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Marelli

I giapponesi di Marelli abbracciano Fiom e Confindustria, rottamando il marchionnismo

Il gruppo Marelli torna al Contratto collettivo nazionale che era stato abbandonato dopo che Fca aveva lasciato Confindustria. Esulta la Fiom, che non aveva voluto firmare il nuovo Ccsl di Marchionne, guardinghe le sigle sindacali Fim, Cisl, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcf che invece aderirono

Marelli, venduta esattamente quattro anni fa per 6,2 miliardi di euro da Fiat Chrysler Automobiles alla giapponese Calsonic Kansei (del fondo statunitense Kohlberg Kravis Roberts), ha annunciato ai sindacati metalmeccanici che dal 2023 non applicherà più il Contratto collettivo specifico, quello cioè siglato dieci anni fa quando l’ad Sergio Marchionne decise di lasciare Confindustria per costruire un propria intesa con le rappresentanze favorevoli difforme dal tradizionale contratto di Federmeccanica .

“Fiat (…) – scrisse l’allora Ceo Marchionne in una lettera aperta alla numero uno di Confindustria dell’epoca, Emma Marcegaglia – non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato”. Il riferimento era al dibattito apertosi dopo l’approvazione dell’articolo 8 della manovra governativa, sulla “contrattazione collettiva di prossimità” per permettere di derogare alle norme che disciplinano le relazioni sindacali all’interno delle aziende. Marchionne temeva tentennamenti di alcuni settori produttivi troppo inclini, secondo lui, a ricercare eventualmente un compromesso con le parti sociali.

Si dà quindi un colpo di spugna all’ultimo brandello della gestione Fca rimasta in piedi, riapplicando il contratto nazionale dell’Industria metalmeccanica, rientrando in Federmeccanica e tra i soci di Viale dell’Astronomia. Ma soprattutto si potrebbero riassorbire alcune delle più importanti conseguenze del Ccsl che prese il posto del tradizionale contratto di Federmeccanica, che a Pomigliano aveva chiuso le porte in faccia alla Fiom in quanto non firmataria dell’accordo che invece fu condiviso da Fim e Uilm, con una frattura storica tra le tute blu di Cgil, Cisl e Uil. Marelli ora si appresta ad aprire un negoziato con i sindacati per raggiungere “un accordo specifico nel quale armonizzare comunque gli elementi di valore presenti nel Ccsl”. Il gruppo “riconosce l’importanza fondamentale delle relazioni industriali e con i propri dipendenti”.

L’annuncio di voler tornare nell’ambito contrattuale di Federmeccanica è stato dato oggi dal gruppo nel corso di un incontro con Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcf e in seconda battuta con la Fiom. Guardinghe, naturalmente, le sigle che firmarono il contratto di Marchionne: Ccsl, Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcf . “Oggi Marelli ci ha comunicato che intende assumere un ruolo sempre più autonomo rispetto alle società collegate alla holding Exor, sia sul piano delle relazioni industriali che sindacali”, fa sapere il Segretario nazionale Fim-Cisl, Ferdinando Uliano. “Essendo il Gruppo Marelli tra i più importanti tra le aziende della componentistica, vuole assumere un ruolo da protagonista al tavolo dell’automotive, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, dove si dovrebbero decidere le risorse a sostegno della transizione del settore automotive. Queste le motivazioni che hanno portato Marelli a decidere di passare dal Contratto Specifico di Lavoro (CCSL) a quello di Federmeccanica (CCNL)”.

La FIM nell’incontro odierno “ha ribadito all’azienda l’importanza di definire nel secondo livello (contratto aziendale di gruppo) tutti gli aspetti di miglior favore, sia di tipo economico che normativo oggi presenti nel CCSL. Essendo indisponibili a scelte che peggiorino le condizioni di lavoro, abbiamo preteso di iniziare da subito un negoziato che recuperi nell’integrativo aziendale il differenziale positivo presente nel contratto ex-Fiat. Ad oggi, le nostre maggiori preoccupazioni riguardano il rapporto commerciale, sempre più teso tra Marelli e il Gruppo Stellantis, che potrebbe avere ripercussioni negative sulle prospettive industriali e occupazionali dei siti italiani. Per questo è prioritario aprire un confronto con l’azienda e le istituzioni del nostro Paese”.

Di tutt’altro avviso la Fiom che ha la possibilità di rientrare in gioco e rimarcare alle colleghe come quella accettata e condivisa fosse in verità “una forzatura del sistema di regole” e come oggi, con la compagine societaria profondamente cambiata “non trovi più nemmeno la giustificazione di tipo industriale”. La Fiom approfitta inoltre di questo ‘precedente’ per chiedere all’ex FCA di fare altrettanto: “È il momento che anche in Stellantis, CNHi e Iveco Group si apra un confronto che riporti nel sistema contrattuale del Ccnl per dare forza al sistema industriale italiano e ai suoi lavoratori. È il momento di riunire i metalmeccanici per affrontare insieme la situazione complessa che stiamo vivendo e le sfide del futuro”, ha detto il segretario generale Michele De Palma.

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