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Quota 100

Il governo riuscirà a fare Gol (Garanzia occupabilità lavoratori)?

Gol (Garanzia occupabilità lavoratori): obiettivi, risorse, incognite e scenari. L'analisi di Giuliano Cazzola

Nei giorni scorsi i giornali hanno raccontato che il primo incontro tra il governo e le Regioni sul Programma GOL (Garanzia occupabilità lavoratori) si è concluso con un rinvio perché non si era riusciti a trovare un’intesa sui criteri di ripartizione dei primi fondi (880 milioni il 20% dello stanziamento complessivo).

Il decreto interministeriale (Lavoro ed Economia) è già predisposto con allegate le indicazioni del primo step del programma a cui dovrebbe seguire l’adozione di Piani regionali e l’esecuzione di almeno il 10% delle attività previste entro il 2022. Vengono poi indicati i target del programma:

-Target 1: almeno 3 milioni di beneficiari di GOL entro il 2025. Di questi almeno il 75% devono essere donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30, lavoratori over 55;

– Target 2: almeno 800 mila dei su indicati 3 milioni devono essere coinvolti in attività di formazione, di cui 300 mila per il rafforzamento delle competenze digitali;

-Target 3: almeno l’80% dei CPI in ogni regione entro il 2025 rispetta gli standard definiti quali livelli essenziali in GOL.

Parallelamente al Programma GOL, nell’ambito del PNRR il Governo si è impegnato all’adozione di un Piano Nazionale Nuove Competenze. L’obiettivo principale del Piano è quello di definire livelli essenziali della formazione professionale per tutto il territorio nazionale.

Nello specifico, comunque, il Piano permetterà di definire più puntualmente le caratteristiche e gli standard della formazione dei lavoratori in transizione e disoccupati che entreranno in GOL.

L’accento sarà posto anche sulla previsione delle nuove competenze richieste dal mercato del lavoro nel breve e nel medio termine. Il programma è molto articolato ed organizzato per fasi ed obiettivi; ma è lo stesso acronimo ad indicare la strategia perseguita.

Diversamente dall’obiettivo velleitario della proposta di ben tre occasioni di lavoro in 18 mesi che faceva da corollario del Reddito di Cittadinanza, il Programma GOL e il Piano delle nuove competenze intervengono a monte, attraverso la formazione dei soggetti dei target allo scopo di fornire loro un livello adeguato di occupabilità il più possibile conforme alle esigenze degli standard organizzativi e produttivi, colmando così un gap consolidato tra una domanda di lavoro a cui non corrisponde un’offerta adeguata.

Peraltro gli obiettivi (i numeri e le caratteristiche dei soggetti dei target) sono lusinghieri, anche se occorre essere precisi con riguardo ad alcune fughe in avanti circolate sui media: quando si parla di tre milioni di “beneficiari del GOL’” entro il 2025, non si fa riferimento a tre milioni di nuovi occupati, bensì ad una platea di persone che sono in grado di ‘”stare sul mercato”’ seguendo i cambiamenti e le trasformazioni in atto e attese.

Tutto ciò premesso, di fronte ad un programma tanto ambizioso per l’attuazione del quale sono disponibili risorse importanti (4,4 miliardi per il solo Programma GOL che è il nucleo centrale dei finanziamenti provenienti anche da altre fonti) non si sfugge all’impressione che il governo, come si è soliti dire, stia mettendo il carro davanti a buoi.

Dove, come e con quali strutture si affrontano tali impegnative sfide. E a proposito di sfide il Programma GOL deve affrontare quella della prossimità poiché è ritenuto fondamentale per riformare le politiche attive del lavoro nel Paese che l’informazione, la consulenza e l’orientamento sui servizi offerti sia diffusa sul territorio e facilmente accessibile.

È in questo senso – afferma il Programma – che i centri per l’impiego, in quanto presidio territoriale pubblico per l’erogazione delle politiche attive del lavoro, devono interpretare il loro ruolo di porta d’accesso a GOL.

Per svolgere questo ruolo, i centri per l’impiego devono aprirsi alla comunità, diventare servizi presenti e riconosciuti nel territorio, parte di una rete con gli altri servizi territoriali. Considerata la scarsa capillarità – 550 centri per l’impiego in tutto il Paese, in media quindi poco meno di una struttura ogni 100 mila abitanti – appare fondamentale da questo punto di vista promuovere maggiore prossimità dei servizi.

LA DISTRIBUZIONE DEI CENTRI PER L’IMPIEGO IN ITALIA

centri impiego

 

L’obiettivo è la presenza fisica – anche saltuaria – di un centro per l’impiego o sede decentrata o sportello o altra struttura almeno ogni 40 mila abitanti. Le risorse ci sono: 464 milioni per le nuove assunzioni nei CPI; 1,5 miliardi per il rafforzamento delle strutture. Per seguire l’iter delle proposte è bene ricordare che cosa prevedeva in materia di lavoro il PNRR.

QUADRO DELLE MISURE E RISORSE (MILIARDI DI EURO): Totale 6,66 Mld

Ambiti di intervento/Misure
1. Politiche attive del lavoro e sostegno all’ occupazione 6,01
Riforma 1.1: Politiche attive del lavoro e formazione 4,40
Riforma 1.2: Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso –
Investimento 1.1: Potenziamento dei Centri per l’Impiego 0,60
Investimento 1.2: Creazione di imprese femminili 0,40
Investimento 1.3: Sistema di certificazione della parità di genere 0,01
Investimento 1.4: Sistema duale 0,60
2. Servizio civile universale 0,65
Investimento 2.1: Servizio civile universale 0,65

A tali risorse, si aggiungono quelle rese disponibili dal REACT-EU che, come previsto dalla normativa UE, vengono spese negli anni 2021-2023 nonché quelle derivanti dalla programmazione nazionale aggiuntiva, per un totale di oltre 12 miliardi.

Se aumenta il numero dei CPI occorrerà più personale. E’ in previsione l’assunzione di 11 mila addetti. Ma dove li trovano? Un conto è seguire le  metodologie di lavoro dei vecchi Uffici di Collocamento (gran parte del personale ora in forza proviene da lì) sostanzialmente di carattere amministrativo; è un altro ‘”paio di maniche”’ saper intermediare tra la domanda e l’offerta di lavoro.

Neppure le agenzie del lavoro private che pure si occupano da anni dell’intermediazione di lavoro, sono in grado di passare in breve dall’attività ora prevalente – che è la somministrazione – al placement. C’è il rischio di mettere in campo i navigator di Stato. Anche l’ANPAL – pur essendosi liberata dell’uomo di Mississippi, deve essere messa in grado di assolvere alle proprie funzioni con una sollecitudine che per ora non si vede.

Poi le politiche attive si muovono in un ambito di riferimento “duale”, nel senso che le competenze primarie restano in capo alle Regioni. E’ senz’altro prevedibile che saranno superate presto le divergenze riscontrate con il governo nel primo incontro.

Ma per portare avanti il GOL occorrerà fare in contrario di quanto diceva Ricordo Lombardi a proposito della costruzione di un’economia socialista: “Occorre cambiare il motore senza fermare l’automobile”’. Nel nostro caso, si rischia di produrre un’auto con il motore a pedali.

Giuliano Cazzola

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