuate. Pertanto, alcuni Stati membri hanno destinato quote inferiori dei propri finanziamenti Rrf ai settori in cui mostravano una performance insoddisfacente, riducendo così la potenziale efficacia di tale dispositivo nel contribuire alla transizione digitale”.

RITARDI PIÙ DIFFUSI DI QUANTO DICHIARATO

Dall’analisi svolta dalla Corte su un campione di misure risulta poi che i ritardi di attuazione sono più diffusi di quanto non mostrino le relazioni della Commissione. All’inizio del 2024 gli Stati membri avevano riferito di aver attuato il 31% dei traguardi e degli obiettivi digitali, una quota cioè di sei punti percentuali inferiore rispetto al calendario indicativo stabilito nelle decisioni di esecuzione del Consiglio.

MALE SIA IL MONITORAGGIO DEI PROGRESSI CHE QUELLO DEGLI OBIETTIVI

La Corte ha inoltre rilevato che il quadro di performance e gli indicatori utilizzati per monitorare i progressi non erano ben allineati a quelli della strategia digitale dell’Ue, il che ha limitato la loro capacità di misurare il contributo reale del dispositivo alla transizione digitale. Di conseguenza, “il potenziale dell’Rrf di fungere da catalizzatore della transizione digitale dell’Ue potrebbe non essere sfruttato appieno”.

Inoltre, dalla relazione emergono criticità nei traguardi e negli obiettivi finali e la mancanza di indicatori di risultato adeguati. In totale, più di un terzo dei traguardi e degli obiettivi finali fissati per le misure digitali incluse nel campione della Corte era inadeguato per valutarne il riuscito completamento o non era sufficientemente ambizioso.

QUALCHE ESEMPIO SULL’ITALIA

A tal proposito, la relazione porta alcuni esempi che riguardano l’Italia. Il nostro Paese finanzia progetti per la digitalizzazione del funzionamento delle PMI attraverso il fondo della Società Italiana per le Imprese all’Estero (480 milioni di euro). Il problema, sottolinea la Corte, è che la misura per essere considerata soddisfacente basta che selezioni le PMI che riceveranno finanziamenti, indipendentemente dal fatto che il progetto finisca o meno per essere eseguito come previsto.

Questo comporta il rischio che i finanziamenti dell’Ue possano essere erogati integralmente a fronte di traguardi e obiettivi che misurano conseguimenti parziali o intermedi, senza avere certezza che i progetti sottostanti siano completati entro la fine del periodo di attuazione dell’Rrf.

Si fa poi, invece, l’esempio di traguardi e obiettivi troppo ambiziosi in relazione alle reti ultraveloci (banda ultralarga e 5G). L’obiettivo per le unità residenziali dotate di connettività di 1 Gbps è stato ridotto da 8,5 milioni a 7 milioni (una diminuzione del 18%) nella revisione del Pnrr italiano approvata nel dicembre 2023. Le autorità nazionali hanno infatti dichiarato che, durante l’attuazione, è emerso chiaramente che il numero effettivo di unità collegabili era inferiore alle stime iniziali.

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