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direttiva due diligence aziendale

Italia e Germania affondano la direttiva europea sulla due diligence aziendale

La direttiva europea sulla due diligence aziendale introdurrebbe una responsabilità delle imprese nella violazione dei diritti umani, dei lavoratori e ambientali anche lungo la catena delle forniture, ma il Consiglio Ue - anche col voto dell'Italia - ha detto no. Tutti i dettagli

 

Niente da fare per la direttiva europea sulla due diligence aziendale (o diligenza delle imprese). Oggi, durante il Consiglio Ue, il testo di compromesso finale è stato sottoposto all’approvazione degli ambasciatori dei 27 al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper), ma è mancata la maggioranza qualificata necessaria.

L’Italia, secondo fonti diplomatiche, si è astenuta. L’astensione equivale a un voto contrario.

COSA PREVEDE LA DIRETTIVA SULLA DUE DILIGENCE AZIENDALE

L’obiettivo della direttiva sulla due diligence aziendale, su cui Consiglio e Parlamento Ue avevano raggiunto un accordo provvisorio in dicembre, è quello di definire gli obblighi delle grandi società relativamente agli impatti negativi effettivi e potenziali sui diritti umani e sull’ambiente per quanto riguarda le loro attività, quelle delle loro filiazioni e quelle svolte dai loro partner commerciali.

CHI INTERESSA

L’ambito di applicazione della direttiva, riferisce il Consiglio europeo, comprende le società di grandi dimensioni con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 150 milioni di euro. Tre anni dopo l’entrata in vigore, la direttiva verrebbe applicata anche alle società di paesi terzi con un fatturato netto superiore a 150 milioni di euro generato nell’Ue.

La Commissione è inoltre tenuta a pubblicare un elenco di imprese di Paesi terzi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva.

LA BOCCIATURA

Ma nonostante l’accordo provvisorio di dicembre scorso, oggi l’approvazione in Consiglio Ue della direttiva europea sulla due diligence aziendale è saltata.

A dire no è stata una minoranza di blocco, a cui ha contribuito anche l’Italia che, insieme a Germania, Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Lussemburgo, Estonia, Finlandia, Lituania, Repubblica Ceca e Malta, si è astenuta. Si è invece dichiarata contraria la Svezia.

La Finlandia ha chiesto un emendamento, che equivale a non approvare il testo presentato, e l’Austria ha espresso una riserva dichiarando di non potersi esprimere oggi, il che equivale di fatto a un’astensione.

ITALIA E GERMANIA CAPOFILA DEI CONTRARI

Secondo Euractiv, che definisce Germania e Italia “capofila” tra i Paesi che si sono astenuti, tra le loro ragioni ci sarebbero “l’incertezza giuridica derivante dalla normativa, gli oneri amministrativi, la mancanza di condizioni di parità sulla scena globale”.

Già quando all’inizio del mese la presidenza belga del Consiglio dell’Ue aveva deciso di rinviare il voto a data da destinarsi per dare ai più scettici tempo per ripensarci, Eunews menzionava “l’ostruzione della Germania e – come si apprende da fonti diplomatiche – dell’Italia”.

L’articolo riportava poi anche l’opposizione di grandi associazioni industriali europee, come la tedesca Bdi, la francese Medef e l’italiana Confindustria, il cui delegato per l’Europa e vicepresidente di Business Europe, Stefan Pan, aveva chiesto al governo italiano di astenersi “in modo da consentire il riavvio dei negoziati”.

COSA DICONO I FAVOREVOLI

Sul fronte opposto invece, la bocciatura è stata fortemente criticata da 140 organizzazioni della società civile, tra cui Amnesty International, European Coalition for Corporate Justice, European Trade Union Confederation (ETUC), Human Rights Watch, che hanno redatto un comunicato congiunto.

“Proteggere i diritti umani e l’ambiente non è una partita a poker. La mancata adozione della direttiva rappresenterebbe uno schiaffo in faccia a quelle persone le cui vite e mezzi di sostentamento sono danneggiati dalle operazioni commerciali. Le lotte di potere e l’indifferenza non devono dettare il nostro futuro”, ha dichiarato Nele Meyer, direttrice dell’European Coalition for Corporate Justice.

CHE SUCCEDE ORA

Come riferito dalla presidenza belga del Consiglio Ue, nel Coreper di oggi a Bruxelles “non si è trovata” la necessaria maggioranza qualificata per approvare la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (Csddd) e, quindi, si dovrà ora “valutare lo stato delle cose” e capire se sarà possibile “affrontare le preoccupazioni avanzate dagli Stati membri, in consultazione con il Parlamento”.

Ma di sicuro non si arriverà a una conclusione prima delle elezioni europee, fissate dal 6 al 9 giugno.

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