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Il governo Conte si gioca tutto sulla Flat tax

Il commento di Edoardo Narduzzi, manager, imprenditore ed editorialista, sulla Flat tax

Sulle politiche migratorie il nuovo governo gialloverde ha già guadagnato un buon consenso secondo gli ultimi sondaggi. Invertire in poche settimane anni di facili sbarchi non era un risultato facile da conseguire, soprattutto perché comportava un braccio di ferro con l’Ue. L’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, con poche mosse, ha rallentato il flusso dei barconi verso i porti italiani e interrotto i facili guadagni della malavita specializzatasi nel traffico di esseri umani. Lo stesso governo ha ridefinito, fatto ancora più importante, i confini delle poste di bilancio pubblico destinate a finanziare una generosa spesa statale a sostegno della cosiddetta accoglienza: miriadi di organizzazioni e aziende di varia natura che da troppi anni lucravano sull’emergenza immigrazione a spese dei contribuenti italiani. Ma la vera cartina di tornasole del successo del governo gialloverde sarà il varo o meno della flat tax con la prima legge di bilancio il prossimo autunno. Una buona parte degli italiani ha già votato, in più occasioni, proposte formulate in campagna elettorale per riformare la fiscalità introducendo l’aliquota unica. La prima proposta risale al 1994, anno della prima campagna elettorale di Silvio Berlusconi candidato premier, quando, in coppia con l’economista Antonio Martino, il Cavaliere si impegnò in caso di vittoria a varare una flat tax al 33%.

Dopo 24 anni di attesa della flat tax è rimasta traccia solo nel contratto di governo firmato da leghisti e pentastellati, perché mai nel quasi ventennio di governo berlusconiano l’imposta è stata approvata. Tradire le aspettative non è mai utile in economia perché produce effetti sulla credibilità della politica economica. E le aspettative sono quanto mai importanti in materia fiscale. Oggi dar vita alla flat tax non è più una scelta negoziabile da parte del governo che adesso, non soltanto per la sua credibilità, è costretto a realizzare, pur con la gradualità suggerita dalla situazione dei conti pubblici, la riforma promessa in campagna elettorale. E anche se il dibattito sarà monopolizzato dalle stime e dalle analisi quantitative dei tecnici delle varie scuole di pensiero, soprattutto per offrire ogni tipo di sponda a chi vuole bloccare la nascita della flat tax, la vera cifra della riforma fiscale va ricercata nella psicologia collettiva degli spiriti animali che sostengono l’economia italiana. La maggioranza ne desidera la nascita perché la considera l’unico shock in grado di far ripartire la crescita e lo sviluppo. Forse saranno spiriti animali e aspettative elementari, ma dopo un’attesa durata cinque lustri gli elettori hanno diritto ad avere quanto da tempo richiedono.

Articolo pubblicato su Mf/Milano finanza

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