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Mps, Banco Bpm, Bper, Intesa Sanpaolo. Ecco come lo spread (e la Bce) influisce sulle banche

Perché i titoli delle banche a Piazza Affari calano? C’entra anche l’incremento dello spread? Sono alcune delle domande che in queste ore piccoli azionisti e investitori di media portata si stanno ponendo dopo il tonfo di ieri e oggi delle azioni degli istituti di credito in Borsa. Ecco numeri, domande e risposte degli analisti sul…

Perché i titoli delle banche a Piazza Affari calano? C’entra anche l’incremento dello spread? Sono alcune delle domande che in queste ore piccoli azionisti e investitori di media portata si stanno ponendo dopo il tonfo di ieri e oggi delle azioni degli istituti di credito in Borsa.

Ecco numeri, domande e risposte degli analisti sul calo di titoli come Mps, Banco Bpm, Bper, Unicredit, Intesa Sanpaolo ecc. anche oggi sotto la lente con uno spread che ha toccato quota 320 per ripiegare poi verso quota 260. E la Borsa oggi ha chiuso registrando un calo del 2,65%. Ma partiamo da ieri.

COSA E’ SUCCESSO IERI ALLE BANCHE

Seduta da dimenticare ieri a Piazza Affari per le banche italiane, che continuano a essere i titoli più penalizzati dall’incerta situazione politica italiana. L’indice di settore Ftse All Share Banks ha chiuso in calo del 4,09%, portando al 19,3% il calo dai massimi dello scorso 24 aprile, in prossimità dell’Orso (il bear maket si concretizza in presenza di una correzione del 20%). Mps è stato il titolo più colpito (-7,05%), davanti a Banco Bpm (-6,58%), Mediobanca (-6,08%), Bper (-5,84%), Ubi (-5,41%), Unicredit (-3,83%) e Intesa (-3,24%).

IL PERCHE’ DEL TONFO

Ma perché quando l’Italia – ossia lo spread aumenta – le banche sono l’asset che subisce il contraccolpo più virulento delle vendite? “A intimorire gli investitori oggi sono le prospettive di nuove elezioni politiche, e soprattutto l’ipotesi che i partiti euro scettici possano avere la meglio”, ha scritto oggi il Sole 24 Ore: lo scenario, estremo, di un’uscita dell’Italia dalla moneta unica, e di una eventuale ridenominazione dei titoli di Stato (con la relativa perdita generata dalla svalutazione della moneta) costringe i grandi investitori – fondi di investimento, fondi pensioni o assicurazioni – ad alleggerire i portafogli dei titoli italiani per ridurre il rischio”.

FRA RISCHI E SCENARI

Una situazione “che attira anche gli investitori che speculano al ribasso su un basket di titoli particolarmente liquidi come sono le banche italiane. Da qua, le vendite più violente ricadono sulle banche, che sono tra le maggiori detentrici di debito pubblico”.

IL RUOLO DEGLI ITALIANI

Negli ultimi anni gli italiani (soprattutto banche e assicurazioni) hanno aumentato la quota di titoli nazionali e attualmente ne detengono circa due terzi. Questo non mette i BTp al riparo, certo, dato che anche gli italiani possono venderli: “Ma solitamente gli investitori domestici sono meno aggressivi di quelli esteri”, ha aggiunto il Sole. Un terzo circa del debito pubblico italiano è comunque in mani straniere. Il doppio di quanto ne detiene la Bce.

LE DOMANDE SULLA BCE

Eppure c’è chi ha fatto notare ieri su Twitter, come l’economista e senatore della Lega, Claudio Borghi, un’agenzia stampa in cui si dice: “Gli acquisti di titoli da parte dell’eurosistema nell’ambito del programma di Quantitative easing sono calati nel corso della settimana terminata il 25 maggio a 3,831 miliardi di euro dai 5,309 miliardi della settimana precedente. Secondo i dati forniti dalla Bce, nella settimana gli acquisti di titoli di Stato sono stati pari a 3,628 miliardi (3,382 miliardi la settimana precedente) mentre quelli di corporate bond hanno totalizzato quota 0,852 miliardi (da 1,159 mld). Infine gli acquisti di covered bond sono calati di 0,462 miliardi (da +0,489 mld), mentre quelli di Abs sono stati negativi per 0,187 miliardi (da +0,279 mld)”.

Per Borghi, dunque, l’incremento dello spread è anche l’effetto di minori acquisti di bond statali italiani da parte della banca centrale europea presieduta da Mario Draghi.

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