skip to Main Content

Il debito di Tim, il silenzio sull’Aci, i servizietti ai Servizi

Tim, Aci, Servizi segreti, Vannacci e non solo. Pillole di rassegna stampa a cura di Michele Arnese, direttore di Start Magazine

 

IL PESO DI DEBITI E INTERESSI SU TIM

 

QUANTI SERVIZI SERVIZIEVOLI PER I VERTICI DEI SERVIZI

 

LA VERSIONE SUPERMELONIANA SU CROSETTO E VANNACCI

 

LA VERITA’ SECONDO BELPIETRO SU CROSETTO E VANNACCI

 

CROSETTO E’ UN POLITICO O UN TECNICO?

 

CHI TACE ACCONSENTE?

 

VIGILIAMO SUI VIGILANTES?

 

I FICHI SECCHI DELL’EUROPA

 

ACCISE & CAPRIOLE

 

CARTOLINA DALLA CAPITALE

 

CARTOLINA DALL’UCRAINA

 

CARTOLINA DALL’AMERICA

 

CARTOLINE DALLA CINA

 

SUI GIORNALONI DELL’ACI SI PARLA SOLO E SEMPRE BENE…

AUTOMOBILE CLUB D’ITALIA, PERCHE’ LA PROCURA TAMPONA IL PRESIDENTE STICCHI DAMIANI

QUANTO GUADAGNANO LE BIG TECH IN ITALIA

 

OPEN FIBER FA RESTART

 

QUISQUILIE & PINZILLACCHERE

ECCO CHI FINANZIA IL MEETING DI RIMINI EDIZIONE 2023

+++

ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL SOLE 24 SU TIM, RETE E DEBITO (qui l’articolo integrale)

L’obiettivo non è solo quello di recuperare libertà d’azione sotto il profilo regolamentare, ma anche (e soprattutto) quello di sollevare Tim dal peso di un debito complessivo, accumulatosi negli anni, che supera tuttora in bilancio i 31 miliardi e minaccia di schiacciarla ancor di più in prospettiva. Se Tim dovesse rifinanziare la sola parte del debito costituita da obbligazioni (oltre 17 miliardi) ai tassi delle ultime emissioni, intorno all’8%, dovrebbe sborsare più di mezzo miliardo di oneri finanziari aggiuntivi all’anno, aggravando di oltre un terzo la relativa voce in bilancio.

Non è perciò un caso che, nell’ambito dei negoziati in esclusiva in corso tra Kkr e Tim, un cantiere ad hoc sia dedicato proprio al debito e alla sua gestione in vista della separazione della rete dal resto delle attività. Negoziati dai quali dipende la possibilità per Tim di migliorare di un qualche centinaio di milioni, grazie alla sola componente debito, l’offerta che parte da una base in termini di enterprise value (debito più equity) di 20 miliardi (non 21 come si pensava finora) per arrivare fino a 23 miliardi. Nella forchetta di prezzo, per il resto, sono compresi earnout, cioè pagamenti addizionali al verificarsi di determinate condizioni – la principale è la realizzazione della “rete unica”, l’unificazione con la rete di Open Fiber, se in grado di sprigionare sinergie – e opzioni di sell & lease back, vendita con patto di locazione di alcune attività, che Tim potrà o meno esercitare.

Si può discutere sulla logica industriale dello scorporo della rete, ma sotto il profilo finanziario l’operazione permetterà di cancellare all’incirca 6 miliardi di indebitamento netto. Arrotondando le cifre, si parte da un indebitamento finanziario netto di gruppo after lease (escluse cioè le locazioni finanziarie) vicino ai 21 miliardi.

La ServiceCo – la società dei servizi che resterà a gestire le altre attività dopo il distacco dalla rete e da Sparkle (la società dei cavi internazionali) – non può permettersi una leva superiore a 2 se vuole camminare sulle proprie gambe e cogliere le opportunità di crescita che dovessero presentarsi. L’Ebitda atteso è di circa 3-3,2 miliardi, il che significa che per mantenere la leva nel rapporto di 1,5-2 volte – come indicato nel corso dell’ultima conference call dall’ad Pietro Labriola – l’indebitamento finanziario netto iniziale dovrà essere dell’ordine di 5 miliardi.

La NetCo, per la sua natura infrastrutturale, potrà sopportare invece un livello di indebitamento ben superiore a quello della ServiceCo, con una leva, secondo gli analisti, anche di 6 volte, sebbene Kkr preferisca mantenere la società più leggera, considerata la necessità di fare investimenti per ammodernare la rete, indicativamente quindi con una leva intorno a 5 volte, e dunque con un debito iniziale di circa 10 miliardi.

La somma dei due indebitamenti netti after lease, sempre largo circa, fa 15 miliardi, cioè 6 miliardi in meno del dato attuale, a significare che parte del debito sarà cancellata. Come? Con l’introito della vendita della rete: circa 8 miliardi sui 10 di equity dell’offerta-base da 20 miliardi di Ev, considerato che una parte è già stata incassata da Tim con la vendita di una quota di minoranza di FiberCop, la joint con Kkr sulla rete d’accesso.

Sarà cancellata la parte di debito più costosa, un’altra parte sarà scambiata con emissioni a condizioni allineate al nuovo profilo finanziario di Tim, ma buona parte del debito sarà semplicemente trasferita o mantenuta perchè è l’opzione più conveniente. I prestiti a medio e lungo termine, accesi nella lunga stagione dei tassi bassi quando Tim ancora godeva di un merito di credito da investment grade, sono infatti “preziosi”, visto che in alcuni casi hanno un costo inferiore al 3% o addirittura al 2%. Cosa che ha permesso finora a Tim di mantenere mediamente il costo del debito complessivo, after lease, al 4,4%. Poter finanziare lo sviluppo della rete ancora per anni a questi tassi – inferiori al 5-5,5% che anche un emittente di solidità elevata pagherebbe per raccogliere denaro – è dunque un valore che Tim dovrebbe, almeno in parte, monetizzare.

Back To Top