L’inchiesta della Procura di Milano sui grattacieli costruiti in violazione delle leggi urbanistiche, con semplici comunicazioni, è un’inchiesta sul cuore dell’amministrazione Sala.
Non si tratta di qualche episodio dubbio, qualche affidamento discutibile, come nel caso di Pesaro, ma di operazioni da milioni di euro, che hanno ridisegnato l’intera immagine e struttura sociale della città di Milano.
Sono due ordini di grandezza diversi – Milano e Pesaro, Sala e Ricci – ma anche due tipi di responsabilità (politiche) differenti.
Prendo la sintesi del problema milanese che fa la Procura di Milano su quello che è successo a Milano con la giunta Sala:
- attribuzione – deliberatamente contra legem – di poteri valutativi discrezionali alla Commissione del paesaggio (organo consultivo nominato dal Sindaco di Milano e composto da professionisti privati), alla quale è stato concesso il potere di derogare alle norme del PGT;
- utilizzo di dispositivi procedurali gravemente arbitrari e in violazione della normativa primaria e secondaria da parte di funzionari e dirigenti pubblici (utilizzo della SCIA in luogo dei permessi di costruire, qualificazione degli interventi quali “ristrutturazione edilizia” in luogo di “nuova costruzione”);
- sottostima delle opere edilizie, quantificando gli oneri di costruzione (da corrispondere al Comune da parte del costruttore) per importi notevolmente inferiori a quelli dovuti;
- usurpazione dei poteri del Consiglio e della Giunta comunale, consentendo agli organi amministrativi di stipulare “convenzioni urbanistiche” in deroga alle norme del PGT;
- falsa rappresentazione dei luoghi e violazione delle disposizioni urbanistiche (superamento delle altezze consentite, aggiramento delle norme sui cortili, ampliamento delle cubature e delle superfici edificabili, ecc);
- promozione di iniziative legislative finalizzate a “neutralizzare” le indagini avviate dalla Procura di Milano, mediante l’approvazione del disegno di legge denominato Salva Milano.
Io non so se questi siano reati. So però che sono fatti, che abbiamo conosciuto nei loro dettagli grazie all’inchiesta giudiziaria, ma non soltanto da quella fonte.
Molto era già evidente, e documentato da inchieste giornalistiche come quelle di Gianni Barbacetto (vedi il suo libro Contro Milano per Paper First), che infatti la Giunta di Milano ha cercato di silenziare con una querela ad personam nel giugno 2024.
La colpa di Barbacetto era quella di essersi chiesto, su Facebook, se non erano per caso girate anche mazzette.
Ora sappiamo che c’erano anche quelle.
UN METODO TRAVERSALE
Dicevo: a Milano conosciamo i fatti. Sappiamo cioè che Beppe Sala ha fondato lo sviluppo della città sui grandi progetti immobiliari, che erano anche il fine ultimo di Expo2015, e che per accelerare l’iter di approvazione ha delegato le valutazioni a una commissione indipendente, la commissione Paesaggio, composta non da funzionari pubblici ma da professionisti del settore.
Sappiamo che questa commissione approvava progetti in violazione della legge, soltanto con una comunicazione di inizio lavori (SCIA) e in deroga al piano urbanistico (PGT) che prevede che la città abbia qualche beneficio dalle nuove costruzioni.
Sappiamo che Sala si è fatto portavoce della necessità di rendere legale quello che non lo era, con la legge Salva Milano che – è giusto ricordare – i referenti del sistema immobiliare hanno fatto entrare in Parlamento grazie al centrodestra, con Maurizio Lupi (Noi Moderati) e con il futuro ministro Tommaso Foti (Fratelli d’Italia).
Lupi è il potenziale candidato del centrodestra per prendere il posto di Sala e quindi era il referente ideale per dare continuità alla speculazione immobiliare.
Tutto questo lo sapevamo anche prima delle inchieste della Procura, che hanno aggiunto alcuni dettagli importanti: in particolare il fatto che i progettisti nella commissione Paesaggio fossero in conflitto di interessi, cioè a libro paga dei costruttori di cui dovevano approvare i progetti.
