skip to Main Content

Taiwan

Gli Usa moriranno per Taiwan?

Nelle cancellerie mondiali sta diventando uno dei principali dilemmi. Negli Usa saranno disposti a morire per Taiwan? L’editoriale di Pietro Romano sul mensile Aereonautica e Difesa Nelle cancellerie mondiali sta diventando uno dei principali dilemmi. Negli Usa saranno disposti a morire per Taiwan? Per Formosa (l’isola bella, copyright portoghese) potrebbe scatenarsi uno scontro diretto tra…

Nelle cancellerie mondiali sta diventando uno dei principali dilemmi. Negli Usa saranno disposti a morire per Taiwan? Per Formosa (l’isola bella, copyright portoghese) potrebbe scatenarsi uno scontro diretto tra super-potenze, Usa contro Cina, insomma la quarta guerra mondiale? La risposta è sì. Perlomeno per lunghi anni a venire.

Il leader comunista cinese Xi Jinping ha fissato la data dell’annessione (o del ritorno alla madre patria, come preferiscono dire a Pechino) al 2049, un cadeau per i cento anni della Repubblica Popolare. Ma avanza anche l’ipotesi che il blitz possa essere anticipato al 2032, l’anno dell’annunciato auto pensionamento di Xi Jinping. Due ipotesi che non sembrano preludere a nessuna soluzione pacifica. La perentorietà della data è valsa per le colonie di Hong Kong e Macao. Questo vuol dire che Pechino considera Taiwan alla stregua di una colonia straniera da liberare.

La figuraccia di Washington in Afghanistan, in verità, non fa dormire sonni tranquilli nell’isola, dalla capitale Taipei alla più remota contrada o ai più elevati picchi montuosi. Né aiuta la debolezza, interna e internazionale, dell’attuale amministrazione Usa. Ma gli Stati Uniti conservano una superiorità militare al momento (e per diversi anni, presumibilmente) schiacciante. E diverse medie potenze dell’area Indo-Pacifica, dal Giappone all’India, dalla Corea del Sud all’Australia, vanno armandosi in maniera crescente e sempre più sofisticata in risposta all’aggressività cinese, enfatizzando anzi i loro rapporti con Taipei. Soprattutto, alla superiorità militare Usa concorre in maniera determinante Taiwan, le sue tecnologie, le sue fabbriche.

Taiwan è il cuore dell’industria globale dei microprocessori di computer, chip in inglese, vale a dire la piastrina di silicio con circuiti integrati che da sola o in collegamento con altri circuiti analoghi può svolgere le funzioni e le operazioni necessarie per elaborare ogni “informazione”. Dispositivi che rendono possibile il funzionamento di automobili, elettrodomestici, cellulari, aeroplani, insomma di ogni strumento tecnologicamente avanzato. Compresi, se non prima di tutti, i sistemi militari di attacco e difesa dai quali dipende la superiorità Usa.

Taiwan, con il suo megagruppo Tsmc (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, la società asiatica più capitalizzata) e la costellazione di laboratori e imprese a monte e a valle, produce oltre il 60 per cento dei chip mondiali. E destina una parte cospicua dei suoi utili (affiancata da massicci investimenti pubblici) per conservare il proprio vantaggio tecnologico sui rivali. Si ritiene che al momento l’industria taiwanese abbia un vantaggio sulla omologa industria cinese non inferiore ai cinque anni. E che in molte tecnologie delicate, e utilizzate dall’industria degli armamenti – non solo nella produzione ma anche nella elaborazione – sia in vantaggio perfino su Silicon Valley. Del resto, è complicato perfino per gli Usa aumentare le proprie capacità produttive in un settore che si rinnova a ritmo tanto rapido. E’ stata calcolato che per installare una filiera basica di chip occorra investire più di mille miliardi di dollari. Per ritrovarsi all’abc del comparto.

I chip di Taiwan sono l’acciaio nella colonna vertebrale della macchina militare Usa, è stato scritto. Alcuni dispositivi sono comuni ad applicazioni civili e militari. Per molti sistemi, però, il settore militare ha bisogno di chip “su misura”, più durevoli e resistenti, anche in condizioni estreme, con tolleranze al caldo, al freddo, alle radiazioni nucleari. Certo, da Raytheon a Northrop Grumman diverse industrie Usa hanno le loro proprie fonderie negli States e Tsmc sta investendo a sua volta in Nord America, ma per quantità (e qualità) la filiera di Taiwan rimane imprescindibile e la dipendenza di Washington da Taipei difficile da ridurre. Dagli elicotteri agli aerei da combattimento come l’F-35, dai sistemi missilistici a quelli di controllo da attacchi aerei e marittimi, senza l’apporto decisivo dell’industria di Taiwan gli armamenti Usa più sofisticati rimarrebbero inutilizzabili. Un’autentica assicurazione sulla vita per la sopravvivenza di Taiwan.

Back To Top