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Energia

Il Mes salverà il debito italiano? Proposte e molti dubbi

Scenari e problemi sull'utilizzo del Fondo salva Stati per il debito pubblico. L'analisi di Giuseppe Liturri

 

Il 23 dicembre Mario Draghi e Emanuel Macron – con un articolo firmato congiuntamente pubblicato dal Financial Times – ci hanno presentato le linee guida della riforma delle politiche di bilancio dei Paesi Ue. Oggi regolate dal Patto di Stabilità e Crescita del 1997, dai regolamenti del 2012-2013 e dal Trattato sul Fiscal Compact.

L’articolo, pubblicato anche sul sito di Palazzo Chigi, fa un esplicito riferimento a uno studio firmato dai rispettivi consiglieri economici (Francesco Giavazzi e Charles-Henri Weymuller) e da altri due giovani e già affermati economisti (Veronica Guerrieri e Guido Lorenzoni), definito una “proposta meritevole di discussione approfondita”. Ebbene, se le linee guida facevano già presagire il peggio, ora i dettagli – avallati autorevolmente dai due leader – forniscono un quadro a tinte davvero fosche per il nostro Paese.

Sotto l’ambizioso titolo “revisione del quadro di riferimento della politica di bilancio europea”, arrivano diverse notizie: poche sono buone, altre sono brutte e alcune proprie cattive. Tra queste ultime c’è il ritorno in scena (ammesso e non concesso che fosse mai scomparso) del MES, incaricato di rilevare dalla BCE tutto il debito emesso dagli Stati a partire dallo scoppio della pandemia. Tra le prime, c’è la scomparsa del tetto del deficit/PIL al 3% e del Fiscal Compact, con la relativa pretesa di riduzione di 1/20 all’anno del debito/PIL eccedente il 60%. Tra le seconde, c’è il contenimento della crescita della spesa pubblica entro un tetto massimo e la riduzione del debito/PIL – fermo l’obiettivo di lungo termine del 60% – in dieci anni ad un ritmo variabile e non predefinito, in funzione della “virtuosità” del debito, cioè di quanto sia destinato a finanziare spesa per investimenti.

Partiamo dal Mes. L’Eurosistema (BCE/Bankitalia) deteneva al 30 novembre titoli pubblici italiani per 679 miliardi, pari al 29% del debito pubblico costituito da titoli (251 acquistati col programma pandemico PEPP e 428 col programma PSPP partito nel 2015), ed è ragionevole ipotizzare che, entro marzo 2022, si arrivi a circa 720 miliardi. Di questi, circa 350 miliardi saranno quelli acquistati a partire da marzo 2020 (70 PSPP e 280 PEPP), poco più del 19% del PIL.

Ed è proprio questo il boccone che si prepara per il Mes. In qualità di “agenzia europea per la gestione del debito”, acquisterebbe i titoli italiani e degli altri Paesi dell’eurozona in cinque quote annuali (circa 70 miliardi) per mantenerli in portafoglio in perpetuo, rinnovandoli alla scadenza per mantenere la percentuale sempre intorno al 19% del PIL. Tale debito non cesserebbe di esistere, ma sarebbe escluso dal computo del debito/Pil da ridurre.

Gli autori dello studio magnificano questa soluzione perché consentirebbe di abbattere il costo per interessi per gli Stati membri, che verserebbero al Mes un contributo annuale correlato positivamente al tasso molto favorevole spuntato dal Mes sui mercati e inversamente al tasso di crescita del PIL. Inoltre si libererebbe la BCE dalla scomoda posizione di gestire le operazioni di politica monetaria sotto il condizionamento di creare potenziale instabilità sui mercati del debito governativo.

La lucida e, a tratti cinica, esposizione del progetto, sorvola di netto su alcuni aspetti critici, se non proprio dannosi, per il nostro Paese.

Purtroppo gli autori non ci dicono che gli interessi relativi a quel debito oggi ritornano nella casse del Tesoro attraverso i dividendi di Bankitalia e quindi il contributo richiesto, che a prima vista appare un regalo, andrebbe a peggiorare il bilancio del Paese. Inoltre dovranno essere rispettati criteri di ammissibilità al Mes che, per i Paesi come il nostro, significa firmare un protocollo d’intesa con specifici impegni di politica economica monitorati dal Mes. La cura greca, per intenderci. Come ammesso, senza tanti giri di parole, dagli economisti Franco Bruni e Stefano Micossi.

Quello che dagli autori viene presentato come l’avvento di un emittente per la creazione di un grande e stabile mercato di titoli europei a rischio zero, è in realtà, solo l’interposizione forzata e maliziosa di un soggetto – definito senza alcuna vergogna in possesso di “credibilità nell’imporre pagamenti ai Paesi membri” – tra gli Stati membri e la BCE. Infatti, poiché non è pensabile che il Mes si finanzi emettendo titoli acquistati per l’intero ammontare dagli investitori, con conseguente ingente drenaggio di liquidità dal mercato, sarà proprio la BCE ad acquistare buona parte dei titoli emessi dal MES, previa eliminazione del limite del 50% del debito dell’emittente. Insomma, anziché comprare il debito degli Stati, la Bce comprerà il debito del Mes, che a sua volta comprerà quello degli Stati. Un gioco delle tre carte, dove il pollo siamo noi.

I brillanti autori non ci dicono nemmeno che, per fare quelle ingenti emissioni, il Mes dovrà richiamare il capitale sottoscritto e non versato, cioè 624 miliardi, di cui 114 a carico dell’Italia.

Tutto questo serve per entrare senza il fardello del passato nel mondo delle nuove regole. Il debito/PIL residuo (130%) sarà diviso in due: fermo restando l’obiettivo della sua riduzione a 10 anni, quello accumulato nella crisi del 2009 e quello per finanziare gli investimenti “per il futuro” (green, digitale, ecc…) dovrà essere ridotto ad un ritmo più lento rispetto al debito residuo. Si avrà così un obiettivo chiaro, tagliato su misura e facilmente calcolabile e ogni Stato sarà consapevole che maggiore (minore) spesa oggi, significherà maggiore (minore) aggiustamento del debito domani.

Il contentino sta nell’esclusione dal tetto di crescita degli investimenti “per il futuro”, per l’identificazione dei quali si rimanda al Next Generation, di cui si richiamano esplicitamente i controlli e le condizioni.

Non avremmo saputo tracciare un sentiero migliore per condurre il Paese al commissariamento.

(Versione integrata e aggiornata di un articolo pubblicato su La Verità)

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