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Conte

Le misure bluff per l’occupazione: i decreti ci sono, mancano le disposizioni attuative

Mosse e manchevolezze del governo nelle misure per l'occupazione. L'intervento di Giovanni Assi, consigliere nazionale di Unimpresa.

Dobbiamo ripartire dal lavoro, dobbiamo rilanciare l’occupazione., dobbiamo incentivare le aziende ad assumere. Quante volte sentiamo queste frasi da esponenti del governo, tuttavia senza soffermarci su quella che dovrebbe essere la principale domanda: come? La risposta è che questi sono esclusivamente dei buoni propositi e che non esistono a oggi reali strumenti per far si che ciò possa realmente accadere e che pertanto gli ultimi dati diramati dall’ente previdenziale non hanno fatto altro che segnare una purtroppo quanto mai prevista diminuzione del 42% delle assunzioni secondo l’osservatorio sul precariato aggiornato al mese di giugno (attestatisi a circa 2 milioni e 300 mila nei primi sei mesi del 2020). Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, in una recente intervista, ha preannunciato l’arrivo delle agevolazioni sulle assunzioni, volte a dare un impulso decisivo al rilancio dell’occupazione. Ma quali sono, realmente, queste misure?

La realtà da raccontare alle imprese e ai cittadini è che al momento non esistono gli strumenti necessari affinché realmente l’occupazione possa essere rilanciata. Infatti, per poter fronteggiare una simile situazione, nonché soprattutto quella che sarà una emorragia (stimata dai 5 ai 7 punti percentuali in meno degli occupati) di posti di lavoro allo scadere del divieto di licenziamento previsto per fine 2020, il governo ha tentato di offrire agli operatori un timidissimo pacchetto agevolazioni contributive sulle assunzioni. Un pacchetto che, però, è solo sulla carta perché di fatto, a oggi, si attendono altri provvedimenti che rendano operative le misure.

Nel dettaglio con il decreto legge 104 del 2020, il governo ha servito un’aspirina: fino al 31 dicembre 2020 ai datori di lavoro che assumono, con decorrenza successiva al 15 agosto 2020 lavoratori subordinati a tempo indeterminato, è riconosciuto l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico per un periodo che massimo di soli sei mesi e nel limite massimo di 8.060 euro annui. Non solo. L’agevolazione esiste, ma è virtuale poiché mancano ancora le circolari operative: il datore di lavoro che eventualmente assume deve iniziare a pagare e anticipare i contributi in misura piena, salvo un domani poterli recuperare compensandoli con gli altri contributi.

L’altra agevolazione (sempre sulla carta prevista e non ancora operativa) introdotta col cosiddetto decreto legge “agosto” riguarda la decontribuzione Sud nella misura del 30% dei contributi dovuti per le aziende delle zone del Mezzogiorno a partire dal 1° ottobre al 31 dicembre 2020. Secondo il governo, insomma, un imprenditore deve organizzare e pianificare la sua azienda in appena tre mesi (la misura, comunque, non è ancora operativa). Risultato del decreto “agosto”? Non esistono al momento misure attuative e quelle previste (e che ci si augura possano diventare operative) stabiliscono che il datore di lavoro debba pianificare la propria attività e nuove assunzioni e/o la conferma dei livelli occupazionali, basando i loro programmi per tre mesi: il nulla.

Qualcuno dirà: utilizziamo gli strumenti già presenti in epoca antecedente alla crisi da coronavirus, per poter attingere a strumenti volti a stimolare le assunzioni, come ad esempio l’incentivo “Io Lavoro”. Bene (o meglio malissimo), l’incentivo “Io Lavoro”, che consiste in uno sgravio fiscale fino a 8.060 euro per un anno, in favore delle aziende che assumono giovani tra 16 e 24 anni, e disoccupati da 25 anni in su, è attualmente bloccato. Il blocco è cagionato dalla perdurante assenza dell’emanazione della circolare applicativa dell’ente previdenziale e ci risiamo: la misura è stata introdotta con decreto Anpal 52 dell’11 febbraio 2020, ma ad oggi (oltre 8 mesi) ancora non è operativa; e quelle poche aziende che, coraggiosamente, hanno deciso di assumere si sono trovate a dover pagare i contributi in misura piena sostenendone l’esborso economico e finanziario, nella speranza che prima o poi arrivino notizie sulle modalità per recuperare i rimborsi.

Risulta evidente, insomma, come sia impossibile stimolare l’occupazione con una tale esiguità di strumenti. Occorrono, quindi, interventi importanti e soprattutto strutturali. Alle nostre aziende e ai loro lavoratori serve un arco temporale almeno a medio termine (3-5 anni) su cui poter programmare la propria attività. Solo così si potrà restituire un lavoro a chi l’ha perso e soprattutto competitività alle imprese che necessitano di risorse umane per poter tornare a produrre. I buoni propositi non servono, serve concretezza!

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