Prendiamo il caso dell’architetto Alessandro Scandurra e leggiamo sempre dalle carte della Procura:
“Scandurra, nella qualità di componente della Commissione per il paesaggio – e quindi di pubblico ufficiale – e Manfredi Catella, CEO della società Coima, stringevano un accordo di corruzione, in base al quale Coima affidava a Scandurra incarichi remunerati di progettazione, tutti soggetti alle valutazioni della Commissione per il paesaggio, e Scandurra piegava l’esercizio della sua funzione valutativa in seno alla Commissione, in favore degli interventi di interesse di Coima e suoi personali.
L’utilità per Scandurra consisteva nell’assegnazione di detti incarichi da parte di Coima e nelle relative remunerazioni, per Catella nel contributo assicurato da Scandurra al conseguimento dell’approvazione dei progetti della sua società.
Scandurra riceveva da Coima, in attuazione di tale accordo di corruzione, parcelle almeno per complessivi euro 138.873,19.
Tra l’altro, in attuazione del medesimo accordo di corruzione, in sede di Commissione per il paesaggio, Scandurra nella seduta del 7 marzo 2024 ometteva di astenersi, compiendo atti contrari ai doveri di ufficio, partecipava alla discussione, orientando la valutazione in favore del suddetto:
– Piano integrato d’intervento (P.I.I.) zona speciale Porta Romana – Accordo di programma scali ferroviari, proposto da Coima;
– Progetto P39 – Pirellino”
Queste cose le apprendiamo dall’inchiesta.
Garantismo significa riconoscere che Scandurra e Catella sono innocenti rispetto a ogni accusa di corruzione fino al terzo grado di giudizio. Ma sul piano politico possiamo dire fin d’ora che è inaccettabile che un sindaco deleghi la politica urbanistica a una commissione di architetti che devono valutare i progetti per i quali hanno ricevuto incarichi remunerati dai costruttori che li sostengono.
Soprattutto se le loro valutazioni sembrano dipendere dal fatto di ricevere o non ricevere soldi dal gruppo oggetto della valutazione.
Qualcuno dice: la Procura di Milano vuole limitare lo spazio di azione della politica: come si governa la città lo decide il sindaco, non un pm. Vero, ma il sindaco può decidere come governare soltanto nel perimetro della legge.
E noi sappiamo – già ora – che Beppe Sala è uscito da quel perimetro: lo dimostra l’urgenza della legge Salva Milano, che è stata abbandonata (da Sala ma anche dal Pd) soltanto quando – grazie ai pm – si è scoperto che era stata scritta dai membri della commissione Paesaggio per conto degli immobiliaristi.
IL VAGLIO DEI GIUDICI
Sul piano strettamente penale, poi, è utile ricordare che giudici terzi continuano a validare le tesi della Procura. Non soltanto vengono approvate le misure cautelari, ma anche gli impianti accusatori vengono definiti degni di affrontare la prova del processo, con il rinvio a giudizio.
Il gip (giudice per le indagini preliminari) ha rinviato a giudizio i sei indagati per il processo per le Park Towers di Crescenzago.
Sul Corriere della Sera Luigi Ferrarella spiega perché si tratta di un passaggio significativo:
L’importanza della decisione sta nel fatto che in questo fascicolo c’erano già quasi tutte le questioni che per i pm Petruzzella-Filippini-Clerici sono il presupposto anche delle contestazioni mosse proprio in questi giorni ad altri sei indagati per i quali invece la Procura sulla scorta delle indagini della Guardia di Finanza milanese sta chiedendo l’arresto (e il cui riverbero ha determinato l’iscrizione nel registro degli indagati anche del sindaco Beppe Sala), e per i quali proprio oggi si stanno svolgendo davanti al gip Mattia Fiorentini gli interrogatori preventivi introdotti dalla legge Nordio l’anno scorso: tra essi la nozione di ristrutturazione contrabbandata per i pm per autorizzare in realtà nuove costruzioni, il ricorso (per i pm illegittimo) a una «Scia – Segnalazione certificata di inizio attività» sostitutiva di un permesso di costruire, la lamentata assenza di piani attuativi e di valutazioni dell’aggravio di carico urbanistico (parchi, strade, fognature, acqua, luce, gas, asili), l’impropria monetizzazione degli standard.
(Estratto da Appunti)