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Investimenti

I tre rischi negli investimenti per il 2024

Il 2024 sembra favorevole ai mercati, ma attenzione a tre rischi. L'analisi di Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor IS.

I dati delle ultime settimane continuano a essere coerenti con il nostro scenario centrale. Gli Stati Uniti sembrano rallentare moderatamente con una crescita in linea o leggermente inferiore al potenziale. L’attività economica nell’Eurozona continua a mostrare segni di stabilizzazione, con un mercato del lavoro che rimane in buona forma. L’inflazione di fondo sta scendendo sensibilmente su entrambe le sponde dell’Atlantico, mentre le banche centrali stanno ribadendo che il loro piano è quello di non aumentare nuovamente i tassi in questo ciclo. La Cina, nonostante il sentimento negativo prevalente, continua a indicare tassi di crescita leggermente superiori al 5% nel 2023 (e forse anche nel 2024). Infine, il mercato del lavoro giapponese conferma segnali di forza, creando così un contesto sempre più favorevole per i negoziati salariali che si svolgeranno all’inizio del prossimo anno.

Contesto favorevole agli asset rischiosi

Ci troviamo di fronte a un contesto favorevole per gli asset rischiosi. In ogni caso, presteremo attenzione a tre principali fonti di rischio: il prezzo del greggio, nel caso in cui un eventuale rimbalzo del prezzo del petrolio possa finire per disancorare le aspettative di inflazione; la situazione di bilancio di alcuni Paesi, nel caso in cui a un certo punto il mercato dovesse mostrare dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico; e il livello di tensione delle condizioni finanziarie. Paradossalmente, se il mercato diventasse troppo compiacente sui rischi inflazionistici e continuasse a prezzare un numero eccessivo di tagli dei tassi nei prossimi 12-18 mesi, potrebbe allentare eccessivamente le condizioni finanziarie. La probabile conseguenza sarebbe una nuova accelerazione dell’attività economica nel corso del 2024 e, molto probabilmente, anche una ripresa delle pressioni sui prezzi. Inoltre, terremo d’occhio anche gli sviluppi della politica fiscale in Germania.

Per farsi un’idea di quello che sarà l’ambiente macro e di mercato nei prossimi mesi ci sono tre elementi che riteniamo importate tenere sotto osservazione. Primo: a meno che le condizioni finanziarie non si allentino eccessivamente, è probabile che la crescita nell’Unione Europea si moderi nei prossimi mesi, fino a raggiungere tassi in linea o leggermente inferiori al potenziale. Continuiamo, invece, a vedere una certa robustezza e a ritenere poco probabile una recessione dell’economia statunitense nel breve periodo. Secondo: i dati macroeconomici dell’Eurozona continuano a mostrare segni di stabilizzazione e aprono la porta, a nostro avviso, a quella che potrebbe essere una crescita superiore all’1% nel 2024. Terzo: in prospettiva, l’inflazione di fondo dovrebbe continuare a scendere sensibilmente sensibilmente sia negli Stati Uniti sia nell’Eurozona, a patto che le condizioni finanziarie rimangano piuttosto rigide per un certo periodo di tempo sufficientemente lungo. Quarto: a meno di sorprese al rialzo dell’inflazione, non vedremo altri rialzi dei tassi in questo ciclo né da parte della Fed né da parte della Bce. Riteniamo essenziale che le autorità monetarie mostrino particolare attenzione alla loro comunicazione d’ora in poi, per cercare di evitare che i mercati finanziari prezzino un numero eccessivo di tagli dei tassi nei prossimi 12 mesi.

View di mercato

Titoli di Stato: nel corso del mese di novembre, le curve dei rendimenti degli Stati Uniti e dell’area euro hanno corretto una parte non trascurabile del forte movimento al rialzo in atto dalla scorsa estate. A nostro avviso, non c’è molto spazio perché i tassi medi e lunghi scendano ulteriormente e in modo apprezzabile dai livelli di inizio dicembre. Alla luce di quanto detto, preferiamo puntare sulla parte breve delle curve sia negli Stati Uniti che, in modo ancora più evidente, nell’area euro. Per quanto riguarda il Giappone, la nostra previsione rimane che il rendimento a 10 anni tenderà a salire sensibilmente tra 6-9 mesi.

Azioni: poiché la macroeconomia negli Stati Uniti e in Europa dovrebbe evitare la recessione, in un contesto di tassi reali che resteranno ragionevolmente elevati su base strutturale, continuiamo a ritenere che il segmento di mercato value/ciclico (comprese le banche europee) potrebbe fare meglio di quello growth/difensivo. Dal punto di vista geografico, preferiamo i mercati europei e asiatici a quelli statunitensi.

Credito: continuiamo a preferire le obbligazioni societarie perché nel nostro scenario i tassi di default non dovrebbero aumentare troppo. In ogni caso, dato che gli spread non sono particolarmente elevati, riteniamo sensato combinare l’esposizione al credito con posizioni ben selezionate in titoli di Stato emergenti in valuta locale, perché offrono ottime prospettive di rendimento, soprattutto in termini di carry, e potrebbero beneficiare di possibili movimenti di apprezzamento dei tassi di cambio. In secondo luogo, attualmente esiste un gruppo di Paesi emergenti per i quali prevediamo elevati tassi di crescita relativa e che beneficiano anche di una solida governance economica, di bassi deficit pubblici e di un’inflazione ragionevolmente controllata.

Valute: continuiamo a detenere solo posizioni moderate in dollari perché riteniamo che il differenziale di crescita tra Stati Uniti ed Europa si ridurrà sensibilmente nel 2024. Allo stesso tempo, manteniamo una visione positiva su valute come la corona norvegese, il dollaro neozelandese e il dollaro australiano. Continuiamo a preferire le valute dei mercati emergenti con una buona governance macro e prospettive di crescita economica favorevoli (Brasile, India, Messico, Indonesia). Inoltre, visti i buoni segnali macro che il Giappone sta generando, riteniamo che lo yen, in dosi prudenti, possa rappresentare una buona posizione di protezione per i prossimi mesi.

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