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Società Consulenza

In barba al conflitto di interessi, l’Ue ha affidato a PwC uno studio sull’antibiotico-resistenza

L’antibiotico-resistenza è una delle emergenze sanitarie più preoccupanti che il mondo deve affrontare e l'Ue ha commissionato uno studio che proponga adeguate misure mediche per contrastarla a PwC, che però offre spesso e volentieri consulenze a Big Pharma come Pfizer, Gsk, AbbVie, Roche e Bayer. Siamo sicuri che sarà imparziale? L'articolo di Tino Oldani per ItaliaOggi

 

L’acquisto dei vaccini Covid-19 da parte della Commissione Ue, guidata da Ursula von der Leyen, è stato lodato per mesi come un esempio di buongoverno dell’Europa unita. Un mito, un modello del quale anch’io ho tessuto le lodi. Con il passare del tempo, però, sono venuti a galla alcuni aspetti discutibili, e pian piano il mito ha perso la credibilità iniziale, fino a ritorcersi in una protesta, per non dire un capo d’accusa. Succede infatti che diversi paesi Ue, compresa l’Italia, stanno chiedendo alla Commissione Ue di rinegoziare con Pfizer i contratti d’acquisto del vaccino Covid-19, in quanto l’enorme quantità di sieri che la multinazionale Usa era riuscita a vendere all’Ue si è rivelata eccessiva sia nei numeri che nei costi.

Tra tutti i fornitori di vaccini, Pfizer aveva fatto la parte del leone, assicurandosi un incasso di 35 miliardi di euro sui 71 miliardi impegnati dai contratti Ue. Un costo messo da Bruxelles a carico dei singoli paesi Ue, in base alle forniture di vaccini compiute e a quelle ancora da consegnare, nonostante l’epidemia sia finita da molti mesi. Risultato: centinaia di migliaia di dosi Pfizer, previste dai contratti, rimangono inutilizzate nei magazzini e rischiano di essere distrutte, ma con l’obbligo di essere pagate a Pfizer. Idem per le dosi ancora da consegnare. Per l’Italia, si parla di 170mila dosi giacenti e di 60 mila da consegnare, Uno spreco che il ministro della Sanità, Orazio Schillaci, sta cercando di evitare: per questo, insieme ai colleghi di altri paesi ha fatto pressione sulla Commissione Ue perché rinegozi i contratti con Pfizer. Altrettanto ha fatto il ministro della Salute della Germania, Karl Lauterbach, che ha dichiarato «inutili» 160 milioni di dosi ed ha chiesto di non riceverne altre. Più dura la Polonia: mesi fa ha annunciato che non avrebbe più pagato le dosi Pfizer in eccesso, e così ha fatto.

Stando alle fonti di Bruxelles, a seguito delle pressioni ricevute, la Commissione Ue starebbe cercando di rinegoziare i contratti, ma finora senza esito. Intanto non cessano gli strali contro von der Leyen, accusata di avere negoziato in prima persona l’acquisto di 1,8 miliardi di dosi Pfizer, scambiando sms con Albert Bourla, ceo di Pfizer, senza avvisare gli uffici Ue competenti. La Procura europea ha aperto un’indagine, visto che si tratta di «un interesse pubblico estremamente elevato». E il parlamento Ue ha costituito una Commissione speciale Covid, che da mesi sta convocando in audizione i protagonisti dei contratti Pfizer. L’ultima riunione si è svolta lunedì scorso, protagonista la commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides, greca, che durante un acceso dibattito, in risposta alle accuse contro von der Leyen per non avere fornito né gli sms né i contratti d’acquisto, ha detto: «La presidente della Commissione Ue non è stata coinvolta in nessun negoziato per il contratto dei vaccini Covid-19. L’ho già detto e lo dirò di nuovo: c’erano una squadra negoziale e un comitato direttivo». Tutto chiarito? Manco per sogno. Le clausole dei contratti Covid con Pfizer erano segrete fin dall’inizio, e tali sono rimaste nonostante la richiesta di accesso avanzata all’inizio di marzo da Roberta Metsola, presidente del parlamento Ue.

In questo scenario, l’ipotesi di una sudditanza della Commissione Ue alle multinazionali di Big Pharma trova una conferma nella risposta che l’euroburocrazia ha dato finora alle sollecitazioni conclusive del Rapporto O’Neill (ItaliaOggi di ieri) sui pericoli della antibiotico-resistenza. Ovvero sul rischio di milioni di morti l’anno nel mondo, fino a dieci milioni nel 2050, se Big Pharma e i governi Usa e Ue non si attiveranno al più presto per scoprire e produrre antibiotici più forti di quelli ora in commercio, farmaci in grado di sconfiggere i batteri che da anni, a seguito dell’abuso degli antibiotici e di altri fattori, infettano e uccidono un numero crescente di malati, superando la protezione antibiotica: 1,7 milioni di morti nell’ultimo anno, contro i 700 mila previsti nel 2016 dal Rapporto.

Un disastro, sostiene O’Neill, che nel 2050, o forse prima, sarà tale da «far sembrare il Covid una festa in giardino». Mentre Evelina Tacconelli, fra i massimi esperti di lotta all’antibiotico resistenza, intervistata nel libro-inchiesta di Cataldo Ciccolella e Giulio Valesini («La grande inchiesta di Report sugli antibiotici: perché non funzionano più»; Chiarelettere), afferma: «Se perdiamo l’efficacia degli antibiotici, perdiamo l’efficacia della medicina moderna». In pratica, diventerebbero impossibili gli interventi chirurgici più complessi, come quelli sui tumori, sul cuore, per la sostituzione di organi, per citarne alcuni.

Ebbene, di fronte a questo rischio epocale, qual è stata la risposta dell’Ue? Da non credere: uno studio preliminare, del costo di 900 mila euro, affidato alla filiale belga di PwC, PricewaterhouseCooper, uno dei quattro giganti mondiali della revisione e della consulenza. Il tutto in spregio all’evidente conflitto d’interessi: tra i partner che affidano abitualmente consulenze milionarie a PwC vi sono infatti le maggiori multinazionali di Big Pharma, quali Pfizer, Gsk, AbbVie, Roche e Bayer. E quando gli autori del libro-inchiesta hanno fatto notare il conflitto d’interesse all’Hadea, l’Agenzia esecutiva Ue per la salute e il digitale, questa ha risposto che si era fidata di PwC, senza fare alcun controllo.

Dalle indagini è emerso che PwC ha affidato lo studio a un team di giovani ricercatori che sanno di finanza e di ambiente, ma nulla di sanità. «Se lo avessero chiesto a me o a qualche accademico, e non ne mancano in Europa, l’avremmo scritto gratis, con un rimborso spese», ha confessato un dirigente sanitario. «Il rischio è che lo studio finale sia sbilanciato verso le multinazionali». Ovvero a favore di Big Pharma, che per investire nei nuovi antibiotici aspetta che il problema esploda sui media e in tv. Così avrà gioco facile a chiedere miliardi pubblici per la ricerca e per prezzi più alti, come ha fatto con il Covid.

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